«Le Mille e una notte è un libro che parla soprattutto di donne, che ne celebra il potere e l’intelligenza», dice lo scrittore Kader Abdolah, autore per Iperborea di una affascinante edizione liberata dalle scorie di orientalismi di maniera e dalla censura

Dopo averci regalato una traduzione del Corano, letto laicamente come opera letteraria, lo scrittore iraniano Kader Abdolah, che da molti anni vive esule in Olanda, ha prestato il proprio talento alle Mille e una notte, il libro a cui lo legano memorie d’infanzia. Una copia figurava sulla mensola del camino di casa in Iran all’epoca in cui abitava proprio accanto alla moschea, come lo scrittore racconta nel toccante docufilm Getting older is wonderful di Fabrizio Polpettini che è stato presentato il 3 marzo al Milano nell’ambito del festival Boreali dal regista e dallo scrittore in un incontro dal titolo “Fermare il tempo con le parole: Kader Abdolah e il fascino delle Mille e una notte“.

«Tutti erano religiosi nella mia famiglia. Io no – racconta Kader Abdolah -. I am the like one. Perché io no? Forse la mia fortuna è stata che mio padre era sordomuto. Non mi poteva comandare, dicendo leggi questo, fai questo. Ci esprimevamo a gesti, comunicando l’essenziale per noi», dice con affetto.
L’aver inventato e sperimentato un linguaggio emotivo per comunicare con suo padre a gesti, forse – immaginiamo – gli dette la forza poi per mollare gli ormeggi e avventurarsi nell’impresa di scrivere in nederlandese «lingua della libertà», pur fra mille difficoltà.

Diventato uno dei più grandi scrittori olandesi Kader Abdolah e non da ora – guarda con nostalgia alle sue origini, continuando a costruire un ponte speciale fra Europa e cultura persiana e del Medio Oriente.
Proprio per fare un regalo all’Occidente ha lavorato a questa sua affascinante edizione delle Mille e una notte pubblicata in Italia da Iperborea, liberando i racconti dalle scorie, dagli innesti successivi (da quelli pornografici di marca orientale alle fantasticherie d’Occidente) lucidandone il diamante narrativo, nato dalla tradizione orale che attraversa molti Paesi orientali.

Kader Abdolah (Iperborea courtesy)

Curiosi di sapere come sia stata questa sua esperienza di lavoro, gli chiediamo cosa abbia scoperto da questo nuovo incontro con il testo: «Rileggere le Mille e una notte è stato un grande divertimento», risponde a Left. «Devo dire che non ero mai andato così in profondità. Chiede molto tempo. Perlopiù le persone si limitano a leggerne alcuni brani». Ora – racconta – «diversamente da quando ero giovane l’ho potuto riconsiderare alla luce della mia esperienza di scrittore. E sono rimasto sorpreso e affascinato dalla forza letteraria del racconti, dalla solida struttura, dalla potente affabulazione. Lavorando sul testo, ho visto cose non avevo mai notato prima e mi è apparso del tutto chiaro che le radici della letteratura mondiale sono proprio qui, in questo grandioso libro».

Nella edizione Iperborea molte di queste scoperte riguardo alle Mille e una notte sono affidate a libere digressioni d’autore, annotazioni meta narrative che intervallano le antiche “fiabe” che si intrecciano qui dopo aver percorso millenarie strade dell’oralità attraverso il Medio Oriente, l’antica Persia, la Cina, l’Arabia felix.

Con “leggerezza” Kader Abdolah illumina i personaggi, approfondisce le storie, ricrea i contesti. Spesso li fa emergere dopo secoli e millenni di cancellazione, riportando alla luce la cultura pre-islamica che innerva profondamente le Mille e una notte, censurata dai religiosi, quanto dai razionalisti, seppur per opposte ragioni. «In realtà la mia è stata una scelta naturale – dice lo scrittore – mi sentivo più mio agio con un palinsesto persiano. Mi sentivo a casa fra quelle storie. Le basi di questo libro sono in Iran. Nella tradizione persiana esisteva un libro dal titolo Mille favole. Gli arabi lo utilizzarono come base, innovarono la tradizione e fecero… più uno, intitolandolo Mille e una notte. Così hanno creato un vero capolavoro, mixando favole e storia».

Una complessa narrazione in cui convivono principesse, re, presenze magiche (jinn) insieme a personaggi realmente esistiti. L’ambientazione ci porta nella antica Bagdad, nel mercato del Cairo e in molte altre fiorenti città dell’antichità. Anche alla luce di tutta questa ricchezza narrativa e storica ci colpisce che ci siano voluti molti secoli prima che le Mille e una notte fossero riconosciute e tramandate in Occidente. Il primo a capirne il valore fu lo scrittore del Settecento francese Antoine Galland che si era imbattuto fortunosamente in una parziale raccolta. Il suo assemblaggio fu un grande successo editoriale per l’epoca ed ebbe un impatto fortissimo sulla cultura. Ma a quel tempo la grande circolazione del testo fu anche dovuta all’invenzione di Aladino e dei tappeti volanti e a un massiccio strato di orientalismo che offuscò in parte la forza originale dell’opera. «Galland ne fece una propria versione – commenta Kader Abdolah-. Di fatto è lui il padre delle Mille e una notte, grazie a un paziente lavoro di ricerca e di raccolta di una grande messe di racconti provenienti dall’Oriente. Fu lui a comporre il libro e lo fece alla perfezione. Non esiste una operazione simile in Oriente».
Ma secoli dopo ci voleva Kader Abdolah per far emergere con tutta la loro vitalità personaggi femminili straordinari, principesse e schiave, regine e popolane, che nella loro vita privata non temono di esprimere il proprio desiderio, che osano prendere l’iniziativa nel rapporto amoroso, sfidando il patriarcato imperante.

