Per l’America di Trump è necessario che l’Europa divenga una “astrazione geografica”, priva di peso e di autonomia decisionale. Le considerazioni del governatore di Banca d'Italia Panetta indicano una direzione per reagire

La considerazione che si può azzardare nel rapidissimo sconvolgimento degli scenari internazionali innescato dall’avvento della seconda amministrazione Trump, è che la forma di globalizzazione che conosciamo sia finita.
L’aggressività dell’amministrazione Usa è ben rappresentata dall’annuncio portato in Europa dal vicepresidente di Trump, J.D. Vance, che la questione Ucraina sarà affrontata su un tavolo composto da Usa e Russia al quale per noi non c’è, semplicemente, posto. Impensabile immaginare quali potranno essere le conseguenze di un simile approccio.
Intanto, sul tavolo dei fenomeni macroeconomici ha fatto irruzione la politica dei dazi dell’amministrazione Usa.

Per fare alcune considerazioni nel merito possiamo affidarci alla visione espressa dal governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, in un intervento tenuto al Forex il 15 febbraio a Torino. A partire dalle tensioni e dai mutamenti che investono gli scambi internazionali, che Panetta così descrive: «Molti Paesi stanno concentrando le relazioni commerciali su partner considerati affidabili, con cui hanno relazioni consolidate o affinità politiche ed economiche. Questa tendenza sta ridisegnando la geografia del commercio, gli scambi tra paesi appartenenti a blocchi geopolitici contrapposti e aumentando quelli tra economie politicamente allineati». E il governatore aggiunge: «La riconfigurazione del commercio appena delineata, in cui hanno un peso considerevole le motivazioni geopolitiche, sta indebolendo il sistema multilaterale di governance economica globale fondato sull’integrazione produttiva e sul libero scambio. Il commercio internazionale viene sempre più utilizzato come leva strategica, soprattutto nella competizione tecnologica».

In tutto questo, a che punto è l’Europa? La sua economia è stagnante, il Pil praticamente fermo, la domanda interna debole, «le aspettative di una ripresa trainata dai consumi e sostenuta dall’occupazione sono state ripetutamente disattese» e «in base ai dati più recenti, la ripresa potrebbe tardare ulteriormente». «A soffrire di più è il settore manifatturiero, che continua a perdere quote di mercato».
Che fare, dunque? «L’Europa deve adottare un nuovo modello di sviluppo che valorizzi il mercato unico e riduca la dipendenza da fattori esterni. Vanno rilanciati gli investimenti, che da anni sono inferiori rispetto a quelli degli Stati Uniti e la cui carenza è particolarmente evidente se confrontata con l’elevata capacità di risparmio del nostro continente». Ma, avverte Panetta, «non basta investire di più. È necessario investire meglio, privilegiando i progetti e le riforme in grado di innalzare la produttività, la cui bassa crescita rappresenta il principale fattore di debolezza dell’economia europea. In cima alla lista vi sono i settori innovativi, che rappresentano il motore della produttività; in particolare quelli legati alla doppia transizione, ambientale e digitale, che svolgono un ruolo cruciale anche per l’autonomia strategica europea, come nel caso dell’energia. Le risorse necessarie sono ingenti, e richiedono un contributo sia pubblico sia privato. Gli interventi vanno realizzati con azioni congiunte a livello europeo, al fine di realizzare economie di scala e di evitare le duplicazioni che deriverebbero da interventi frammentati a livello nazionale. Serve quello che, in un recente intervento, ho definito un ‘patto europeo per la produttività’ […] avviare un programma di spesa comune – mirato negli obiettivi e limitato nel tempo e nell’ammontare – per finanziare investimenti indispensabili per tutti i cittadini europei».

Il governatore della Banca d’Italia Panetta

«Oltre a rafforzare il potenziale di crescita degli Stati membri, questa iniziativa consentirebbe di generare un’offerta stabile di titoli comuni europei privi di rischio, un tassello essenziale per la creazione di un mercato unico dei capitali capace di finanziare progetti innovativi, compresi quelli più rischiosi. Le priorità e le strategie per rafforzare la competitività dell’economia europea sono chiare e ampiamente analizzate. La vera sfida, ora, è metterle in pratica».
Il ragionamento di Panetta si svolge, dunque, nel solco molto vicino a quello impostato da Mario Draghi nel suo Rapporto sulla competitività europea. Un approccio che appare sempre più consistente. Oggi non dobbiamo solo accettare di doverci confrontare con due giganti economici come, appunto, gli Usa e la Cina. Ma dobbiamo anche affrontare, con molto realismo, l’indifferenza di Trump e dei suoi per una qualsiasi forma di destino comune costruito di concerto. Per l’America di Trump è necessario che l’Europa divenga una “astrazione geografica”, priva di peso e di autonomia decisionale. E, perciò, inevitabilmente, assai più debole e più povera. È ora di scrutare di nuovo l’orizzonte.

L’autore: L’ex ministro Cesare Damiano è presidente dell’associazione Lavoro&Welfare

Foto