La protesta dei cittadini di Valencia è una rivolta di persone - che siano bagnate e asciutte non importa - che presentano il conto al potere, regale e istituzionale, della sua inazione

“A Valencia assalto al re Felipe, la regina in lacrime, distrutta l’auto di Sanchez”. Alcuni giornali italiani la chiamano la rivolta del fango perché spostare l’inquadratura permette di calmierare l’allarme.

Invece quella di Valencia è una rivolta di persone – che siano bagnate e asciutte non importa – che presentano il conto al potere, regale e istituzionale, della sua inazione. Le immagini spagnole rendono plastico e immediato lo strabismo del dibattito pubblico. 

Quell’enorme parcheggio sotterraneo accanto al mastodontico ipermercato oggi è una tomba descritta dai soccorritori come un orrore. È anche il monumento dell’avventatezza umana che miope confida nell’immutabilità del pianeta di fronte ai mutamenti del clima. 

Quando la politica smetterà di colpevolizzare gli attivisti poiché sarà costretta a fare i conti con problemi ben più gravi si ritroverà di fronte la rabbia. Non sarà la rabbia di qualche automobilista nervoso e non sarà la rabbia dei difensori dell’igiene dei monumenti. Sarà rabbia a valanga, al limite della violenza, rabbia disperata come quella che si è accesa in Spagna. 

Le popolazioni colpite dalle alluvioni e le popolazioni consce dei cataclismi futuri non hanno bisogno di conforto. Non se ne fanno niente. Chiedono un allineamento alla preoccupazione e all’azione.

C’è un pezzo di mondo che vive un dramma che qualcuno nega. Lo iato storico sta tutto lì, tra chi gioca al tubo di scappamento più grosso e chi rimane senza casa. 

Buon lunedì.