La lotta politica tra Trump e Biden è immersa in un contesto tossico di polarizzazione politica e sociale e di violenza che sarà molto difficile contenere e contrastare. L’attentato rafforza la tendenza in atto che vede estremisti politici (come i suprematisti bianchi) cercare di mettere a tacere i loro rivali politici attraverso la violenza, piuttosto che con le urne, ma potrebbe non avere necessariamente un impatto critico sul risultato complessivo. A meno di quattro mesi dalle elezioni, il risultato rimane incerto.
Nel pomeriggio di sabato 13 luglio, Donald J. Trump ha subito un attentato durante una manifestazione elettorale in Pennsylvania (uno dei 6-7 Stati in bilico) da parte di un ventenne che era riuscito a salire sul tetto di un capannone a circa 130 metri dal palco, armato di un fucile da guerra modello AR-15, senza che polizia e servizi segreti intervenissero. Nelle immagini, abbiamo visto l’ex presidente insanguinato ma non gravemente ferito, mentre una persona del pubblico e l’uomo armato sono stati uccisi e altri due spettatori sono stati gravemente feriti. È stata un’immagine immediatamente iconica in un momento cruciale della storia politica americana. È anche un segno dei tempi.
Per chi segue la politica e la società americana con continuità e attenzione, ha stupito la reazione sdegnata di gran parte dei media mainstream che hanno commentato l’attentato come se sia stato un fulmine a ciel sereno e hanno scoperto che la politica e la società americana è profondamente polarizzata (il divario tra ricchi e poveri si sta allargando, mentre la classe media si sta restringendo), e che la democrazia americana è in pericolo.
Purtroppo, polarizzazione, disuguaglianze socio-economiche, derive autoritarie e violenza politica sono caratteristiche che hanno sempre attraversato “il faro della democrazia” dell’Occidente e ancor più dall’inizio del XXI secolo (si veda il mio libro sul Suprematismo bianco). Quattro presidenti nella storia degli Stati Uniti sono stati assassinati mentre erano in carica, e due presidenti in carica sono sopravvissuti a tentativi di omicidio durante il loro mandato. Un recente sondaggio condotto dal Public religion research institute suggerisce che quasi un quarto degli americani sostiene l’affermazione secondo cui “i patrioti americani potrebbero dover ricorrere alla violenza per salvare il Paese”, compreso il 33% dei repubblicani e il 13% dei democratici. Gli atti di violenza politica e di terrorismo interno sono costantemente aumentati negli ultimi 10-15 anni.
Secondo i database dell’Fbi e del dipartimento per la Security Homeland, la maggior parte sono reati motivati da estremismo razziale ed etnico, in larga parte compiuti da singoli o gruppi legati a (e ispirati da) milizie del suprematismo bianco, ma in crescita sono anche azioni violente contro le istituzioni e le autorità governative. Il legame con un contesto politico polarizzato è evidente e a sua volta ampiamente studiato. L’avversario politico cessa di essere tale e viene trasfigurato in un nemico esistenziale e una minaccia per la democrazia o la patria, per cui tutto finisce per diventare lecito per difendere democrazia e patria, incluso il ricorso alla violenza.
I conflitti partigiani in corso si sono intensificati da una politica di veto reciprocamente contrapposta a una politica di ritorsione che prevede l’attacco agli oppositori come strategia primaria. Inoltre, queste elezioni comportano uno scontro tra il presidente in carica e un ex presidente, rappresentando essenzialmente uno scontro tra due Americhe, dividendo ulteriormente la società statunitense e alimentando l’emergere di atti politici violenti.
Nonostante Trump sia una vittima di questo tentativo di omicidio, è il candidato che è stato associato all’incoraggiamento alla violenza politica e al possesso e uso delle armi: dall’assalto dei suoi sostenitori a Capitol Hill durante l’insurrezione/tentativo di colpo di Stato del 6 gennaio 2021, che includeva appelli ad assassinare un vicepresidente in carica, e i cui autori sono stati acclamati come “prigionieri politici”, “martiri”, “eroi” e “guerrieri”, alla derisione dell’attacco quasi fatale contro il marito di Nancy Pelosi da parte di un intruso armato di un martello che voleva rapire l’allora presidente democratica della Camera dei Rappresentanti nell’ottobre 2022.
