Se a essere colpite da Israele sono della basi Onu - dopo gli ospedali, le scuole, le sedi giornalistiche, gli uffici umanitari di Gaza - il diritto internazionale diventa improvvisamente un comandamento inderogabile 

L’attacco dell’esercito israeliano alle basi Unifil, la missione dell’Onu al sud del Libano, smaschera l’ipocrisia. 

Il fato che Israele abbia aperto il fuoco contro la base UNP 1-31 sulla collina di Labbune, nell’area di responsabilità dell’Italia che nel sud del Libano schiera oltre mille militari non è un’azione diversa dagli irresponsabili colpi che l’esercito di Netanyahu ha sparato in questo ultimo anno, trasformando una presunta legittima difesa in una vendetta utile a un disegno politico che ha radici antiche.

L’indignazione che leggiamo questa mattina sui giornali è figlia dell’empatia sovranista che in tempi di guerra infetta anche alcuni insospettabili: se a rischiare la vita sono soldati “nostri” allora ciò che prima era collaterale, bellicamente ragionevole e difensivo, diventa un crimine di guerra. 

Se a essere colpite sono della basi Onu – dopo gli ospedali, le scuole, le sedi giornalistiche, gli uffici umanitari – il diritto internazionale diventa improvvisamente un comandamento inderogabile. 

Ipocritamente anche la difesa del dissennato attacco è sempre la stessa: pure le basi Onu – come gli ospedali, le scuole, le sedi giornalistiche, gli uffici umanitari – diventano un “nascondiglio dei terroristi”. Quindi i soldati italiani sono il Libano a fiancheggiare i terroristi, secondo Israele. Chissà anche di questo che ne pensa il ministro Crosetto. 

Per molti invece quella di ieri è stata una giornata perfettamente in linea con l’agire dell’esercito israeliano.

Buon venerdì.