Piergiorgio Odifreddi è una delle personalità più eclettiche del panorama italiano. Se la sua fama scientifica è dovuta al suo ruolo di matematico e docente di logica, è la sua attività di divulgatore, anche su materie come la storia della scienza, la filologia, la politica, la filosofia che lo hanno portato spesso alla ribalta anche con prese di posizione molto eterodosse. Alle prossime elezioni europee è candidato nelle liste di Pace, Terra e Dignità, promossa da Michele Santoro e Raniero La Valle e in questi giorni sta girando l’Italia per promuovere i contenuti di questa lista. Nel frattempo è uscito il suzo nuovo libro C’è del marcio in Occidente (Raffaello Cortina) che presenterà il 27 maggio alle 18 nella sede dell’Università di Torino di Palazzo Nuovo, occupata dagli studenti dell’intifada torinese.
«La mia è una scelta nata a causa della guerra e di come la si racconta. Non mi sono mai impegnato troppo in politica nel passato. Una volta, nel 1973 partecipai al congresso dei Radicali con Marco Pannella e parlò solo lui. Ma presi molto a cuore alcune campagne referendarie come quelle sul divorzio e sull’obiezione di coscienza. Poi me ne andai negli Usa e mi distaccai da questo impegno. Tornato in Italia, nel 2007 sono andato in pensione. Veltroni, che aveva dato vita al Partito democratico, mi propose di lavorare al Festival della Matematica. Ma fu un rapporto che si ruppe rapidamente. Nel Pd vedevo tanti ex comunisti e un sacco di democristiani. Mi proposero una candidatura ma quando vidi le liste rifiutai». Poi la scelta di fare divulgazione non solo con i libri, ma anche incontrando il pubblico anche attraverso il teatro. «Nel 2023 misi in piedi lo spettacolo teatrale Albert Einstein, il padre della relatività. Un’idea di “teatro scientifico” in cui parlavo molto dell’impegno del protagonista contro il rischio di disastro atomico. Einstein – spiega il professore – aveva compreso, durante la guerra, che i nazisti stavano lavorando ad un’arma di distruzione totale e all’inizio si impegnò per mettere gli Usa in condizione di difendersi. Poi si pentì molto di come vennero utilizzate le sue ricerche. Scrisse anche una lettera all’allora presidente Roosevelt, per impedire l’uso dell’atomica e si impegnò con ogni mezzo fino alla sua morte, nel 1955, per il disarmo nucleare. Insieme a Bertrand Russell e ad altri 11 scienziati ne nacque un manifesto importante». Proprio in occasione di quello spettacolo Odifereddi incontrò Michele Santoro. «Ci siamo ritrovati poi nei primi mesi del 2023, a parlare sui temi della guerra in Ucraina – racconta Odifreddi-. Ho partecipato in collegamento all’assemblea che si è tenuta a Roma al teatro Ghione, La pace proibita, mi ha chiesto di dare una mano e ne sono stato ben felice. All’inizio sembrava impossibile farcela a causa tanto dell’obbligo di raccogliere le firme che della divisione a sinistra. Se ci fosse stata una alleanza con Avs oggi saremmo sicuri di entrare in Europa, ma la divisione è un male che ci portiamo addosso sin dai tempi della rivoluzione sovietica. E per onestà devo dire che, così come l’intuizione di Santoro e La Valle si è rivelata giusta, se non ci fosse stato il coinvolgimento di volontari e in particolare dell’organizzazione di Rifondazione Comunista non avremmo raggiunto l’obiettivo. L’ho detto anche al segretario Maurizio Acerbo, che ho incontrato a Palermo. Sono stati fondamentali».
A proposito del Partito Democratico ho letto una lettera aperta che lei scrisse nel 2008 all’allora segretario Veltroni e che introduce un altro tema. Nella lettera lei ad un certo punto afferma «la laicità, infatti, è l’aria che lo Stato respira, e se l’una non fosse dovunque, l’altro rischierebbe di soffocare». Rispetto ad allora come siamo messi rispetto a tale tema?
Peggio di allora. Con Benedetto XVI eravamo su posizioni diversissime. Io ateo, lui il papa ma il confronto era intellettuale, tanto è che ne abbiamo tratto due libri di confronto da intellettuale ad armi pari, posizioni diversissime. Bergoglio è un gesuita non si sa realmente da che parte stia. All’inizio del suo pontificato ci fu l’ubriacatura derivante dal “buona sera” con cui si affacciò al balcone. Venne considerato un progressista da arruolare. In realtà si è confuso, grazie anche alla sua cultura di gesuita, il progressismo col peronismo. Ora si cominciano a vedere le battaglie che conduce con Giorgia Meloni sulla natalità, in piena sintonia con la destra europea. Si considera Bergoglio un “papa di apertura” e la laicità ne soffre. Con Ratzinger la cosa era più chiara, lui era un conservatore. Tanto è che battaglie come quelle condotte da Pannella, che citavamo prima, sull’abolizione del Concordato non se ne fanno. Anche se è vero che questa parte della sovranità non è mai stata in mano agli elettori.
