I settori della conoscenza (scuola, università, ricerca, alta formazione artistica e musicale, formazione professionale e settori privati dell’educazione) costituiscono una infrastruttura fondamentale per lo sviluppo economico, sociale e democratico del Paese, soprattutto di fronte all’importante attuale fase caratterizzata dalla transizione ecologica e digitale.
La diffusione e la forza delle istituzioni scolastiche, la possibilità di accesso alla formazione terziaria rappresentano sul versante sociale uno straordinario fattore di coesione e di contrasto alle disuguaglianze e il più potente strumento per far ripartire quell’ascensore sociale fermo da anni.
La proposta della Flc Cgil, presentata il 22 aprile in conferenza stampa al Senato, mira a coniugare due obiettivi, tra loro strettamente legati e che rappresentano una scelta politica chiara: la qualità dei sistemi e la qualità dell’occupazione nei settori della conoscenza. La precarizzazione dei nostri settori è responsabile non solo di condannare alcune centinaia di migliaia di persone alla discontinuità lavorativa ma soprattutto di precarizzare e rendere più fragile l’intero sistema.
Per quanto riguarda la scuola, anche in questo anno scolastico, oltre 250 mila docenti e Ata a tempo determinato hanno garantito l’avvio delle attività e il funzionamento delle istituzioni. Una situazione implosiva che richiede efficaci politiche degli organici da parte del Ministero dell’istruzione e del governo.
Il processo di denatalità ha assunto e assumerà ancora nei prossimi decenni dimensioni molto importanti, ma non può rappresentare un alibi per giustificare tagli al sistema di istruzione e operazioni di dimensionamento.
Il fenomeno, al contrario, deve costituire un’opportunità per migliorare il sistema, con il potenziamento di modelli organizzativi, pedagogici e didattici di qualità, a partire dalla riduzione del numero di alunne e alunni per sezione e per classe.
Contestualmente alla lotta contro il dimensionamento della rete scolastica e contro l’affermazione di un’idea di scuola più povera e subordinata a logiche di mercato, già viste con la riforma della cosiddetta filiera tecnologico-professionale e l’introduzione del liceo made in Italy, la Flc Cgil rilancia con una proposta innovativa che, attraverso l’aumento e la stabilizzazione degli organici, intende recuperare gli elementi di qualità, che in un ventennio di controriforme e tagli al sistema scolastico sono andati impoverendosi.
L’impegno dello Stato, in quanto garante del sistema scolastico nazionale e delle pari opportunità formative, non può che partire dalla scuola dell’infanzia, da cui ancora sono esclusi oltre centomila bambini e almeno altrettanti frequentano sezioni limitate all’ orario antimeridiano per carenza di personale e di infrastrutture.
Più in generale, occorre garantire alle bambine e ai bambini, alle ragazze e ai ragazzi, il diritto a un’istruzione di qualità e al successo formativo, nel rispetto dei tempi e degli stili di apprendimento di ciascuna e ciascuno. Allo scopo servono più tempo scuola, flessibilità organizzativa, compresenze, strumenti per implementare la didattica inclusiva e laboratoriale.
Tali obiettivi richiedono la revisione dei parametri di attribuzione degli organici, risalenti alla controriforma Gelmini e mai modificati, per aumentare il tempo pieno e prolungato, favorire percorsi innovativi come gli indirizzi musicali, intervenire sulle classi abnormi; sono questi elementi che possono orientare un’ innovazione della didattica, ispirata al protagonismo e all’attivismo pedagogico e, conseguentemente, prevenire la dispersione e l’abbandono scolastico precoce. È necessario infine superare la fortissima precarietà dei docenti di sostegno, per oltre il 50% a tempo determinato, attraverso una massiccia operazione di formazione iniziale e stabilizzazione dei posti “in deroga”.
Analoghe criticità riguardano i settori dell’Università e della Ricerca in cui la lunga fase di contrazione ha messo in discussione le condizioni di lavoro e di vita di un’intera generazione di lavoratori. Sull’università in particolare oltre alla necessità di incremento del personale tecnico e amministrativo, sottolineiamo la precarizzazione della docenza universitaria: ad oggi sono 25.000 le figure precarie tra ricercatori e assegnisti di ricerca, vale a dire il 49% in rapporto a complessivamente ai professori (associati e ordinari) e ricercatori stabili. Idem nella ricerca pubblica dove sta aumentando anche in relazione alle risorse del Pnrr il numero dei ricercatori a tempo determinato e degli assegnisti.
Anche l’alta formazione artistica e musicale è da anni in attesa di una regolamentazione a regime del sistema di reclutamento che consenta di assumere su tutti i posti disponibili e di stabilizzare tutto il personale che ha almeno tre anni di servizio e che garantisce l’ordinario funzionamento delle istituzioni. Infine i settori privati dove ormai il ricorso a contratti di collaborazione e, ancora più pesantemente, al lavoro autonomo al posto della subordinazione è un fenomeno ormai fuori controllo.
Si tratta quindi di una proposta che serve prima di tutto al Paese oltre che a chi lavora nell’istruzione o nella ricerca. È un vero e proprio piano per l’occupazione e la qualità dei settori della conoscenza i cui primi fruitori sono i cittadini e le cittadine. È una strategia cioè che va nella direzione di affermare l’investimento sociale come tutela pubblica del benessere delle persone. Non è un piano velleitario, ma invece possibile attraverso una programmazione seria, pluriennale con obiettivi misurati e misurabili.
L’autrice: Gianna Fracassi è segretaria generale della Flc Cgil
La proposta della Flc Cgil Zero precarietà qui