Una delle pagine più buie della storia d'Italia. La ricerca storica di Maori mette in luce il processo ai criminali fascisti, le testimonianze delle vittime, i documenti e il luogo dove si svolgevano interrogatori e sevizie. Che nel 1978 divenne la sede di Radio Radicale. Oggi alle 18 la presentazione del volume nella sede di Giustizia e libertà a Roma

Esattamente 80 anni fa, tra il febbraio e l’aprile 1944 a Roma operava la famigerata “banda Koch”, un reparto speciale fascista che aveva l’obiettivo di reprimere gli oppositori della Repubblica sociale e gli ebrei. Sul processo che si svolse nel 1946, Andrea Maori ha scritto il libro Pensione Oltremare. Testimonianze dal processo alla banda Koch (Tralerighe libri), dal nome del quartier generale del gruppo di feroci torturatori rimasto finora nell’ombra e che nel 1978 divenne la sede di Radio Radicale. La presentazione del libro il 18 marzo a Roma (circolo Giustizia e libertà, via A.Doria, ore 18).

Una pensione, un esercizio commerciale, trasformato in luogo di sevizie e di torture della banda Koch, uno dei centri di polizia della Repubblica Sociale italiana più feroci della repressione dell’antifascismo durante l’occupazione nazista a Roma. Questo è stata la pensione Oltremare di Roma, situata al quinto piano di un palazzo in via Principe Amedeo, 2 in un quartiere residenziale nei pressi della stazione Termini tra febbraio e aprile 1944.
Attraverso lo studio degli atti processuali ho voluto dare voce alle dichiarazioni di coloro che salirono le scale di quel palazzo ed hanno poi avuto la sorte e la forza di raccontare i giorni di sofferenze passati nella pensione, con dichiarazioni, denunce, testimonianze rese di fronte a magistrati, cancellieri, avvocati e altri testimoni,
Un lungo iter giudiziario che si aprì subito dopo la liberazione della città, avvenuta il 4 giugno 1944, con l’istituzione dell’Alto Commissariato per punizione dei delitti fascisti, e che si protrasse fino al grande processo di Milano del 1946, apertosi con una novantina di imputati, che racchiuse i vari procedimenti contro i componenti del reparto di polizia a Roma e a Milano. Furono invece pochi i procedimenti giudiziari promossi da parenti delle vittime, successivi al processo di Milano, che finirono con assoluzioni.

I testimoni furono messi a confronto durante le udienze del processo. Emerse subito un quadro di accuse molto coerente e omogeneo contro i picchiatori e i delatori al servizio di Pietro Koch, il capo del reparto che prese il suo nome. Furono in particolare gli informatori e l’uso sistematico di sevizie che gli permisero di vantare successi nelle operazioni di polizia contro i partiti antifascisti e il fronte militare dinanzi al capo della polizia, al Ministro dell’interno e agli alleati tedeschi. Koch e i suoi crearono una rete di spionaggio molto efficace, grazie alla spregiudicatezza dei suoi uomini e all’uso indiscriminato della violenza. L’ampia autonomia di poteri polizieschi cui godette il reparto segnò però la sua fine. Infatti divenne una minaccia per lo stesso regime al punto che Mussolini ne decise lo smantellamento ad opera della rivale legione Muti.

Le testimonianze, anche se filtrate da vincoli processuali, come la risposta a domande dei magistrati, o ricordi arricchiti di informazioni successive ai fatti, fotografano un microcosmo fatto di relazioni umane, che a volte sfiorano il grottesco. I ruoli tra dominatori e dominati sono ben separati; questi ultimi potevano interagire con i primi solo su loro richiesta, non c’era possibilità di mediazione. Non c’erano soggetti esterni che avrebbero potuto prendere le loro difese: il dominio è totale.

