La portavoce del Movimento degli obiettori di coscienza russi racconta la crescente mobilitazione dei parenti dei soldati, del gruppo di donne "Strada verso casa", mentre 4mila militari sono in carcere per essersi rifiutati di combattere in Ucraina

Elena Popova è la portavoce del Movimento degli obiettori di coscienza russi. Questo suo intervento ci è giunto dalla Campagna di obiezione alla guerra del Movimento nonviolento.

San Pietroburgo, 20 febbraio 2024
Cari amici sono passati due anni dall’inizio della guerra russa contro l’Ucraina e nessuno sa quando finirà.
Due anni fa le vite della maggior parte dei Russi erano a malapena toccate dalla guerra; oggi la guerra colpisce le vite di quelle persone che mai avrebbero pensato prima che le persone mobilitate sarebbero state al fronte per più di un anno: la maggior parte di loro è mentalmente e fisicamente esausta; dopo essere stati feriti ed essersi ritrovati in un ospedale sono stati rimandati di nuovo al fronte. Coloro che si rifiutano di andare in guerra sono torturati, picchiati, rinchiusi in prigioni illegali.
I parenti delle persone mobilitate si rivolgono ai funzionari ma non ricevono risposte adeguate o non ne ricevono.
Non possiamo ottenere giustizia mentre migliaia di persone sono in carcere per aver diffuso le cosiddette false informazioni sull’esercito ma nei fatti per aver detto la verità sulla guerra. Più di 4mila soldati sono stati condannati a oltre 5 anni di prigione per aver abbandonato le unità militari senza autorizzazione.
Queste persone volevano fermare la loro partecipazione alla guerra ma non sapevano come farlo legalmente.
È un peccato che non si siano rivolti al nostro movimento per un consiglio: se l’avessero fatto, essi stessi o i loro parenti, noi avremmo potuto aiutarli.
I soldati che sono riusciti a lasciare le loro unità militari e tornare a casa sono costretti a nascondersi perché la polizia militare può arrestarli.
Alcuni soldati hanno lasciato le loro unità ma non possono tornare a casa dall’Ucraina perché sarebbero arrestati al passaggio dei checkpoints, così affittano degli appartamenti o delle case nelle città ucraine per nascondersi. La maggior parte di loro ha già gravi problemi di salute e hanno bisogno di cure mediche ma non le possono ricevere.
Il ministro della Difesa recluta attivamente persone per la guerra nelle carceri promettendo loro di non mandarle al fronte: gli promettono buoni stipendi e, naturalmente, il rilascio dalla prigione; questo trucco funziona perché le persone in carcere non hanno la possibilità di usare internet e guardando la televisione sono esposte alla propaganda. Recentemente un piccolo gruppo di donne ha fondato il movimento “Strada verso casa”. Esse chiedono il ritorno di tutte le persone mobilitate, non soltanto dei loro parenti, e noi del Movimento degli obiettori di coscienza russi e altre organizzazioni per i diritti umani abbiamo pensato a come far tornare un mobilitato o un soldato sotto contratto dalla guerra per motivi medici: è difficile, ma se la tua famiglia è tenace e determinata è possibile. Purtroppo il numero di persone che intraprendono questo percorso non è alto, ma potrebbe esserlo.
Quando sento dire dalla gente che siamo persone comuni e non possiamo fare nulla per fermare la guerra, io rispondo sempre che forse non possiamo fare molto ma possiamo sicuramente non essere complici della guerra, aiutare i nostri amici a non partecipare e sostenere le persone che sono in prigione per le loro posizioni contro la guerra e per aver abbandonato le unità militari, aiutarli scrivendo lettere, inviando dei soldi, accogliendo i rifugiati ucraini che ora sono nel territorio russo.
Forse non è molto, ma più persone lo faranno e prima la guerra finirà.

Grazie per il vostro tempo.
No alla guerra!

(Si ringrazia Mao Valpiana presidente del Movimento nonviolento e direttore della rivista Azione nonviolenta)

Nella foto: polizia antisommossa nella piazza Rossa (adobestock)