In Italia la cementificazione del suolo procede alla velocità di 2,25 metri quadri al secondo. In Europa il 60% dei terreni è degradato. Questo ecosistema vitale è al centro della sfida climatica, afferma l’autore di Dalla parte del suolo, a Lucca per Pianeta terra. Ecco il suo intervento per Left
Nel bel mezzo di un tempo dove chi urla si prende la scena, chi ha il potere pretende anche la ragione, chi ha i propri interessi li grida al mondo come fossero quelli di tutti, noi vogliamo occuparci di qualcosa che non ha voce e che è fondamentale: il suolo, la base di tutto. Vogliamo dargli voce per rendere visibile la sua bellezza, la sua forza e la sua fragilità, la sua resistenza e la sua vulnerabilità, la sua generosità e le sue regole. Il suolo è al centro della sfida climatica. Sfama il pianeta. Produce rimedi medicali. Genera energia. Trasforma in vita ciò che è scarto. Sostiene la vegetazione con un rapporto simbiotico che non ha eguali. Trattiene immense quantità d’acqua. È scrigno di biodiversità. In una parola: senza suolo non esisterebbe vita. Se ne dovrebbe parlare e scrivere ogni giorno e invece incombe il silenzio. Ecco che allora conoscere e far conoscere cosa è il suolo diviene oggi una vera e propria urgenza sociale e non solo ambientale. Il suolo è un ecosistema fragilissimo che ha bisogno di attenzioni e cure. Inquinato, fatica a riprendersi. Denudato della vegetazione, si impoverisce di biomassa e lentamente muore. Appesantito da macchinari, soffoca. Sfruttato da agricolture industriali, va in coma. Esposto al troppo caldo, vola via. Coperto artificialmente, si ammala. Ma soprattutto, se viene cementificato e asfaltato muore per sempre e assieme a lui muore tutta la vita e tutto il divenire ecosistemico racchiuso in quel prezioso spessore di 30-50 centimetri. E il suo morire è più frequente di quanto pensiamo. Anzi, in verità pochi pensano che il suolo muoia. Nell’immaginario comune è già una “cosa” senza vita, un supporto a nostra disposizione. Non è un corpo vivo. Non lo sentiamo urlare quando la ruspa lo morde. Non pensiamo agli effetti ecologici e ambientali quando un piano urbanistico ne decide il destino di asfalto e cemento. Né intravediamo il suolo negli alimenti che acquistiamo. Il suolo è un ecosistema invisibile e ignorato con un futuro che dipende dal comportamento dell’inquilino del piano di sopra: da noi.

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