Turetta, Sangare, o quel giovane di 17 anni nel mantovano che con una mossa di wrestling ha ucciso una donna conosciuta online, possiamo considerarli sani di mente?
In questi ultimi mesi, molte persone, esperti e non esperti si stanno chiedendo cosa ci sia dietro tutti questi fatti di cronaca: femminicidi, stragi familiari e così via, che si sono particolarmente intensificati nel mese di settembre e che hanno sconvolto il nostro Paese. Dal primo gennaio di quest’anno fino ad agosto, ci sono stati 186 omicidi…88 in famiglia, quasi la metà. Un primo dato sconcertante è che ogni tre giorni viene uccisa una donna, e l’altro dato altrettanto critico è che si è abbassata notevolmente l’età degli autori dei reati, ma quello che colpisce sono i moventi sempre più labili, incomprensibili, difficili da iscriversi in determinate condotte criminose. Qui potrei elencare tantissimi fatti di cronaca che hanno riempito i social e che portano tutti, giornalisti, opinionisti, gente comune a farsi la medesima e inquietante domanda… ma perché? Cosa c’è dietro? Senza possibilmente scadere nel sensazionalismo. Gli addetti ai lavori, psicologi e psichiatri, vengono spesso chiamati in causa nel trovare risposte che diano un senso a certe distruzioni disumane, ma il più delle volte sono risposte evasive o piuttosto a sfondo religioso, come la presenza di un male oscuro, dove non troviamo, per quanto difficile, una possibilità di un abbozzo di ricerca, con il rischio di perdersi in un generico e astratto concetto di disagio o di malessere sociale (vedi Left di ottobre “La malattia negata”). Come è possibile una prevenzione senza una ricerca sulla malattia mentale? Ci domandiamo: cos’è cambiato da quella sera dell’11 novembre 2023 tra Vigonovo e la zona industriale Fossò, nel padovano, dove Filippo Turetta uccise con 75 coltellate Giulia Cecchetin, la sua fidanzata di 22 anni che voleva separarsi da lui?

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