In Medio oriente Israele (Paese dotato di arma nucleare) si oppone di fatto all’Iran e rischia di scatenare una rischiosissima guerra regionale che potrebbe sfociare in catastrofe. La Repubblica popolare cinese nel frattempo propone un’esercitazione in grande stile che schiera oltre cento velivoli ed una portaerei intorno all’isola “ribelle” di Taiwan che deteriora la sicurezza dell’intera regione dell’Indo-pacifico. Putin ha da poco proferito le ultime minacce nucleari nel quadro non roseo della guerra in Ucraina.
In questo complicato quadro la Nato ha appena iniziato un’esercitazione nucleare sul Mare del Nord. Sembrerebbe una battuta di spirito, eppure l’Alleanza atlantica sta mettendo in scena, a partire dallo scorso 14 di ottobre, una complessa esercitazione per l’utilizzo di bombe nucleari che coinvolge tredici Paesi, fra cui l’Italia, e circa 2000 persone fra militari e civili. Si tratta di una simulazione di attacco nucleare e risposta. È ormai una ricorrenza fissa dell’Alleanza (come si affretta a ricordare Bruxelles) ma quest’anno ha un sapore particolare. Questo sapore è dovuto al disastroso contesto ma anche a ragioni politico-militari e strategiche. Innanzitutto vi è un coinvolgimento massiccio di personale, velivoli e stati, che implica una linea comune fra i governi degli alleati, una linea atlantista e ben consapevole dell’importanza di Stati Uniti e Gran Bretagna per la difesa europea. A livello strategico viene sdoganato il ruolo nucleare della piattaforma F-35 (ci ricorda il think tank Jane’s military): nell’esercitazione viene impiegato per la prima volta in Europa dopo la certificazione il velivolo F-35A con le sue capacità nucleari. L’esercitazione, nominata “Steadfast Noon”, è ospitata principalmente da Belgio e Paesi bassi ma impegna importanti aree del Mare del Nord e al confine con il Baltico (che condividiamo con la Russia).
La scelta politica dei Paesi europei di confarsi in tutto e per tutto alla difesa nucleare Nato è una conferma non da poco in uno scenario geopolitico complicato come quello presente almeno per due ragioni: si conferma con la pratica di voler continuare a investire in un’Alleanza in larga parte eterodiretta (da Washington e Londra) e si ripone estrema fiducia sotto un “Ombrello nucleare” che vede al proprio interno Paesi di serie A e Paesi di serie B. Nella riunione di luglio, vertice Nato dal quale sono discesi vari provvedimenti, come l’aumento dell’investimento nell’Alleanza, gli Usa hanno ribadito la propria intenzione di mantenere un ruolo di riferimento e quindi di “guida” dell’Alleanza insieme al Regno unito. Come se non bastasse in un capo del documento finale (il 29) è ribadito che l’Unione europea rimane un partner essenziale della Nato e che deve essere sviluppata una strategia complementare continuando a evitare “implicazioni non necessarie” degli strumenti in mano alla Nato.
Questa strategia è ormai nota e ha senso per i Paesi dell’Unione per quanto concerne le capacità difensive vere e proprie, o meglio avrebbe senso se l’Alleanza atlantica non subisse il pesante influsso di Usa e Gran Bretagna. Per quanto riguarda invece le capacità influence, come la deterrenza di probabili minacce, avviene che l’Unione deleghi alla strategia Nato gran parte delle sue capacità e possa risultare agli occhi esterni, poco meno che aggressiva nella deterrenza nucleare, ad esempio, come in questo caso.
L’”ombrello nucleare” della Nato è senza dubbio stato un faro durante la guerra fredda, un faro più dell’egemonia statunitense che della democrazia, ma in occasioni particolari, come questa esercitazione nel contesto attuale rischia di creare una discriminazione fra i Paesi.
Vediamo perché: se si decide di abbracciare la strategia nucleare degli Stati uniti e della Gran Bretagna partecipando alle esercitazioni nucleari Nato (che è in larga parte legata a queste strategie), si decide di confarsi alla politica economico-militare Usa che assegna armamento e capacità nucleari in base alla volontà di acquistarli e a interessi più o meno legittimi ma, giustamente, interessi di Washington. Pertanto i Paesi che saranno ritenuti bisognosi di tecnologie di deterrenza nucleare e vorranno impegnarsi nell’acquisto di questa dagli Usa, diverranno paesi di serie “A”, a differenza degli altri. Ad esempio in questa “Steadfast Noon” si assisterà alla novità dell’addestramento dei piloti olandesi su F-35 in grado di trasportare ordigni nucleari americani. D’altronde l’importanza della strategia nucleare per la Nato è confermata dalle parole del neo-Segretario Mark Rutte (che guarda caso è olandese): “La deterrenza nucleare è la pietra angolare della sicurezza dei Paesi Nato. La Steadfast Noon è un importante test per la deterrenza nucleare dell’Alleanza e manda un chiaro messaggio a qualsiasi avversario!”
Il messaggio è arrivato ed è stato recepito da Mosca che ha dichiarato, come riporta Reuters, per bocca del portavoce di Putin, Dimitrij Peskov, che l’esercitazione getta benzina sul fuoco, non di una teorica deterrenza nucleare, ma del conflitto in corso in Ucraina e sulla sua probabilità di trasformarsi in una guerra più impegnativa.
Certo annullare un’esercitazione pianificata per un anno sarebbe stato impossibile per ragioni pratiche e controproducente per ragioni strategiche di deterrenza. Purtuttavia nell’interesse europeo sarebbe stato forse utile mantenere un profilo più basso vista soprattutto l’evoluzione del conflitto ucraino e il ruolo in questo della deterrenza che Mosca e Putin vogliono mostrare nella propria politica interna.
In foto: Una nave e un sottomarino per esercitazioni nucleari
L’autore: Francesco Valacchi è cultore della materia, ha conseguito il dottorato di ricerca in scienze politiche all’università di Pisa. Si occupa di geopolitica, con particolare riguardo all’area asiatica. E’ appena uscito il suo libro A nord dell’India, storia e attualità politica del Pakistan (edizioni Aracne)