L’impatto mediatico del processo milanese fu ampio. I giornali seguirono con grande attenzione le udienze con notizie di cronaca arricchite da note di costume, soprattutto per la presenza di donne nel banco degli imputati, un fatto che incuriosì non poco; fu però l’applicazione dell’amnistia Togliatti e il confronto drammatico tra testimoni e imputati a tenere viva l’attenzione per tutto il periodo di tenuta delle udienze.
Tra i luoghi di detenzione della banda Koch a Roma, la pensione Oltremare è stata quella meno citata nel dopoguerra. L’attenzione si è concentrata sulla pensione Iaccarino di Roma e su Villa Triste a Milano. Eppure lì passarono, per quasi tre mesi, dirigenti del Partito d’Azione, comunisti, membri del fronte militare, aderenti alla rete di O’ Flaherty e semplici cittadini sospettati. Inoltre la pensione servì come luogo di detenzione per un gruppo di vittime che trasportate nel carcere di Regina Coeli poi furono martirizzate alle cave ardeatine il 24 marzo 1944, a seguito della terribile rappresaglia nazista all’attentato dei Gruppi di Azione Patriottica di via Rasella del 23 marzo.

Anche negli atti processuali la pensione è poco citata, se non nelle testimonianze, molte delle quali riportate nella seconda parte del volume, a fronte di una ampia informazione sugli altri luoghi di detenzione.
Nei resoconti del processo di Milano, molti cronisti, usando una semplificazione insopportabile, citarono quasi esclusivamente la pensione Iaccarino, facendo passare lì fatti ed avvenimenti consumati nella pensione Oltremare. Quello che avvenne alla pensione Iaccarino fu poi amplificato dalla notorietà di alcuni sopravvissuti alle torture come il regista Luchino Visconti di Modrone e lo storico della letteratura italiana Carlo Salinari.
Il microcosmo repressivo seguiva regole comportamentali precise e monotone nella loro spietatezza. Koch e i suoi agenti procedevano con la parte investigativa e comandavano le operazioni di cattura; aguzzini ben addestrati provvedevano alle punizioni per le risposte deludenti con strumenti contundenti o con minacce di fucilazione. A margine agivano complici come le dattilografe e la cuoca, che avevano un ruolo marginale, ma che furono imputate nel processo di Milano e amnistiate. Le testimonianze rilevano un diverso grado di responsabilità degli imputati, che la Corte prese in considerazione quando emise la sua sentenza il 10 agosto 1946.

Nel dopoguerra nell’edificio, per un periodo, si installò la Delasem, la Delegazione per l’Assistenza degli emigranti ebrei, l’ente che aveva per scopo di assistere concretamente gli ebrei sopravvissuti alla deportazione che, per i suoi scopi, si appoggiò all’American Joint Distribution Committee e all’Unrra, l’organizzazione internazionale di assistenza ai paesi usciti gravemente danneggiati dalla guerra. La pensione Oltremare ritornò alla sua attività e prese anche un nuovo nome, Domus. Poi l’oblio.

Nel 1978 i locali si trasformarono nella sede di Radio Radicale, l’emittente del Partito Radicale. Venne inaugurata una stagione di democrazia e di libertà di informazione per tutto il Paese, ma l’amnesia collettiva verso quello che successe nel 1944 tra quelle mura rimase fino al 25 aprile 2012, anniversario della Liberazione. Quel giorno infatti fu inaugurata, con una piccola cerimonia all’ingresso dello stabile, una targa commemorativa a cura del municipio Roma centro storico, dell’Anpi Esquilino Monti Celio “don Pappagallo” e dell’associazione La Lotta Continua.
La mia ricerca è la continuazione di questo percorso di conoscenza su una delle pagine più buie della Repubblica Sociale Italiana e dell’occupazione nazista di Roma.

L’autore: Andrea Maori, saggista, collaboratore del’Archivio audio-video di Radio Radicale, si occupa da anni di storia politica del Novecento

La presentazione del libro Pensione Oltremare di Andrea Maori, lunedì 18 marzo a Roma