Poche ore dopo, in una breve conferenza stampa, il presidente Joe Biden ha condannato la sparatoria ed ha espresso solidarietà al suo avversario, chiamandolo “Donald” in una rara pausa dall’animosità tra i due uomini. Biden ha fatto un appello per “abbassare la temperatura” e moderare i toni della politica, sostenendo che «non c’è posto per questo tipo di violenza in America. Dobbiamo unirci come un’unica nazione per condannarlo». «Un tentativo di omicidio è contrario a tutto ciò che rappresentiamo come nazione», ha detto Biden domenica pomeriggio dalla Casa Bianca. Anche diversi personaggi politici mainstream ed esperti di tutto lo spettro politico hanno immediatamente espresso preoccupazione per Trump e le altre vittime e hanno condannato questo atto di violenza politica. Pelosi è stata una delle prime figure politiche a commentare la sparatoria di Trump, postando su X che «essendo una la cui famiglia è stata vittima di violenza politica, so in prima persona che la violenza politica di qualsiasi tipo non ha posto nella nostra società».
Sono auspici positivi, ma la violenza è oggi una parte centrale della vita politica americana, di cui sarà difficile liberarsene presto in un Paese in cui molti più cittadini possiedono armi (450 milioni quelle stimate), grazie all’aumento delle vendite negli ultimi anni; la disinformazione è dilagante; e Internet rende anche più facile per le persone malintenzionate organizzarsi.
Da questo punto di vista è interessante considerare l’uso ideologico che viene fatto dalla destra repubblicana del termine «unamerican», ossia «contrario ai valori americani». È diventato un dogma definire «noi» (cristiani bianchi conservatori) come gli unici sostenitori della «vera America» – e «loro» (Democratici, liberal, «la sinistra») come fondamentalmente illegittimi, una minaccia «contraria ai valori americani». Secondo questi suprematisti bianchi della destra – e il Partito repubblicano che li rappresenta – «noi» abbiamo il diritto di governare in America, mentre il governo dei Democratici è intrinsecamente illegittimo. La narrazione di questa destra è che i «veri americani» sono costantemente delle vittime, costretti a subire il giogo di una folle politica di sinistra, assediati dalle forze «contrarie ai valori americani» della sinistra radicale; per cui «noi» dobbiamo difenderci e combattere, con qualsiasi mezzo. Nella loro mente, non sono mai gli aggressori, ma sempre quelli assaliti e sotto assedio.
La costruzione di questa narrativa sulla presunta minaccia totalitaria e violenta da parte della «sinistra» e dell’agenda progressista promossa dal Partito democratico, consente loro di giustificare azioni sempre più sfrontate, provocatorie ed aggressive (non solo sul piano retorico, ma anche su quelli della violenza politica e dei comportamenti criminali) all’interno di un quadro consolidato di auto-vittimizzazione conservatrice. Si determina una spirale di paura, razzismo e pseudo-patriottismo sciovinista in continua accelerazione che minaccia l’assetto costituzionale democratico della repubblica di fronte alla quale i Democratici denunciano come «contrario ai valori americani» il «semi-fascismo» dei Repubblicani Maga, esortano a tornare alla «civiltà» e alla «decenza» nel confronto politico e riaffermano la loro fiducia nel sistema politico-istituzionale, ma appaiono incapaci di articolare una visione alternativa persuasiva che non sia quella della pura conservazione dello status quo, senza quindi riuscire a riconciliare e riunificare un Paese profondamente lacerato e iperpolarizzato.
Il termine “guerra civile” ha iniziato a fare tendenza sui social media dopo la sparatoria. Molte persone sui social media si sono affrettate ad abbracciare le teorie del complotto. I detrattori di Trump hanno ipotizzato che la sparatoria sia stata una messa in scena, mentre i suoi sostenitori sospettavano un attacco da parte della sinistra, anche dopo che l’Fbi aveva identificato l’uomo armato deceduto come Thomas Matthew Crooks, apparentemente un repubblicano registrato.
