Con un filo rosso che lo lega ad Abbey’s Road, il nuovo lavoro della musicista e cantante Ada Montellanico è anche un omaggio al coraggio creativo di artiste del passato, a cominciare dalla pittrice Artemisia Gentileschi e dalla musicista Barbara Strozzi
Ada Montellanico, musicista, cantante e didatta è da sempre fortemente impegnata nella difesa dei diritti dei musicisti, ed in particolare del “fare musica”. Dal punto di vista artistico la sua ricerca espressiva si è sempre indirizzata verso nuovi confini e sperimentazioni, nelle quali è stata affiancata da partner illustri ed ogni volta diversi per attitudine e sensibilità. Basterà ricordare la sua lunga frequentazione con il repertorio di Luigi Tenco, riletto a fianco di Enrico Rava prima ed Enrico Pieranunzi poi, e gli omaggi alle grandi cantanti afroamericane, Billie Holiday nel 2008 e Abbey Lincoln con l’album Abbey’s Road del 2017.
Proprio a quel progetto si ricollega la formazione del nuovo album Canto proibito (Giotto/Egea 2024) che presenta la cantante accompagnata nuovamente da un ensemble con soli strumenti a fiato e sezione ritmica, senza alcuna presenza di strumenti armonici, guidato magistralmente dalla tromba e dagli arrangiamenti di Giovanni Falzone, in un sodalizio artistico più che decennale, iniziato con l’album Suono di donna del 2012, dedicato ancora una volta alle donne, artiste e compositrici in particolare.
Una formazione del tutto particolare, che, lavorando per sottrazione, permette alla voce di Ada, ambrata, flessibile e ricca di sfumature, di improvvisare liberamente sulle melodie originali, alternando aperture melodiche ad affilate incursioni nel canto “scat”, sia in contrappunto, che all’unisono con tromba e trombone: quindi non lo schema usuale di una cantante solista accompagnata da un quartetto, ma un vero e proprio quintetto con la voce di Ada come terzo strumento a fiato.
Incurante dei rischi, Montellanico ha voluto ancora una volta alzare l’asticella con un progetto quantomai visionario e del tutto inedito, andando a rivisitare il repertorio del canto barocco in chiave jazzistica. Come spiega il musicologo Francesco Martinelli nelle note di copertina: «In questo progetto la scelta è caduta su un periodo meno esplorato, quello del barocco maturo, con brani composti tra il 1649 e il 1724, simbolicamente proprio dopo la scomparsa di Monteverdi».
«L’idea è nata come la sintesi di tutto il mio percorso artistico - ci racconta Ada Montellanico - che parte da lontano e che potremmo riassumere in tre strade che sono andate poi a confluire in questo progetto. La prima riguarda i miei esordi con la ricerca e lo studio della musica popolare italiana, un repertorio al quale ha spesso attinto anche la cosiddetta musica “colta”. La seconda riguarda i miei studi di conservatorio che, non essendo ancora previsto a quel tempo l’insegnamento del canto jazz, giocoforza mi hanno condotto allo studio ed all’esplorazione del canto lirico, ed infine il jazz, che è il terreno nel quale mi sono cimentata, nella mia definitiva maturazione artistica».
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