Usa e ribalta il nome del grande movimento femminista Non una di meno (che è sceso in piazza per l'8 marzo) la nuova inaccettabile campagna dei Pro vita. L'obiettivo? Colpevolizzare le donne che decidono di interrompere una gravidanza

È la nuova campagna antiabortista di Pro Vita, visibile da ieri a Roma: mostra un manifesto con una donna che si guarda il pancione infiocchettato come un uovo di Pasqua col nastro rosa, presumibilmente in attesa di una femminuccia, non solo per l’8 marzo, ma anche della prossima festività religiosa: un tocco lungimirante che non guasta mai. Autori sono quelli di Pro Vita e Famiglia, che già in passato hanno offerto luminosi esempi di comunicazione a partire dal feto di plastica in bustina trasparente. Altro che microplastica, c’è da farsi venire un accidente.

L’esortazione a “fare figli e non fare aborti” è sottesa in maniera sconcertante. Se proprio volete rimpolpare la popolazione italiana chiedete almeno politiche decorose per le donne e le famiglie, che almeno non indichino nell’uomo il capo del nucleo, mentre la donna sta a casa a fare figli, a occuparsi del lavoro di cura, dell’assistenza agli anziani, insomma serve il welfare italiano per eccellenza.

L’assurdo di quell’immagine, scelta per una grande affissione mobile, è rappresentata dalla scritta che l’accompagna: “Non una di meno… ma per davvero!” con tanto di punto esclamativo che fa la differenza, ammiccando al malcapitato o alla malcapitata che l’osserva. È  il mondo capovolto, frutto dello strabismo e dell’incultura, che genera una visione deformata del presente, dove Alice attraversa lo specchio e incontra i freaks.

Ora a parte che la frase è il calco del nome di un movimento femminista e transfemminista, Non Una di Meno appunto, nato nel 2016, che si batte contro ogni forma di violenza di genere, contro le espressioni assunte dal patriarcato nella società in cui viviamo e promuove percorsi di autonomia, educazione alle differenze e libertà di scelta anche riguardo all’interruzione volontaria della gravidanza, quell’aggiunta “ma per davvero!” è davvero – perdonate il bisticcio – una specie di presa in giro inaccettabile rispetto al lavoro e dell’impegno fin qui profuso per le donne e dalle donne in diverse realtà da quando l’Ivg è diventata in Italia legge dello Stato, il 22 maggio 1978, la n. 194 che ha disciplinato le modalità di accesso all’aborto.

Inoltre il discorso sottinteso fa impressione: lasciar credere che l’aborto per una donna sia una decisione facile che contrasta appena con l’espressione retorica della gioia di una gravidanza. Come se fosse non dico naturale o abituale, ma anche praticato (fatto non sostanziato dai numeri, ormai lo sanno tutte e tutti) come sistema contraccettivo. E dire che il Parlamento francese ha appena approvato l’inserimento del diritto di aborto nella Costituzione. Sul totale dei 925 parlamentari aventi diritto, ad esprimersi il 4 marzo scorso per la revisione costituzionale sono stati 852: i voti a favore sono stati 780, i contrari 72.
Le donne, non solo quelle che hanno abortito, sanno perfettamente cosa costa psicologicamente e quanto questa scelta sia ormai difficile da praticare in molti casi.”Le donne lo sanno”, come dice la canzone di Ligabue. Non ancora quelle a cui si rivolge Pro Life evidentemente.