Lo scetticismo su entrambi i lati dello spettro politico rappresenta le profonde divisioni politiche che esistono negli Stati Uniti. Le due campagne presidenziali cercheranno senza dubbio di trarre il massimo profitto dall’incidente nei prossimi giorni. Ma, nell’opinione della stragrande maggioranza di analisti e commentatori, nella loro ricerca di vantaggi politici, i due partiti non dovrebbero ignorare la pericolosa escalation di violenza politica che deve essere contenuta con urgenza. Trump è uscito trionfante dall’incidente. Mentre gli agenti di sicurezza lo scortavano fuori dal palco sullo sfondo delle bandiere a stelle e strisce e di un cielo azzurro brillante, con la faccia insanguinata, lui alzava con aria di sfida il pugno in aria dicendo «Fight! Fight! Fight!» («combattere») e i suoi sostenitori cantavano “Usa, Usa!”.
Certamente, l’attentato attiverà la base Maga (come era cominciato ad avvenire dopo la condanna penale di Trump il 30 maggio), facendo aumentare significativamente le possibilità di vittoria di Trump. Soprattutto, ha spostato la narrazione dai suoi problemi legali e dalle sue carenze morali, rendendolo un martire, un eroe nazionale destinato ad essere assassinato che è pronto a difendere l’America tradita e abbandonata dalle sue élite e dalle sue istituzioni. Usa un linguaggio disumanizzante per parlare dei suoi antagonisti politici. La politica autoritaria di Trump è stata accompagnata da bigottismo, tribalismo politico virulento e dalla volontà di consentire che le sue preferenze fossero imposte e che i suoi nemici fossero puniti attraverso la violenza fisica. Il timore è che ora Trump approfitti di questo incidente per alimentare ulteriormente la violenza tra i suoi seguaci.
L’attentato è avvenuto solo due giorni prima della Convention Repubblicana di Milwaukee ( che si sta svolgendo dal 15 al 18 luglio), in Wisconsin (un altro Stato in bilico), in cui Trump è diventato ufficialmente il candidato del partito per le elezioni presidenziali del 5 novembre e ha indicato JD Vance come suo vicepresidente. Un oratore dopo l’altro si schiererà a Milwaukee per rendere omaggio a Trump, lodandolo come un uomo forte che è letteralmente a prova di proiettile – e deriderà Biden definendolo un debole, un 81enne fallito che sta contrastando le richieste dei colleghi democratici di abbandonare la corsa, e incolperà i suoi avversari per l’esplosione di violenza. «Quello di oggi non è solo un incidente isolato», ha twittato JD Vance, un senatore dell’Ohio indicato alla vicepresidenza di Trump alla Convention (sbaragliando il governatore del Nord Dakota, Doug Burgum e il senatore della Florida Marco Rubio). «La premessa centrale della campagna di Biden è che il presidente Donald Trump è un fascista autoritario che deve essere fermato a tutti i costi. Quella retorica ha portato direttamente al tentato assassinio del presidente Trump». Il repubblicano Mike Collins, della Georgia, è stato ancora più diretto, accusando il presidente Biden di aver ordinato l’assassinio del suo rivale. «Joe Biden ha inviato gli ordini», ha scritto.
I repubblicani hanno già nominato Trump alla presidenza due volte. Ma nel 2016 e anche nel 2020 ha dovuto affrontare critiche all’interno del suo stesso partito ed è stato l’underdog nella corsa per la Casa Bianca. Questa volta, tuttavia, Trump è in vantaggio nei sondaggi d’opinione dopo la disastrosa performance di Biden nel dibattito. E la sua presa del partito repubblicano è completa. Ed è stato incoronato, poco dopo che la giudice Aileen Cannon ha archiviato il caso contro Donald Trump per la vicenda dei documenti riservati della Casa Bianca sequestrati a Mar-a-Lago.
