Nell’era in cui non ci si vergogna, un ministro accetta di rendersi ridicolo davanti al Paese pur di apparire come il fedele protettore delle lobby che si ritiene in dovere di rappresentare

La chiamavano l’era della post-verità e invece semplicemente è l’epoca in cui non ci si vergogna. Non ci si vergogna, ad esempio, di avere un ministro dell’Agricoltura che non sa più cosa inventarsi per difendere l’uso di alcol, ennesima ipocrisia delle libertà a corrente alternata.
Avremmo potuto avere un ministro che coscienziosamente affrontasse gli 800mila morti all’anno per abuso di alcol nella regione europea. Avremmo potuto ascoltare le azioni da intraprendere per quei 100mila minori che ogni anno abusano di alcol nonostante la legge ne vieti loro la vendita. Avremmo potuto sapere dei circa 1,3 milioni di giovani tra gli 11 e i 24 anni, di cui 660mila minori, che hanno consumato alcol in modalità rischiose per la salute. Oppure di quelli che, tra questi, il 18,9% dei maschi e il 13,3% delle femmine, hanno praticato il binge drinking, ossia l’assunzione di grandi quantità di alcol in breve tempo.

Il ministro Lollobrigida, invece, ha preferito spiegarci che «l’abuso di acqua può portarci alla morte», oltre a causare «una sudorazione eccessiva». Nell’era in cui non ci si vergogna, un ministro non ha contezza del fatto che l’acqua non è un pericolo per la salute pubblica. Nell’era in cui non ci si vergogna, un ministro accetta di rendersi ridicolo davanti al Paese pur di apparire come il fedele protettore delle lobby che si ritiene in dovere di rappresentare. Da ministro a testimonial, senza farsi sfiorare dal dubbio che l’effetto finale sia un dubbio persistente: quanto può fare male abusare di ministri così?

Buon martedì.

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.