Per dieci lunghissimi anni la Carta nata dalla Resistenza rimase congelata, sotto la pressione delle forze economico-sociali e politico-clericali di matrice reazionaria. Giuseppe Filippetta ne "La Repubblica senza Stato” traccia un quadro inquietante
Il nostro è un tempo caratterizzato da profonde trasformazioni e pressanti incertezze che scuotono dalle fondamenta l’assetto stesso della nostra democrazia. Per questa ragione è naturale rivolgersi allo studio del passato per interpretare il presente. Tuttavia ciò non può esimersi - insegna Marc Bloch - dall’ingaggiare anche il processo inverso, ovvero: «Vivere il tempo che ci è dato vivere - disse Aldo Moro nel suo ultimo discorso prima del rapimento delle Brigate Rosse - con tutte le sue difficoltà». Soltanto l’essere presenti al proprio tempo consente di porre le giuste domande al passato; per capire non solo da dove si viene e dove si è arrivati, ma soprattutto qual è stato il percorso che ci ha fatti ciò che siamo. È su questa alta misura della conoscenza che si colloca il volume di Giuseppe Filippetta, La Repubblica senza Stato. L’esilio della Costituzione e le origini della strategia della tensione (Feltrinelli), che affronta il grande tema della transizione dal fascismo alla democrazia dell’Italia che, dopo la Seconda guerra mondiale, riuscì a farsi repubblicana ma non costituzionale. L’autore, colto giurista e per anni direttore della biblioteca e dell’archivio storico del Senato della Repubblica, muove la sua riflessione in maniera originale e preziosa perché centrata e declinata non soltanto sulla storia delle istituzioni, incapaci di rinnovare se stesse liberandosi dall’eredità dello Stato fascista, ma soprattutto su quei soggetti collettivi (dal movimento contadino in lotta per la terra a quello operaio in conflitto con il regime fordista/taylorista della fabbrica; dall’antiautoritarismo studentesco alle grandi mobilitazioni di liberazione della donna) capaci di ridurre - scrive Filippetta - «la dimensione dell’illegalità legale dello Stato postfascista» attraverso la lenta e difficile applicazione della Costituzione nata dalla Resistenza. È questa, infatti, un’altra grande questione che il volume pone tanto in funzione della storia passata quanto nei termini di quella presente: l’esilio storico-politico della Carta entrata in vigore l’1 gennaio 1948. Una messa al bando immediata che durerà per tutto il primo decennio di vita della Repubblica in ragione della natura e dei caratteri della Costituzione, informati alla rivoluzione democratica della lotta di Liberazione, vissuta come corpo ostile dalle classi dirigenti e proprietarie che nel Paese avevano voluto e sostenuto la dittatura mussolinana.

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