Mentre diventa sempre più evidente la visione di scuola del ministro Valditara con gli ultimi provvedimenti - tra cui il ddl valutazione - è fondamentale proporre una relazione insegnante-studente in cui prevalga la dimensione della ricerca, dell'interesse e della comprensione profonda

Rivolgendo il nostro interesse al mondo della scuola ci chiediamo quale sia il senso di molte delle posizioni dell’attuale ministero dell’Istruzione e del merito nei confronti della scuola e degli studenti. Dopo la carica della Polizia a Pisa nei confronti di studenti che manifestavano pacificamente – un atto violento nei confronti di adolescenti che avrebbero il diritto di essere accompagnati nel’ingresso alla società in tutt’altro modo – ci chiediamo quale sia il filo che lega quell’episodio ad interventi che vorrebbero riportare ad un passato che non esiste più: non c’è errore peggiore, quando ci si rapporta alle nuove generazioni, del non cercare di comprendere il presente in cui essi vivono.

L’ennesimo divieto dei cellulari in classe, nei termini in cui è posto, non solo rischia di far sembrare la scuola sempre più lontana dal mondo in cui i ragazzi vivono ogni giorno ma esprime anche l’ottusità di non comprendere che per la scuola è importante avviare riflessioni per un utilizzo delle tecnologie digitali che risponda alle finalità della scuola e non solo alle richieste del mondo del lavoro. Ricordiamo, inoltre, che è in discussione un disegno di legge in merito a “Revisione della disciplina in materia di valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti” nel quale non si tiene per nulla conto non solo delle attuali acquisizioni della psico-pedagogia in merito al tema della valutazione ma neanche dei cambiamenti che negli anni si sono avuti nella società e quindi nella scuola.

Negli ultimi decenni gli adulti vivono, con le nuove generazioni, sia in famiglia che a scuola un rapporto molto diverso dal passato. L’essere genitori si esprime con modalità di vicinanza, talvolta addirittura di tipo amicale, nei confronti dei figli e non dimentichiamo che in seguito ai movimenti del Sessantotto abbiamo assistito al crollo, sia in ambito scolastico che familiare, di una vecchia idea di autorità. Nei nostri giorni gli insegnanti debbono proporre di sé una immagine autorevole che non può essere imposta ma deve scaturire dall’identità professionale e personale. Chi vive nella scuola sa che “rispetto” e autorevolezza non si ottengono con proibizioni o imposizioni ma realizzando un contesto relazionale in cui i ragazzi abbiano la possibilità di esprimersi nella ricerca di sé stessi.
Ma, a vedere più in profondità, non si tratta solo di ritorno al passato: i manganelli dei poliziotti contro gli studenti minorenni forse sono sorretti da una idea dell’essere umano visto come “cattivo” per natura e che, pertanto, deve essere controllato, punito, umiliato. Ricordiamo le parole di Valditara, pronunciate nel novembre del 2022 in seguito ad un episodia di violenza in una scuola, parole che nessuna rettifica riesce ad attutire: «Evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità».

Ogni adulto che si relaziona con un adolescente dovrebbe, sempre e comunque, essere mosso da interesse per la realizzazione umana della ragazza o del ragazzo. Per un insegnante l’aspetto relazionale della propria professione è fondamentale ed estremamente delicato: ogni giorno in classe egli vive quell’incertezza presente nelle relazioni umane, caratterizzate dal continuo movimento interiore dell’essere esseri umani. Cercare di comprendere alcuni comportamenti degli adolescenti può consentire all’adulto di andare incontro alle loro esigenze. Ogni ragazza o ragazzo, nella ricerca della propria identità, si cimenta con nuove esperienze di vita e può anche commettere degli errori ma sono gli adulti a sbagliare se pensano che i metodi punitivi possano essere la strada giusta. Per favorire la costruzione di identità di una ragazza o di un ragazzo è fondamentale il confronto aperto e non giudicante. Il solo provvedimento punitivo, come sa bene chi vive quotidianamente con adolescenti, non rappresenta mai nulla di buono perché non offre occasione per il cambiamento. Gli adolescenti, talvolta, arrivano alla scuola superiore con il pesante bagaglio di delusioni già riserbato loro dagli adulti senza essere in grado di riconoscere quanto queste delusioni abbiano incrinato le loro possibilità di espressione umana. Rapporti validi con gli insegnanti e i compagni potrebbero far vivere esperienze in grado di riaccendere fiducia nella ricerca della loro bellezza umana.