In che senso?
La nostra Costituzione non permette di sottoporre a referendum questioni che riguardano i trattati internazionali, come è il Concordato e questa è una sottrazione di sovranità che in tempi di guerra è ancora più evidente. L’Italia è fornitore armi all’Ucraina, non ci è concesso sapere di che armi si tratti. Giorni fa un dirigente politico slovacco ha parlato di alcune tipologie di missili che il suo Paese e il nostro forniscono. Altrimenti non lo avremmo nemmeno saputo. Così possiamo decidere se ci sta bene o meno.
Parlando di guerra, se si eccettuano le occupazioni nelle università degli studenti che criticano il genocidio in atto a Gaza, sembra però di cogliere in chi vorrebbe la fine dei conflitti, smarrimento e senso di impotenza. Cosa ne pensa?
Intanto mi domando come mai non ci siano state manifestazioni analoghe rispetto a quanto accaduto in Ucraina ma unicamente sulla Palestina. Anche i giovani sono vittime del sistema mediatico occidentale. Si capisce che qualcosa non funziona ma non si individua il perché. Anche io onestamente mi sento poco informato, ad esempio rispetto a cosa è accaduto in Ucraina prima dell’invasione russa. Mi sono accorto che l’Occidente si maschera dietro i propri media nascondendo la realtà. A mio avviso lo scontro reale è fra due blocchi. Uno piccolo, quello Occidentale e uno grande, che costituisce il resto del pianeta. Quello piccolo in dimensioni e popolazione, il 10%, possiede il 90% delle risorse, in quello grande le proporzioni si invertono. Una distribuzione così ineguale della ricchezza non può essere accettata. L’Ucraina, Israele, Taiwan, segnano una linea fra noi e il resto del mondo. Tornando alle religioni se uno guarda una mappa della loro diffusione sul pianeta scopre che i ¾ del mondo è cristiano. Eppure in India ci sono numerosi fede confinate a quello che è un continente. Il cristianesimo che ha conquistato il mondo è il braccio spirituale dell’imperialismo, corrisponde ad una mappa delle colonie. L’intero mondo è stato colonizzato da noi. E ogni tanto casco dal pero ma c’è qualcosa di profondo che non funziona in occidente. Leggo che Spagna, Irlanda e Norvegia stanno per riconoscere lo Stato di Palestina. Bene. Ma gran parte del mondo lo ha già fatto. Chi si rifiuta, oltre ad Israele sono gli Stati del resto dell’UE, gli Usa, il Canada, l’Australia, il Giappone e pochissimi altri. La maggioranza del mondo, la vede diversamente da noi. Questo è difficile da accettare per i giovani. Siamo noi contro tutti. E bisogna spiegare perché siamo contro tutti. Ora viviamo con la paranoia dell’invasione di Putin ma lo abbiamo ignorato quando si prendeva la Cecenia o la Georgia. E, per esempio, abbiamo accettato che gli Usa si prendessero Puerto Rico senza che nessuno muovesse un dito.
Nel suo ultimo libro, C’è del marcio in Occidente, elenca i 10 “peccati capitali” della nostra parte di mondo, fra queste il razzismo.
Il razzismo è forte verso chi vive negli altri continenti e in maniera ancora più pesante verso chi vive da noi. L’Europa è diventata come l’India ma in una forma apparentemente light. Viviamo insieme ma siamo separati in caste. Molti si nascondono dietro un dito. So bene di fare un discorso difficile ma dire che se non ci sono i sessi non fa sparire il sessismo. Bisogna invece avere il coraggio di riconoscere le differenze fra le persone. La diversità, in prevalenza, costituiscono un patrimonio. I genetisti come Cavalli Sforza affermavano che la divisione in popoli ha base sia linguistica che genetica. E allora viene da domandarsi come mai i bianchi siano così razzisti. Noi bianchi siamo il risultato di una diaspora dall’Africa di circa 150 mila anni fa quando Homo sapiens, nero, si staccò dal centro Africa. Forse c’era maggiore intraprendenza e aggressività, forse c’erano già state anche migrazioni precedenti dei Neanderthal che i nostri progenitori hanno sterminato. Di fatto si sono verificate razzie, sono cambiate le condizioni di vita, abitiamo in un posto in cui abbiamo fatto piazza pulita di ogni presenza precedente. Come hanno fatto gli Inglesi, nell’America del Nord con quelli che chiamavano pellerossa o spagnoli e portoghesi nell’America Latina. Oggi parliamo di genocidio a Gaza e possiamo discutere in merito alla validità della parola ma nella storia l’uomo bianco non ha fatto altro che conquistare con la violenza interi continenti, pensiamo all’Africa, attuando genocidi. Tutte le nazioni europee hanno avuto la loro esperienza coloniale. E ci sono cose che continuiamo ad ignorare anche noi. La stessa Italia ha avuto colonie prima, durante e dopo il fascismo, col mandato in Somalia. Se continuiamo ad ignorare questo cerchiamo sempre il nemico nell’altro. La Francia ha ancora domini coloniali nei cinque continenti.
