La notizia che non leggerete è l’inchiesta di IrpiMedia sulle molestie sessuali all’interno delle scuole di giornalismo che apre un sipario inquietante su un mondo che dovrebbe essere simbolo di trasparenza e verità. L’indagine rivela una realtà dove il potere si confonde con l’abuso, mettendo a rischio giovani aspiranti giornalisti, spesso già vulnerabili per la precarietà del settore.
Le testimonianze raccolte mostrano uno schema ripetuto: figure di potere – tutor, professori, giornalisti affermati – che sfruttano la propria posizione per intimidire o manipolare giovani donne. Il confine tra autorità e prevaricazione si dissolve, e le vittime si trovano imprigionate in un silenzio soffocante, in parte per paura di ritorsioni professionali, in parte per un sistema che minimizza e copre.
Un terzo delle studentesse ha raccontato di aver subito discriminazioni, molestie verbali e sessuali in classe e negli stage. La metà delle persone sentite ha riferito di aver assistito o saputo di molestie sessuali e verbali, tentate violenze sessuali, atti persecutori, stalking, ricatti e discriminazioni di genere.
L’unica ricerca nazionale a disposizione sul tema è stata pubblicata nel 2019 dalla Federazione nazionale della stampa (Fnsi) e ha rilevato che, tra le giornaliste assunte in redazione, l’85% ha dichiarato di avere subito molestie sessuali almeno una volta nel corso della vita professionale.
La riflessione va oltre i singoli fatti: dobbiamo chiederci cosa significhi insegnare giornalismo in un contesto dove il rispetto per gli individui è calpestato. Come possiamo formare professionisti capaci di cercare e raccontare la verità se il primo tradimento avviene all’interno delle aule?
Buon giovedì.