I dissidenti sono stati epurati, hanno perso i loro seggi al Congresso a favore degli alleati di Trump o sono andati silenziosamente in pensione. La co-presidente del Comitato nazionale repubblicano è la nuora di Trump, Lara. I circa 2.400 delegati e i cittadini americani ascolteranno Tucker Carlson, un conduttore televisivo che promuove il nazionalismo bianco; Franklin Graham, un cristiano evangelico che ha definito l’Islam “scellerato” e “malvagio”; Tom Homan, un sostenitore della linea dura sull’immigrazione che ha promesso di gestire la più grande forza di deportazione nella storia americana; Charlie Kirk, attivista di estrema destra e negazionista dei risultati elettorali; e Vivek Ramaswamy, un imprenditore biotecnologico che vuole aumentare la produzione di combustibili fossili. Anche i figli dell’ex presidente, Donald Trump Jr ed Eric Trump, avranno entrambi la possibilità di parlare, insieme alle loro partner Kimberly Guilfoyle e Lara Trump. Tutti sicuramente faranno la loro parte nello spettacolo di Trump.
La campagna di Trump ha delineato messaggi quotidiani con temi che si ispirano al suo caratteristico slogan “Make America Great Again”. Il tema di lunedì è l’economia: “Rendere l’America di nuovo ricca”. Trump ha delineato un programma di tariffe doganali radicali e di accelerazione della produzione di petrolio e gas, anche se ha già raggiunto un record sotto Biden. Martedì il tema sarà immigrazione e criminalità: “Rendere l’America di nuovo sicura”. Trump e i repubblicani ritengono che il dibattito sui confini sia tra i loro problemi più importanti. Hanno organizzato discorsi per i familiari delle persone uccise, presumibilmente da immigrati privi di documenti, come parte dei più ampi tentativi di Trump di incolpare la criminalità delle politiche di frontiera. Mercoledì sarà la giornata della sicurezza nazionale: “Rendere l’America forte ancora una volta”. I delegati e il pubblico possono aspettarsi di sentire argomentazioni secondo cui Biden è un comandante in capo e capo di Stato “debole” e “fallito”.
Il Partito democratico ha mostrato crepe nel sostegno al presidente Biden che Trump e i suoi alleati cercheranno di allargare. Questo è il giorno, in genere, in cui il candidato alla vicepresidenza si rivolge alla Convention. Infine, giovedì culminerà con lo stesso Trump: “Rendere l’America grande ancora una volta”. Il suo discorso di accettazione della nomina del partito sarà seguito attentamente per la tensione tra “carne rossa” per la base trumpiana e “moderazione” per recuperare voti negli Stati in bilico.
Per cui ora i riflettori sono tutti puntati su Trump ed è, ironicamente, ciò che vuole anche la campagna di Biden, dato che l’attenzione sull’idoneità del presidente in carica e sulle sue capacità cognitive ha eroso il suo sostegno. La speranza di Biden e dei Democratici è che, anche se l’attentato ha ridotto lo spazio per criticare personalmente Trump, tutta l’attenzione su Trump metta in risalto il suo estremismo, i problemi legali e l’agenda di estrema destra del suo partito, dettagliata nel vasto piano Progetto 2025 (922 pagine) elaborato dalla conservatrice Heritage Foundation con alcuni (almeno 140) dei più stretti alleati di Trump, dal quale ha tentato invano di prendere le distanze nelle ultime settimane.
La piattaforma di 16 pagine è fortemente influenzata dal nazionalismo bianco cristiano e condivide un significativo Dna ideologico con il Progetto 2025, che delinea una drammatica espansione del potere presidenziale e un piano per licenziare fino a 50 mila dipendenti pubblici, sostituendoli con i lealisti di Trump. Aleggia anche l’ipotesi che venga prospettata l’introduzione di un divieto nazionale sul diritto all’aborto senza eccezioni per lo stupro o l’incesto, con l’idea di imprigionare le donne e i loro medici. I democratici sperano che ciò possa incoraggiare gli elettori indecisi e più moderati ad allontanarsi da Trump.
