Negli ultimi due giorni, la Cisgiordania è diventata l’epicentro di una delle operazioni militari più violente condotte da Israele negli ultimi decenni. L’operazione, soprannominata “Campi d’estate”, ha causato un bilancio attuale di almeno 18 morti.
Secondo i media israeliani, centinaia di militari sono attualmente dispiegati in diverse aree della Cisgiordania settentrionale, con operazioni concentrate nelle città di Jenin, Tulkarem, Tubas e Nablus. Questa mobilitazione su larga scala ha portato a una situazione di estrema violenza che, secondo i giornalisti locali, non si vedeva dai tempi della seconda intifada palestinese, avvenuta due decenni fa. Le forze israeliane hanno intensificato l’offensiva soprattutto a Tulkarem, dove hanno assediato il campo profughi di Nour Shams. In questa zona, molti civili sono stati sottoposti a interrogatori sul campo, con le forze militari che non hanno mostrato alcun segno di voler interrompere gli assedi.
La situazione non è meno grave a Jenin, dove le truppe israeliane hanno assediato il centro della città, l’ospedale pubblico e la sede della Mezzaluna Rossa Palestinese, ostacolando così l’intervento delle squadre mediche e bloccando per ore le operazioni di soccorso. Un’azione che non può non essere condannata come una palese violazione del diritto umanitario internazionale. Un oltraggio inferto ai principi cardine che dovrebbero proteggere i civili in zone di conflitto, ma che qui, in questo scenario di desolazione, sono stati calpestati con indifferenza.
Il governatore di Jenin, Kamal Abu al-Rub, ha provato a descrivere ai media locali la devastazione che sta colpendo la città. Le forze israeliane hanno distrutto veicoli e proprietà civili, oltre che danneggiato gravemente le infrastrutture della città e del campo profughi. Le testimonianze raccolte indicano che numerosi cittadini sono stati costretti a evacuare le proprie case, trasformate successivamente in caserme militari dalle forze israeliane. A Tubas, la situazione appare altrettanto drammatica: dopo un’operazione militare durata più di 30 ore, sono stati registrati morti, detenzioni e una distruzione significativa delle case e delle infrastrutture locali.
Il bilancio delle vittime continua ad aumentare, con otto palestinesi uccisi a Jenin, cinque a Tulkarem e quattro a Tubas. Tra i nomi delle vittime, si è aggiunto quello di Mohammad Jaber, noto come Abu Shujaa, un comandante delle Brigate Quds di Tulkarem, che è stato ucciso dopo un lungo scontro con le truppe israeliane. Le forze israeliane hanno assediato la casa in cui Abu Shujaa si trovava insieme ad altri quattro combattenti, tutti uccisi nel corso dell’operazione. Il numero dei feriti è altrettanto allarmante, con almeno 30 persone coinvolte in gravi incidenti, e si teme che il bilancio delle vittime e dei feriti possa continuare a crescere nelle prossime ore.
In merito a queste operazioni, il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha rilasciato una dichiarazione in cuiha difeso con determinazione l’azione militare, affermando che l’esercito sta agendo con «tutta la forza» necessaria per smantellare quelle che ha definito come «infrastrutture terroristiche islamico-iraniane» presenti in Cisgiordania, (che lui, chiama con il nome biblico Giudea e Samaria ndr). Katz ha inoltre ventilato l’ipotesi di evacuazioni temporanee dei residenti palestinesi, una dichiarazione che non era mai stata fatta ufficialmente in precedenza e che ha suscitato preoccupazioni ancora maggiori tra la popolazione palestinese e la comunità internazionale.
Dall’altra parte del conflitto, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas, ha espresso preoccupazione per l’escalation di violenza in Cisgiordania. Attraverso un portavoce, Abbas ha avvertito che l’intensificarsi dei raid israeliani, combinato con la guerra in corso a Gaza, potrebbe portare a conseguenze «terribili e pericolose» che finirebbero per colpire duramente tutte le parti coinvolte. Anche le Nazioni Unite hanno espresso profonda preoccupazione per l’operazione, con una portavoce dell’Alto commissariato per i diritti umani che ha dichiarato come un’azione militare di tale portata rischi di aggravare ulteriormente una situazione già definita catastrofica. L’uso di attacchi aerei e altre tattiche militari pesanti da parte delle forze di sicurezza israeliane è stato criticato per la violazione delle norme internazionali sui diritti umani, che dovrebbero essere rispettate anche durante le operazioni di applicazione della legge.
Per comprendere appieno la gravità della situazione attuale in Cisgiordania, è utile riflettere sulle stime fornite dalle Nazioni Unite. Secondo i dati raccolti, dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, sono stati uccisi 622 palestinesi nei territori occupati, inclusa Gerusalemme Est. Numeri, crudi e tragici, che svelano l’intensità di una crisi che si ingigantisce come un enorme buco nero, minacciando di assorbire l’intera regione in un conflitto dalle radici più profonde e devastanti.
In foto insediamenti israeliani in Cisgiordania
L’autore: Andrea Umbrello è direttore editoriale & Founder di Ultimavoce