Le malattie tropicali neglette sono un gruppo di venti patologie che hanno la tendenza a cronicizzare e sono tutte associate alla povertà. Si tratta infatti di malattie di origine virale, batterica, parassitaria che quindi colpiscono soprattutto le persone in stato di vulnerabilità, che soffrono della mancanza dei cosiddetti bisogni primari come l’accesso all’acqua, al cibo e a uno scarso accesso alle cure. Distribuite in 149 Paesi del mondo, si stima colpiscano soprattutto la popolazione nella fascia tropicale e subtropicale, circa 1.500.000.000 persone, tra cui 500 milioni di bambini, con un grandissimo impatto a livello socioeconomico per tutto il mondo.
Esiste un piano di controllo delle malattie tropicali neglette stabilito dall’Oms per il periodo 2021-2030, ma oltre al controllo e alla cura delle malattie dal punto di vista prettamente sanitario, è necessario prevedere a livello internazionale azioni e politiche in grado di combattere la povertà nel mondo. Le realtà che si occupano di malattie tropicali neglette, come per esempio Aifo (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau) specializzata nella lotta alla lebbra, riuscirà a combattere queste malattie solo se ci sarà un approccio globale non basato esclusivamente sul controllo delle malattie stesse, ma che permetta la crescita socioeconomica delle popolazioni colpite; quindi, lo sviluppo economico del Paese e allo stesso tempo il miglioramento della qualità di vita. Occorre quindi affrontare il problema nella sua multidimensionalità poiché non si tratta solo di un problema sanitario, ma è un problema strettamente legato a delle scelte politiche e alla necessità di un cambiamento della società in cui viviamo. Per poter debellare queste malattie dobbiamo necessariamente concentrare l’attenzione sulla distribuzione dei farmaci, sull’eliminazione dei vettori, cioè di quegli insetti che trasmettono le malattie, ma soprattutto incidere sulla qualità di vita delle persone, quindi sull’igiene, sull’accesso all’acqua potabile, su accesso al cibo sicuro.
Nonostante si pensi alla lebbra come una malattia del passato, rappresenta ancora un problema di salute pubblica, non tanto per il numero annuale di nuovi casi (nel 2022 sono state 174.087 le nuove diagnosi nel mondo, con un 5,1% tra i bambini), ma per l’impatto sociale che ancora oggi genera in termini di disabilità e di emarginazione.
Tra i Paesi più colpiti al mondo vi sono al primo posto l’India con 103.819 casi, seguita dal Brasile (19.635 persone) e dall’Indonesia (12.441 persone), la cui somma corrisponde al 78,1% del totale dei casi nel mondo. Altri Paesi con un numero significativo di persone diagnosticate annualmente (superiore a 1.000) sono: Bangladesh, Etiopia, Filippine, Madagascar, Myanmar, Mozambico, Nepal, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sri Lanka, Tanzania.
Spesso, al momento della diagnosi, i pazienti presentano già gravi disabilità (9.554 persone nel 2022, con un aumento del 12,8% rispetto all’anno precedente). Ciò indica che, ancora oggi, a causa della scarsa conoscenza dei sintomi della malattia all’interno delle comunità, delle difficoltà di accesso e della scarsa qualità dei servizi di trattamento, la diagnosi avviene tardivamente e in molti casi la persona colpita dalla malattia si presenta già con disabilità fisiche irreversibili.
Quindi, quando parliamo di programmi di controllo della lebbra e in generale delle malattie tropicali neglette, bisogna focalizzare l’attenzione non solo sul trattamento che oggi esiste, ma appunto a quell’approccio chiamato oggi “salute globale” che implica la conoscenza di tutti quei percorsi di miglioramento della qualità di vita della persona e che riconosce come la salute della persona non è legata semplicemente alla presenza o assenza di una malattia, ma anche alla sua situazione sociale e fisica. Non si tratta solo di un problema di controllo della malattia, ma anche di una questione di rispetto dei diritti umani e di inclusione delle persone con disabilità causate dalla lebbra. Vi sono diversi Paesi in cui ancora si segnalano discriminazioni nei confronti dei malati di lebbra o sono presenti vere e proprie leggi discriminanti.
Oggi, se vogliamo dare una risposta alle malattie tropicali neglette, alla lebbra, dobbiamo riuscire a muovere la coscienza delle persone, dare visibilità a queste malattie, dobbiamo essere in grado di ascoltare le persone che ne soffrono. Se non ragioniamo in termini di globalità, se non ascoltiamo le persone colpite da queste malattie, dalle malattie cosiddette neglette, ovvero negligentate – dimenticate, significa non avere cura del futuro, così come non ascoltare quanto il mondo ci sta dicendo dal punto di vista ambientale significa non avere un futuro.
La Giornata Mondiale dei malati di lebbra, che si celebra domenica 28 gennaio e fu istituita da Raoul Follereau, e la Giornata mondiale della Malattie tropicali neglette, (30 gennaio), ci permettono di ascoltare e allo stesso tempo sensibilizzare e dare voce alle persone che ne sono affette. Oltre all’ascolto dobbiamo quindi avere una risposta che non passa solo dalla condivisione ma dal nostro impegno diretto in termini sociali ed economici. Aifo, Ente del Terzo settore che lavora a fianco degli ultimi dal 1961 promuovendo progetti di cooperazione sanitaria internazionale in Africa, in Asia e in America Latina, promuove percorsi educativi per la prevenzione di queste malattie, programmi di sviluppo socioeconomico, di inclusione e di promozione della salute globale. Come ong Aifo si impegna affinché queste persone, di norma chiamate beneficiari, diventino invece degli attori, protagonisti del loro sviluppo e dello sviluppo della comunità in cui vivono. Come dimostra per esempio il lavoro svolto in Mozambico, nella provincia di Nampula che detiene il triste primato del numero maggiore di casi di lebbra di tutto il Paese e in cui alcuni indicatori mostrano come la situazione endemica sia molto grave: la maggior parte dei nuovi casi presenta già disabilità molto gravi al momento della diagnosi e questo significa che i pazienti arrivano ai servizi sanitari molto tardi e la percentuale tra i bambini è elevata e questo dimostra come la malattia abbia ancora molto vigore.
Ma è proprio in Mozambico che le persone hanno dato vita a gruppi di auto-aiuto delle persone colpite dalla lebbra che hanno deciso di mettersi insieme per cambiare i propri destini. Tra questi per esempio Nikaya, che in lingua macula significa “restiamo insieme per aiutarci insieme” di cui fa parte Julieta, una signora di circa 60 anni, che racconta di soffrire fin da piccola di macchie sulla pelle e quindi era presumibilmente già affetta dalla lebbra. Purtroppo, percorsi sanitari sbagliati e tardivi l’hanno portata sì finalmente a guarire, ma ad avere anche lesioni importanti agli arti inferiori superiori e problemi alla vista. Oggi Julieta è una signora anziana in perfetta salute anche se i segni della lebbra sono evidenti, è mamma di quattro figli e nonna di un bellissimo bambino. Ma quello che la rende più orgogliosa è che oggi lavora insieme al gruppo di auto aiuto coltivando un campo che le permette di nutrire la propria famiglia ma anche di vendere ed essere parte attiva della sua comunità.
L’autore: Antonio Lissoni è presidente Aifo
In apertura: Formazione diagnosi ospedale Cumura