La spesa sanitaria complessiva in Italia ha toccato quota 176,1 miliardi. Di questi, la spesa pubblica copre il 74% (130,3 miliardi), mentre il restante 26%, pari a 45,8 miliardi, è sostenuto direttamente dalle famiglie (40,6 miliardi, 23%), oppure si tratta sempre di una voce di spesa privata ma è intermediata da fondi sanitari e assicurazioni (5,2 miliardi, 3%). I dati, elaborati dalla Fondazione Gimbe in un report commissionato dall’Osservatorio nazionale welfare & salute, si riferiscono al 2023. Secondo Gimbe, che ha analizzato l’ultimo rapporto Istat-Sha, questa situazione è generata da tre fenomeni principali: il sottofinanziamento del sistema sanitario pubblico, la debolezza del sistema di intermediazione delle spese sanitarie e l’aumento del peso economico che grava sulle famiglie. L’Osservatorio della Fondazione che dal 2016 monitora l’andamento della spesa pubblica in Sanità, sostiene infatti che la quota out of pocket - cioè quel 26% di spesa sanitaria privata - non dovrebbe superare il 15% per garantire a tutti i cittadini «equità e accessibilità alle cure». Non è un caso se la spesa sanitaria out of pocket pro-capite in Italia, pari a 1.115 dollari, superi di 209 dollari sia la media Ocse che quella dei Paesi Ue (entrambe pari a 906 dollari). Tra i Paesi europei solo Portogallo, Belgio, Austria e Lituania spendono più del nostro.
Dallo studio Istat-Sha emerge che le principali voci di spesa sanitaria privata delle famiglie italiane sono di fatto tre.
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