L’innovazione tecnologica per monitorare il ripristino della natura nei centri urbani. È quanto propone l’ingegnera Nadina Galle, autrice di un libro, The nature of our cities, che presenta
regole semplici per il benessere collettivo
Immaginare città e natura come un unico organismo. Pensare che il mondo si possa cambiare anche adesso che sospira e si affanna sotto i fumi di una crescita diseguale e devastante per la biodiversità del pianeta, è una strada possibile. A disegnare un altro mondo è una giovanissima donna nata nei Paesi Bassi e cresciuta in Canada, che ha sviluppato il suo amore per la vita all’aria aperta e il suo impegno per la natura fin da piccola. Da adolescente, leggendo le opere degli urbanisti pionieristici come Jane Jacobs e James Howard Kunstler, e oggi pensando che robot antincendio, stagni intelligenti, l’hi-tech - e anche l’intelligenza artificiale - possono essere una soluzione a una delle principali sfide urbane del nostro tempo. Dall’internet of things, all’internet of nature, un cambio di paradigma radicale che vede nell’innovazione tecnologica lo strumento più efficace per salvare la natura nelle città. A proporre questa nuova tesi è Nadina Galle, ingegnere ecologico, National Geographic explorer ma soprattutto autrice del recente The nature of our cities (HarperCollins ), un saggio illuminante che studia e approfondisce il rapporto tra tecnologia e natura.
Il libro - che ben presto sarà tradotto in italiano - articola un ampio ragionamento proprio su questo filone di ricerca inaugurato da Galle, (che abbiamo incontrato al festival torinese Utopian Hours), con l’obiettivo di capire come l’innovazione potrà tutelare e favorire la natura nelle aree urbane del mondo.
Gli ecologisti e i pianificatori urbani sono responsabili della salvaguardia del verde urbano. Quali strategie mettere in atto? Come le tecnologie emergenti aiuteranno la natura?
Per salvaguardare gli spazi verdi, le città dovrebbero adottare strategie come la “regola 3-30-300” di Cecil Konijnendijk, ovvero che tutti possano vedere almeno tre alberi da casa propria, vivere in un quartiere con una copertura arborea pari al 30%, ed avere accesso ad uno spazio verde nel raggio di 300 metri. Ciò incoraggia chi si occupa della pianificazione urbana a integrare la natura nella vita quotidiana. Le tecnologie emergenti possono misurare oggettivamente i progressi nel raggiungere questo obiettivo utilizzando immagini satellitari ad alta risoluzione, lo strumento Lidar (Light detection and ranging) terrestre e aereo e software di mappatura degli alberi per monitorare il volume della chioma degli alberi. Queste tecnologie aiutano a quantificare la presenza della natura nelle città e forniscono dati per guidare i politici e i pianificatori verso una migliore implementazione del verde urbano.
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