Probabilmente Trump utilizzerà questa fase per trarre il massimo vantaggio dal tentativo di omicidio. La sparatoria si adatta bene alla narrazione secondo cui Trump è stato derubato del suo secondo mandato, attaccato e trasformato in una vittima da una politica corrotta, da una giustizia inquinata, da uno Stato controllato da élite pronte a tutto pur di bloccarne il ritorno al potere. Dopo la sua sconfitta per la rielezione nel 2020, si è presentato come il bersaglio dell’amministrazione Biden, avanzando accuse infondate di “interferenza elettorale” e dipingendo tutte le cause legali avviate contro di lui come persecuzione politica. Trump ha persino spinto la narrativa secondo cui il raid dell’Fbi del 2022 nella sua residenza di Mar-a-Lago per recuperare documenti riservati fosse un tentativo da parte dei federali di assassinarlo.
La base di Trump ha reagito rapidamente a qualsiasi atto percepito come un danno per lui. Ad esempio, dopo la sua condanna per 34 capi di accusa da parte di una giuria di New York a maggio, i sostenitori hanno auspicato attacchi ai giurati, la morte del giudice e disordini. I giornalisti presenti sulla scena della sparatoria alla manifestazione di sabato hanno riferito di minacce e insulti da parte della folla subito dopo l’incidente. Un giornalista di Axios ha addirittura assistito al tentativo di alcuni sostenitori di Trump di irrompere nell’area dei media prima di essere fermati dalle guardie di sicurezza.
Finora Trump ha scelto di moderare la sua retorica. Ha chiesto l’unità e di “non permettere al male di vincere”. Dato che si nutre di teorie del complotto e di messaggi polarizzanti, resta da vedere se scoraggerà la sua base dall’impegnarsi su queste strade dopo la sparatoria. Alcuni commentatori ritengono che Trump abbia l’opportunità di anteporre la pace e la sicurezza del Paese alle sue ambizioni personali: sostengono che forse arrivare così vicino alla morte cambierà la sua prospettiva sull’incitamento dei suoi sostenitori.
In caso contrario, la sparatoria di sabato potrebbe essere l’inizio di un periodo molto pericoloso per l’America. Abbiamo visto i suoi sostenitori impegnarsi in violenze di massa il 6 gennaio 2021 a causa di un’oppressione immaginaria. E ci sono stati altri attori, come organizzazioni di destra come i Proud Boys, che si sono impegnati nella violenza politica e vari fanatici individuali che hanno perpetrato sparatorie di massa e altri attacchi.
La diffusione delle teorie del complotto, del suprematismo bianco e della retorica apocalittica all’interno della destra ha incoraggiato tali atti violenti. Il tentato omicidio potrebbe gettare altra benzina sul fuoco del radicalismo violento. Ecco perché è fondamentale che Trump e i suoi alleati repubblicani, così come Biden e i democratici, affrontino la crescente polarizzazione nel Paese. La violenza politica rischia di diventare un punto fermo della politica americana.
Come nota il New York Times, il tentativo di omicidio contro l’ex presidente Trump sembra più destinato a dividere ulteriormente l’America che a riunirla. In un Paese in fiamme chi può guarire un Paese così minacciato dalla violenza e dalla divisione? La sparatoria di sabato è stata una tragedia che è stata a un passo dal diventare uno dei giorni più bui della storia americana. Potrebbe anche essere un punto di svolta per la corsa presidenziale di quest’anno e per la natura della politica statunitense. Sia l’attuale che l’ex presidente, insieme ai loro stretti alleati, hanno l’opportunità di fermare questa escalation di tensioni all’interno della società americana e di contribuire a garantire che la pace e la decenza prevalgano nella politica americana.
L’autore: Alessandro Scassellati Sforzolini è ricercatore sociale e attivista, collabora con Transform! Italia. Fra i suoi libri Suprematismo bianco (Derive e Approdi). Sulle elezioni americane v. anche dello stesso autore Cosa c’è dietro l’America bianca e arrabbiata che guarda a Trump
Nella foto: due frame di video sulla convention repubblicana di Milwaukee, 15 luglio 2024