Ma qualcosa si muove nel panorama musicale italiano visto dalla kermesse sanremese, oltre a Brunori Sas, la bella rivelazione di Lucio Corsi, ne sentiremo ancora parlare

Nella settimana in cui ero a Sanremo ricevevo messaggi audio che cominciavano con “scusa, lo so che sei a Sanremo” come a dire lo so che sei in quella bolla, in quel mondo a parte. Ed il festival è proprio questo, un momento di sospensione per l’Italia capace di nascondere sotto il tappeto anche gli elefanti più ingombranti, però è anche un grande fenomeno sociale capace di indicarci lo stato di salute del Paese. Inevitabile non far caso alla conduzione di Carlo Conti che come già hanno scritto in molti si è mostrata democristiana fin dalla prima puntata, forse la più difficile per il conduttore in quanto lo status Dio, padre e famiglia sembrava proprio trovare gli interpreti giusti in Gerry Scotti (il dio della tv), Carlo Conti (il padre che mette insieme tutta la famiglia provando a non litigare a natale) e Antonella Clerici (la famiglia, che tieni uniti a tavola da buona mamma).
E a proposito di mamme mi è sembrato di vederne e sentirne tante in questo festival. Simone Cristicchi nella sua canzone – Quando sarai piccola – parla della malattia di sua madre, Tony Effe dedica la canzone a sua madre, Fedez arriva all’Ariston con sua madre che è anche la sua fedelissima manager, Achille Lauro ha tratto spunto per la sua canzone- Incoscienti Giovani – dalla storia di sua madre ed infine Carlo Conti di solito tutto d’un pezzo in conferenza stampa si commuove parlando di sua madre.
Quante madri! Ma non è che sarà proprio questo il problema di questo Paese? La difficoltà di fare una separazione dalla propria madre e smettere di guardale come pilastro sacro in ogni cosa che si fa senza mai trovare la propria identità?
Come se non bastasse già il trio della sacralità, all’improvviso durante la competizione canora è arrivato papa Francesco con un videomessaggio, per la prima volta durante il festival di Sanremo, messaggio che si è perpetuato all’interno del 70% della case degli italiani (si, perché sono stati questi i numeri dello share), Tutto questo mi lascia basita, su una rete che dovrebbe essere nazionale e pubblica e rispettare la “laicità” di questo paese visto che siamo noi a pagarla.
Ma non solo cose negative, per fortuna ci hanno pensato tre cantautori, accomunati da una bella sensibilità a colorare e condire con stupore questo Festival sciapo, facendosi largo uscendo dalle loro nicchie con vari slalom fino ad arrivare sul podio. Partendo dal terzo classificato Brunori Sas che in questo tenero pezzo -“L’albero delle noci”- parla della sua terra, la Calabria e di come la nascita di un figlio possa cambiare l’architettura del proprio cuore. Passando al secondo classificato Lucio Corsi, la vera scoperta di questo Festival di Sanremo, cantautore umano e poetico che sul palco ha portato gli amici che suonano con lui dalle medie, il mondo immaginifico di topo Gigio e la volontà di abbattere quell’apparenza da duri e provare semplicemente a essere quello che si è.
Podio per il giovane Olly, genovese e anche egli cantautore che ha fatto breccia in pochissimi anni tra i giovanissimi per la sua semplicità, sul palco è tutto cuore e questo ai ragazzi gasa, per fortuna. Fa un po’ sorridere che il titolo della canzone vincitrice di questo festival si chiami proprio- “Balorda nostalgia” -come un po’ di “quella” nostalgia traspare da queste cinque puntate della kermesse proposte dalla tv di stato guidata dal governo Meloni, e come recita la canzone di Willy Peyote, anche lui in gara “c’è chi ha perso la memoria e vorrebbe che tornasse, come se non bastasse, grazie ma no grazie”. ‎

L’autrice: Marina Parrulli è attrice e speaker radiofonica. Per Left conduce il podcast LeftTalk