Le ferie estive sono agli sgoccioli e la realtà è qui ad attenderci con una nuova versione delle regole che governano la finanza pubblica. Regole delle quali è importante capire bene i nodi fondamentali. Lo è per chi ha responsabilità politiche. Lo è, altrettanto, per chi cercherà, nelle prossime settimane, di orientarsi nell’argomento che prenderà il centro della scena politica: quello sulla legge di Bilancio per il 2025.
C’è un nuovo “protagonista” su questa scena: si chiama piano strutturale di Bilancio di medio termine. Si tratta di un documento che il governo dovrà presentare all’Unione Europea entro il 20 settembre. Cioè tra 24 giorni (Poi il governo ha chiesto una proroga ndr).
In sintesi, il Piano dovrà delineare l’andamento della spesa pubblica e delle riforme strutturali – richieste dall’Unione a ogni Stato membro – per un periodo di 7 anni. E attenzione: 7 anni in senso letterale. Perché il piano strutturale stesso non potrà essere riformulato ogni anno come avviene, nella nostra esperienza, per i documenti di finanza pubblica come Def e Nadef e, ovviamente, per la legge di Bilancio stessa. No. Esso avrà valore per il quinquennio e vincolerà il Paese per quel periodo. Unica situazione nella quale potrà essere rimesso in discussione potrebbe essere la caduta del governo e la nascita di un nuovo Esecutivo.
Dunque, il governo Meloni e la sua maggioranza – con l’eventuale, ma non scontato, confronto con l’opposizione e le forze sociali al quale saranno disponibili – da qui a pochi giorni porranno vincoli definitivi al futuro del Paese per 7 anni.
Di tutto questo, nel discorso pubblico, non c’è praticamente traccia.
Come ben poco si parla degli effetti del nuovo Patto di stabilità sulla legge di Bilancio per il 2025: ossia l’impossibilità di adottare misure in deficit.
Non c’è da illudersi che il governo vada oltre le misure a tempo, ossia non strutturali, con le quali ha caratterizzato la propria azione in passato, a partire dal taglio del cuneo fiscale. O quelle come le finte “quote” di anticipo pensionistico, con abbondante ricalcolo contributivo, alle quali non conviene aderire se non si vuole subire un taglio consistente dell’assegno previdenziale.
È bene, invece, prepararsi a vedere tagli draconiani alla spesa pubblica. E non è improbabile che le sforbiciate colpiscano ciò che è più facile tagliare: settori già in difficoltà come la Sanità e la scuola pubbliche, senza escludere la previdenza.
Tant’è: la nuova stagione “va a incominciare”. E sarà molto importante riuscire ad indagarne le pieghe più complesse e sfuggire alle sirene propagandistiche per comprendere cosa ci attende a partire da settembre.
L’autore: Sindacalista e già ministro del lavoro Cesare Damiano è presidente di Lavoro & Welfare