Ieri è successo. «Trump, con il suo carattere e la sua determinazione, riporterà l’ordine molto rapidamente. Presto tutti si inchineranno e lo seguiranno senza esitazione», ha detto ieri Vladimir Putin al giornalista Pavel Zarubin. E in un secondo gli autocrati si allineano sulla mappa del mondo.
Il presidente Usa piace parecchio al presidente russo. Hanno del resto le stesse radici culturali: la violenza di comando come metodo, la natura predatoria, il fastidio per le minoranze, l’imperialismo come aspirazione. Putin invade per esistere e Trump promette invasioni per piacere ai suoi elettori. Putin mostrifica gli avversari per farne dei nemici, Trump pure. Per ora la differenza sta nel modo di fare la guerra: uno con le bombe l’altro con le deportazioni, i dazi, l’esclusione sociale.
Sarà interessante – ma tragico – l’imbarazzo intorno. Il ministro delle Finanze Giorgetti che in Europa siede con i Patrioti che vorrebbero distruggerla e in Italia chiede all’Europa di difendere l’Italia dai dazi Usa è un tilt esemplare. Se ti piacciono gli antidemocratici e poi rivendichi la democrazia rimani incastrato nella propaganda.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni spiega che «Trump è un negoziatore» e quindi «non bisogna attaccare». Avrebbe voluto essere la mediatrice e ora si arrabatta per salvare il prosecco ai danni dello champagne. I dazi del suo amico Trump costerebbero all’Italia tra i 4 e i 10 miliardi.
La “pace in Ucraina” sta diventando un ricatto con cui The Donald vuole arraffarsi le terre rare. Un capolavoro insomma.
Buon martedì.
In foto Trump e Putin al G20 2017 foto di Kremlin.ru, CC BY 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=60731524