Le indagini della Civilian Commission of Inquiry into October 7, una task force indipendente guidata dal giudice Varda Alsheikh (che ha coinvolto accademici ed esponenti della società civile israeliana per analizzare in dettaglio le circostanze che hanno portato ai massacri di Hamas del 7 ottobre 2023) hanno portato alla luce crepe profonde all’interno del governo israeliano, rivelando come una serie di errori e omissioni abbiano favorito l’attacco di Hamas. Il rapporto, pubblicato il 26 novembre, traccia un percorso chiaro verso la verità. L’attacco del 7 ottobre 2023, denominato Operazione Al-Aqsa Flood, è stato un capitolo di sangue e dolore nel lungo conflitto israelo-palestinese, un evento che ha scosso profondamente la società israeliana e internazionale e ha messo a nudo le fragilità del sistema. La commissione è stata particolarmente severa nel giudicare il primo ministro Benjamin Netanyahu ritenendolo direttamente responsabile di una serie di decisioni scellerate che hanno minato gravemente la capacità di risposta del Paese di fronte all’emergenza.
Secondo il rapporto, Netanyahu avrebbe concentrato il potere nelle proprie mani, minando deliberatamente il ruolo del governo e del Consiglio di sicurezza nazionale. Questo processo ha impoverito il dibattito pubblico, privando il Paese di un confronto aperto e trasparente sulle scelte strategiche. La mancanza di dialogo è stata attribuita alla volontà del premier di mantenere un controllo assoluto sulle decisioni più delicate, un approccio che ha gettato un manto di piombo sulle istituzioni, immobilizzandole in un letargo profondo. La commissione ha evidenziato come questo accentramento del potere abbia compromesso la capacità del Paese di rispondere in maniera tempestiva ed efficace alle minacce, inclusa quella rappresentata da Hamas.
Il rapporto descrive anche il caos operativo che ha caratterizzato la risposta israeliana all’attacco del 7 ottobre. Per ore, le forze di terra non sono riuscite a intervenire, lasciando che Hamas penetrasse negli insediamenti e catturasse oltre 250 soldati e civili, portandoli come prigionieri a Gaza. Nel frattempo, l’aeronautica israeliana ha risposto con una strategia che si è rivelata altrettanto problematica. L’utilizzo di elicotteri Apache e droni armati ha causato danni indiscriminati, colpendo non solo i miliziani di Hamas ma anche civili israeliani, inclusi alcuni che partecipavano al festival musicale Nova lungo il confine. Questa reazione disordinata ha acceso una luce rossa sulle reali capacità delle forze armate israeliane, lasciando la popolazione con un groppo in gola e mille domande senza risposta.
Tra le decisioni più scandalose emerse dal rapporto vi è l’attivazione della direttiva Annibale. Questa linea d’azione, altamente discutibile e paragonabile ad una vera e propria fossa comune, prevede che le forze israeliane colpissero con forza letale i propri cittadini per evitare che venissero presi come prigionieri. Le implicazioni di questa direttiva hanno innescato una tempesta politica, dividendo l’opinione pubblica e mettendo a dura prova i rapporti internazionali di Israele. Il sacrificio di vite umane in nome della strategia ha generato un dibattito etico serrato, con molti che hanno condannato una scelta considerata immorale e inaccettabile.
Sul fronte palestinese, Hamas ha cercato di sfruttare i prigionieri catturati come leva negoziale, proponendo uno scambio con migliaia di palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane. Tuttavia, questa proposta non è mai stata seriamente considerata dal governo israeliano, che ha invece intensificato le sue operazioni militari nella Striscia di Gaza. Israele ha successivamente attribuito ad Hamas la responsabilità per tutte le morti avvenute durante l’attacco, sostenendo che il movimento aveva deliberatamente massacrato civili israeliani. Ma non tutti sono convinti di questa versione dei fatti. Investigatori indipendenti, scavando a fondo, hanno rivelato evidenze che suggeriscono un quadro ben più intricato e inquietante.
Secondo alcune indagini, Israele potrebbe aver facilitato l’attacco del 7 ottobre come pretesto per giustificare una risposta militare su larga scala. Questa teoria, sebbene respinta dal governo israeliano, trova supporto nell’escalation che ha seguito l’attacco. In poche settimane, le operazioni militari israeliane a Gaza hanno causato oltre 44.000 vittime, per la maggior parte donne e bambini, un macello legalizzato, una vergogna che ha gelato il sangue nelle vene di ogni persona civile. Eppure, la comunità internazionale ha preferito guardare altrove, indifferente di fronte a un’atrocità inaudita. Inoltre, i progetti relativi alla creazione di insediamenti ebraici nella Striscia hanno contribuito a creare un clima di diffidenza nei confronti del governo israeliano, rafforzando l’idea che l’obiettivo ultimo sia l’annessione completa del territorio.
Il rapporto potrebbe rappresentare un punto di non ritorno. Un bivio sulla strada della storia di Israele, dove si decidono i destini di una nazione. Le sue conclusioni non solo mettono in discussione la leadership di Netanyahu, ma aprono un dibattito più profondo, una vera e propria battaglia ideologica sulla giustezza delle azioni israeliane nei confronti di Gaza e del popolo palestinese. Il futuro politico del primo ministro è appeso a un filo, e un qualsiasi passo falso potrebbe precipitarlo nel baratro.
Al di là delle responsabilità individuali, il rapporto pone una domanda fondamentale, sul futuro di Israele, che trascende il presente: a quale prezzo, in termini di reputazione internazionale e coesione sociale, si può garantire la sicurezza nazionale sacrificando i diritti umani?
Il 7 ottobre è stato un urlo straziante che ha messo a nudo una ferita mai rimarginata. La violenza, in tutte le sue forme, è un’ombra che accompagna da sempre il popolo palestinese, e solo affrontando le radici profonde di questo male potremo sperare in un futuro diverso.
l’autore:L’autore: Andrea Umbrello è direttore editoriale & Founder di Ultimavoce
In apertura un ritratto di Netanyahu. Foto di Di Avi Ohayon / Government Press Office of Israel, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=128577654