Se un insegnante è guidato dalla certezza, non solo del valore formativo di ciò che insegna, ma anche dal riconoscere che la ricerca di rapporti umani validi, della conoscenza di sé, degli altri e del mondo siano esigenze di tutti gli esseri umani è sulla strada per trovare il modo migliore di rapportarsi con un adolescente e nello stesso tempo perseguire le finalità della scuola. Un insegnante può riuscire a realizzare in classe quel clima positivo che favorisce non solo l’apprendimento ma anche la crescita personale e sociale degli studenti.
Essere insegnanti nella scuola di oggi è una professione di estrema complessità che dovrebbe essere sostenuta con adeguata formazione e riconoscimento sociale. Questa complessità richiede che gli insegnanti siano sempre attenti osservatori: un atteggiamento di continua ricerca è caratteristica della loro professionalità e, pertanto, diventano necessari confronto collegiale e adeguata formazione.

La professionalità dell’insegnante si esprime lungo tre direzioni che non procedono in modo lineare ma si intersecano e si alimentano a vicenda. Un insegnante per insegnare, per esempio, la matematica a Giulia, come afferma una frase famosa di John Dewey, deve amare la matematica, amare insegnare la matematica e amare Giulia. La parola amare si ripete tre volte ma ha tre significati necessariamente differenti, la comprensione di ognuno di questi significati intreccia sensibilità umana e conoscenza. L’insegnante di matematica deve conoscere profondamente la disciplina che insegna ma la sua attenzione per essa è ben diversa da quella del matematico che lavora in altro ambito e per realizzare questa particolarità deve amare insegnare. E questo “amare insegnare” non può prescindere dall’interesse per lo studente.

Un insegnante cerca ogni giorno il modo migliore per insegnare la matematica avendo sempre presente anche la realtà di quel particolare studente e di quella data classe, perché sa che altrimenti il suo lavoro rischia di fallire. Certamente qualche studente, sostenuto da particolari doti personali o proveniente da un ambito familiare favorevole, può raggiungere comunque buoni risultati, ma non sono questi studenti che veramente hanno bisogno dell’insegnante. Questo interesse-amore per ogni singolo studente, è sostenuto dalla incessante ricerca di conoscere come quello studente pensa, ragiona, si appassiona. Questo interesse nei confronti dell’adolescente non è “buonismo” e non ha nulla a che fare con quel “lassismo” a cui parole come controllo, punizione, merito pensano di opporsi. È invece un continuo lavoro di ricerca perché l’insegnante, non abbandonando mai le finalità della scuola della Costituzione e l’idea della funzione socializzante della cultura, pretende che lo studente esprima al massimo le sue potenzialità, quelle potenzialità che l’apparenza talvolta può nascondere.

Gli insegnanti sanno come tutto questo non sia affatto semplice e non sempre si raggiungano i risultati desiderati ma sanno che vale sempre la pena di cercare di offrire il più possibile ad un adolescente evitando, anche, di assumere i tanto declamati “atteggiamenti carismatici”, stile insegnante del film L’attimo fuggente il quale, nell’affermazione narcisistica di sé, non è in grado di entrare veramente in rapporto con i propri studenti. Ogni giorno gli insegnanti cercano di lasciare liberi i propri studenti nella loro realizzazione umana provando ad essere quello stimolo costruttivo e quel sostegno che sono possibili nella specifica realtà della scuola, nel suo non essere né ambiente familiare né intervento psicoterapeutico. Concludiamo con una frase della lettera degli insegnanti degli studenti di Pisa: «Come educatori siamo allibiti di fronte a quanto successo oggi. Riteniamo che qualcuno debba rispondere dello stato di inaudita e ingiustificabile violenza cui sono stati sottoposti cento/duecento studenti scesi in piazza pacificamente …».

L’autrice: Assunta Amendola, docente di informatica e matematica, psi­cologa dell’età evolutiva, coautrice di “Adolescenti nella rete” (L’Asino d’oro edizioni)