Possiamo costruirci ogni verità che vogliamo ma il mondo cambia. Ad esempio la ricerca scientifica, che ha dimensione globale, può divenire strumento di affrancamento diffuso?
Il presupposto è semplice: a differenza delle arti, delle culture che variano nel mondo, la scienza è una, dalla Terra del Fuoco alla Groenlandia e questo dovrebbe farci comprendere che abbiamo un patrimonio comune. Ma c’è l’altra faccia della medaglia. La storia della scienza viene ancora insegnata dal punto di vista dell’Occidente. Noi continuiamo a considerarci eredi della cultura ellenica e pensiamo a Pitagora come ad un punto di partenza, sbagliando. Gli stessi greci sanno bene che la loro civiltà è frutto delle connessioni con l’Oriente, a partire dall’Anatolia. In India, ben prima, era stato inventato lo zero e il calcolo con i decimali, E questo accadeva anche in altre parti del pianeta. Nel 2008 è uscito anche in Italia Come la cresta di un pavone:una discussione critica sulle radici non europee della matematica di George Gheverghese Joseph e Srinivasa Ramanujan Iyengar, che racconta un’altra storia a noi sconosciuta. Mentre in Europa c’erano le invasioni barbariche, nel resto del mondo la ricerca faceva passi enormi. Diverse culture sono giunte agli stessi risultati, ognuna partendo dalla propria concezione del mondo. Lo zero era noto anche ai Maya e questo mentre greci e romani facevano ancora di conto con i pallottolieri, con l’abaco per essere esatti. Fu Leonardo Fibonacci, intorno al 1200, grazie ai viaggi e ai contatti con i matematici arabi a introdurre l’algebra da noi. Per almeno tre secolo abacisti e algebristi si scontrarono e solo intorno al 1500 in Occidente divenne chiaro il ruolo dello zero. Poi da noi c’è stata una accelerazione tecnologica che si è rivelata deleteria e che ci vede dominanti dal punto di vista tecnologico ma non sul resto.
Per chiudere, quale è la parola più importante in cui lei oggi si riconosce?
Certamente “pace”. La si può intendere nel senso più ristretto, ovvero la fine dei conflitti, non solo quelli in Ucraina e in Palestina ma anche gli oltre 50 dimenticati, oppure in maniera più allargata, ovvero creare le condizioni per cui non si facciano più guerre. Ma perché accada noi dobbiamo fare passi indietro. I nostri sono Paesi predatori che consumano il 90% delle risorse. Ora quello che chiamavamo “terzo mondo” si è sollevato in gran parte. Molti paesi rivendicano il ruolo di grandi potenze e alcuni vogliono divenire membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Ed hanno anche la tecnologia che permette loro di darci del filo da torcere. Qualche passo indietro è urgente perché abbiamo troppo rispetto a quanto valiamo. Occorrerebbe, a livello mondiale quello che è accaduto in Sudafrica con Mandela. Era considerato un terrorista ed è stato liberato anche perché dall’altra parte c’era un De Klerk che anche fra i bianchi del suo Paese è stato per questo osteggiato. E non è un caso che quel processo di pace abbia prodotto come risultato che oggi sia il Sudafrica a chiedere di condannare Israele alla Corte Penale Internazionale. Sia in Israele che nel resto del mondo ci vorrebbero leader come De Klerk ma non ne vedo. Non certo quelli europei né tantomeno Biden. Per una vera pace ci vorrebbe una classe politica occidentale consapevole del troppo che abbiamo e del fatto che non possiamo vivere serenamente se non operando un cambio molto profondo.
La foto di apertura: Piergiorgio Odifreddi, in Ingegneria degli errori, la serie di Motor Trend, andata in onda su Discovery