«Una delle mie scoperte è proprio questa: Le mille e una notte è un libro che parla soprattutto di donne, che ne celebra il potere e l’intelligenza. Shahrazād ne è brillante esempio. È una giovane donna di 16 o 17 anni che tiene testa a un sovrano violento e diventa regina. L’altra mia scoperta – aggiunge lo scrittore- è che questi racconti furono diffusi da nobili cantastorie. Maestri della narrazione, sapevano bene quel che dicevano e facevano. Da artisti ebbero la sensibilità di vedere l’oppressione che colpiva le donne e dettero loro uno spazio da protagoniste nelle loro storie».

Shahrazād aveva letto molti libri, ci dice questa versione delle Mille e una notte. E, come scriveva la scrittrice marocchina Fatema Mernissi, la sua arma non era l’erudizione ma il “samar” il parlare gentile nella notte. Con intelligenza sensibile riuscì a fermare la violenza del re, che voleva ucciderla, “curando” la sua pazzia. Questa sua rivoluzionaria femminilità è stata però a lungo negata dai commentatori dell’opera che, nella storia, l’hanno spesso descritta come scaltra e astuta.

«Shahrazād è intelligente, è una affabulatrice di talento – risponde Kader Abdolah-. Rappresenta una giovane donna che si alza in piedi per i diritti delle donne». E il pensiero corre alla lotta non violenta e a costo della vita dei ragazzi e delle ragazze iraniane oggi contro il regime teocratico. Sono loro le moderne Shahrazād, ha detto Kader Abdolah presentando il libro a Palermo.
E parlando con Left aggiunge: «È straordinario che a creare questa immagine siano stati artisti, mossi da nobili principi a beneficio dell’umanità, nei secoli. Per bocca di Shahrazād questo libro insegna come affrontare le difficoltà, il dolore, i lutti, la guerra, la vecchiaia, ma anche l’amore, la poesia. Mille e una notte, significa mille e una lezione di vita. Per l’umanità».
Nel film Getting older is wonderful, Kader Abdolah racconta che fu proprio la lettura di libri, di ogni tradizione, ad aprirgli la mente, a far maturare in lui il rifiuto di ogni oppressione religiosa e di regime.

Che cosa la spinse, gli domandiamo, a impegnarsi in prima persona nella lotta politica contro lo scià e poi contro il regime degli ayatollah? «Era un’esigenza di vita insopprimibile – risponde -, scegli la lotta perché non è accettabile che tuo fratello venga ucciso (come è accaduto a lui ndr), non è accettabile che vengano uccisi i tuoi compagni (come è accaduto a Kader e Abdolah, da cui l’autore trae il suo nome di scrittore ndr). Non è accettabile che le donne siano obbligate a indossare il velo. Esigenze così semplici, così essenziali».
Nel film Kader Abdolah mostra una copia del reportage dal Kurdistan per il quale i suoi familiari furono incarcerati e suo fratello ucciso. Scrivere per lei, è anche un modo per trasmettere la loro voce? «Scrivere per me è il modo per sopportare la perdita di quel bellissimo Paese. È un modo per riportare in vita mio fratello e i miei compagni – dice a Left -. Scrivere è stato un modo per costruire una casa per me dopo l’esilio. Scrivere per me è un dovere. Un atto di resistenza contro il criminale regime teocratico che impera nel mio Paese».
Un’ultima domanda: cosa pensa di quel che sta accadendo a Gaza, dove ormai sono oltre 30mila i civili uccisi dalle forze israeliane, compreso un enorme numero di bambini? «Questa guerra mi colpisce profondamente. Non ci sono parole, neanche la letteratura può esprimere la profondità del nostro dolore. Penso che i leader attuali, di Israele e Palestina, non siano capaci di risolvere l’annoso conflitto israelo palestinese. Servono nuovi, più validi, rappresentanti politici, spero che possano emergere dalle nuove generazioni. Nuovi esponenti politici democratici cresciuti nell’era dei social media, con WhatsApp, con TikTok con l’intelligenza artificiale. Ho fiducia che possano nascere nuovi leader fra i tanti giovani che si occupano della lotta al climate change, impegnati per i diritti umani, per i diritti delle donne , per i diritti dei bambini. Spero che nascano nuovi leader fra i milioni di giovani che sono scesi in piazza contro la guerra nel mondo, gridando: Stop!»