Alla base della dipendenza patologica c’è sempre la psicopatologia. Non è vero, come si è letto spesso sui giornali, che le tossicomanie di per sé portano a gesti efferati
«Attenti a definirla malattia. C’è sempre più violenza da chi è ai margini e si droga». Con queste parole Emi Bondi, presidente uscente della Società italiana di psichiatria, nell’intervista pubblicata sul Corriere della Sera dell'1 settembre scorso, ha tentato di spiegare le ragioni alla base dell’omicidio di Sharon Verzeni la notte del 29 luglio ad opera di Moussa Sangare, un giovane ragazzo sconosciuto alla vittima, con la quale l’omicida non aveva intrattenuto alcuna relazione precedente al gesto efferato. Dell’intervista colpiscono affermazioni come «la violenza non è un prodotto della malattia mentale... spesso nasce in situazioni di marginalità, con uso di sostanze stupefacenti» e come conseguenza di un discontrollo dei propri impulsi». Oppure: «Noi sappiamo che l’uso di sostanze è un elemento che spesso depone per comportamenti aggressivi e violenti, però bisogna capire se lui era sotto l’effetto di droghe quando ha agito. Cambia molto». Secondo Bondi, quindi, la violenza non è un prodotto della malattia mentale, ma è invece molto frequente tra i tossicodipendenti, perché soggetti più di altri ad un discontrollo degli impulsi. Davanti a queste dichiarazioni la prima, necessaria, precisazione che va fatta, nel tentativo di fare luce su una ipotetica relazione causale che giustifichi la compresenza tra agiti violenti e uso di droghe, è quella che la patologia da uso di sostanze si fonda sempre sulla patologia della mente. Alla base della dipendenza patologica, cioè, c’è sempre la psicopatologia. Già tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90 si è fatta sempre più chiara l’insostenibilità della separazione tra i servizi psichiatrici e quelli per le tossicodipendenze, perché diventava sempre più evidente quanto non prendere in considerazione una problematica psichiatrica in concomitanza alla tossicomania potesse distorcere gravemente la valutazione e la programmazione del trattamento, fino a farlo fallire.

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