Al teatro Bellini di Napoli è ancora in scena fino al 16 febbraio, lo spettacolo scritto e diretto da Annalisa D’amato, Orpheus groove che aveva debuttato al Campania Teatro Festival nel 2024. Una coproduzione italo-francese (la regista e drammaturga vive e lavora tra Napoli e Parigi). Al centro della scena c’è una donna alle prese con un acufene associato a una stanchezza cronica, un disagio che le permette di condurre una vita normale, ma che in realtà non le permette di viverla pienamente. In italiano il verbo “sentire” possiede un duplice significato; provare un sentimento (ascoltare se stessi) e udire (ascoltare una fonte sonora esterna). L’acufene è un disturbo sonoro che proviene dal corpo stesso, ma che impedisce una corretta (e piacevole) percezione del mondo (sonoro) esterno che, all’orecchio della protagonista, risulta quindi “dissonante”. Per cercare di risolvere questo problema si rivolge a un misterioso “Istituto per la ri-armonizzazione universale”, un laboratorio in cui il fisico del suono indiano Orpheus Shivandrim. insieme a un team di bizzarri scienziati, conduce studi sul suono allo scopo di riarmonizzare la vibrazione degli esseri umani e della terra che si sta drammaticamente affievolendo. Un progetto mirabolante che parte da un assunto reale: esiste una condizione globale, un malessere che ci riguarda tutti. E un obiettivo cruciale: come fare a stare bene? Come curare questo mondo troppo offeso?
Lo spettacolo vuole essere la rappresentazione di un viaggio iniziatico compiuto dalla protagonista femminile alla ricerca di una cura a una condizione di malessere nella quale chiunque, in diversa misura, può facilmente riconoscersi. L’insofferenza verso le sollecitazioni del mondo contemporaneo (specialmente negli ultimi anni, tra pandemia e guerre) e l’insoddisfazione verso una quotidianità arida sono parte del “paesaggio esistenziale” dei nostri giorni.
Annalisa D’Amato, attraverso una scrittura drammaturgica molto ben calibrata, sempre in bilico tra il dramma e la farsa, ha il merito di metterci di fronte a questo malessere senza falsi pudori. Dissimulati nel testo, ci sono continui riferimenti ad autori e opere, puntualmente elencati nella brochure dello spettacolo: dal Trattato sugli effetti della musica sul corpo umano di Roger e La Danza Cosmica di Ellock a La società della stanchezza di Byung-Chul Han fino a Rushdie, Pavese, Rilke, Calvino, Gurdjieff e altri. Ma il peso specifico delle citazioni “colte” non affatto nuoce alla godibilità dello spettacolo, a tratti persino divertente.
In una recente intervista l’autrice ha dichiarato: «Per me la scrittura nasce da una domanda: come stanno le persone oggi? Mi ha risposto un libro, La società della stanchezza(Nottetempo). Quest’ultima è parola chiave della nostra epoca. Anche il più realizzato di noi dirà: va tutto bene, ma sono stanco. E lo siamo per iperproduttività, perché i nostri atti politici non trovano riscontro e perché siamo separati gli uni dagli altri. I Sufi dicevano che ognuno nasce con una propria nota, ma noi l’abbiamo persa. Ho pensato ad Orfeo come a uno sciamano e a un guaritore che trasforma la realtà malata: mi è venuta l’idea di un gruppo di scienziati che cercano di riarmonizzare le vibrazioni della terra e l’uomo».
Anche assistere a Orpheus groove può essere considerato l’inizio di un “percorso iniziatico”, nella misura in cui lo spettatore è invitato a porsi delle domande, a cercare per conto suo le cause della “dissonanza” tra il proprio corpo, spesso costretto ad eseguire compiti meccanici e stupidi, e la parte più profonda del proprio essere.
Orpheus Groove ideazione, scrittura scenica, regia Annalisa D’Amato, drammaturgia Elvira Buonocore e Annalisa D’Amato. con Andrea de Goyzueta, Juliette Jouan, Savino Paparella, Stefania Remino, Antonin Stahly, musiche: Annalisa D’Amato e Antonin Stahly, scenografia: Simone Mannino, costumi: Giuseppe Avallon
L’autore: Lorenzo Pompeo è slavista, traduttore, saggista e docente universitario