Oggi ricorrono i quarantanove anni dal colpo di Stato civile-militare in Argentina. Dal 1983, anno del ritorno alla democrazia, ogni 24 marzo in Plaza de Mayo, a Buenos Aires, si tengono in forma ufficiosa grandi manifestazioni per chiedere verità e giustizia. Solo nel 2002, sotto il governo del peronista Eduardo Duhalde la giornata ha assunto valore istituzionale, sotto il nome di Dia de la memoria por la verdad y la justicia, per ricordare le decine di migliaia di persone sequestrate dai militari del regime, torturate, uccise e fatte scomparire durante i sei anni di dittatura (1976-1983). Un evento dalla grande carica simbolica, caratterizzato da manifestazioni, mostre, dibattiti e incontri di vario genere. Una giornata con tante iniziative che hanno l’obiettivo di costruire e nutrire la memoria collettiva degli argentini, ma che negli ultimi due anni, da quando Milei è al potere, è costantemente sotto attacco e oggetto di un’operazione per cambiarne valore e significato storico.
La dittatura è stata una tragedia: ha sterminato e distrutto il futuro di un’intera generazione. La giunta militare ha utilizzato la violenza per annichilire qualsiasi voce contraria, moderata o radicale che fosse. Per anni hanno tentato di insabbiare il loro sadismo: torture, sevizie, violenze psicologiche, nei centri di detenzioni. I voli della morte per gettare le persone ancora vive nell’Oceano o nel Rio de la Plata. Neonati e bambini strappati dalle braccia dei loro genitori, condannati a morte dalla polizia segreta. Trentamila desaparecidos. Si operava nell’omertà e nell’oscurità E ciò che non si poteva vedere o dimostrare, semplicemente non esisteva. Per chi è riuscito a salvarsi, ancora oggi, è un dovere raccontare il proprio vissuto per contribuire a nutrire la memoria collettiva.
«Sto raccontando cose che non ho mai raccontato in cinquant’anni», dice con la voce rotta Julio Frondizi, sopravvissuto ed esiliato argentino. Decide di aprirsi per la prima volta davanti alla platea che ha assistito alla proiezione di ieri a Roma, al CSOA La Strada, del docu-film Resistenza. Julio parla delle vicende che lo hanno costretto a fuggire dal suo Paese: i genitori sono stati sequestrati dalla polizia segreta, mentre, suo cognato, ucciso in seduta stante. Gli occhi sono lucidi e non riesce a parlare. Vicino a lui ci sono altri compagni esuli e alcuni membri dell’associazione Progetto Sur che lo sostengono. Termina il suo intervento, lacrime a pioggia. Julio e i suoi compagni si avvolgono in un lunghissimo abbraccio. Una scena commovente. Dura da vedere. Soprattutto se si pensa che sono passati quasi cinquant’anni dal golpe che cambiò le loro vite e la ferita è ancora aperta. Basterebbe solo quell’immagine, di lacrime e abbracci, per capire quanto sia necessario e importante ricordare e parlare di quanto accaduto. Purtroppo in Italia si ricorda molto poco. E poca è l’attenzione mediatica verso questa ricorrenza. Un fatto molto curioso se si pensa che molte delle vittime di quella torbida stagione furono italiani o persone di origine italiana.
Ma i riflettori oggi sono tutti puntati sulle manifestazioni che si terranno in Argentina. Diversi settori della società parteciperanno ai cortei. Le organizzazioni per i diritti umani e i partiti politici che organizzano la marcia a Buenos Aires – come riporta il quotidiano argentino La Nacion – «metteranno in discussione l’amministrazione libertaria per l’andamento del piano economico e per la violenza istituzionale» che rimproverano al presidente Javier Milei e al ministro della Sicurezza, Patricia Bullrich, dopo quanto accaduto nelle ultime settimane durante le proteste per i pensionati nella zona del Congresso. Per la società civile e le opposizioni questa giornata assume una grande importanza, diventa un vero e proprio momento per resistere.
La motosega di Milei è passata anche sopra le politiche pubbliche volte a sostenere la memoria e la ricerca della verità e della giustizia. Lo scorso anno, pochi giorni prima della commemorazione, Luis Petri, Ministro della Difesa, ha deciso di eliminare l’ ERyA, il team che dal 2010 avevano censito e analizzato gli archivi delle Forze Armate per contribuire ai casi di crimini contro l’umanità. Gli esperti che ne facevano parte furono definiti «vendicatori» e accusati di «maccartismo» nei confronti dei militari.
Alberto Baños, ex giudice e alla guida della segreteria dei diritti Umani della Nazione (SDH), che sta smantellando poco a poco. Nel giro di un anno e mezzo, il personale che lavora nell’ex Escuela de Mecánica de la Armada, ESMA, (ex centro di detenzione dei gorillas) è stato ridotto di oltre la metà. Così come sono stati tagliati i fondi agli avvocati che si sono costituiti parte civile nei processi contro l’umanità, scoraggiandone il lavoro. Tagli che rientrano alla perfezione nell’operazione negazionista messa in atto dal governo Milei, per mortificare la memoria e tentare di riscrivere la storia. Sono azioni accompagnate da uscite mediatiche gravi, come quella di oggi (più o meno simile a quella dello scorso anno), in cui in un video commemorativo diffuso dalla Casa Rosada, si parla di “Memoria completa”, facendo dunque leva su una narrazione negazionista, secondo cui i militari intervennero per sedare l’ondata di violenza messa in atto dalle opposizioni di sinistra e radicali e quindi ribaltando la verità ufficiale, considerata da Milei e i suoi seguaci, come una storia di parte, appunto, incompleta.
Nessuno legittima (o nega) la violenza del terrorismo della fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta in Argentina. Ma il 24 marzo è la giornata della memoria per ricordare le vittime e gli orrori della dittatura militare. Punto. L’intento dichiarato è sempre quello di creare una data unitaria, ma il vero obiettivo è quello di sminuire le nefandezze della giunta civico-militare di quegli anni. Dargli una nuova lettura. Tuttavia, mettere tutto nello stesso calderone significa mortificare la carica simbolica della data e quindi colpire la memoria collettiva e la verità storica.
A non condividere la memoria collettiva, questa memoria su cui si costruisce ogni giorno l’Argentina democratica, sono solo i nostalgici. Questi goffi, ma pericolosissimi tentativi di riscrivere la storia, avranno una grande risposta dalle piazze del Paese sudamericano. Ed è quello che ci vuole, per commemorare le vittime di una delle più brutte pagine della storia dell’umanità
L’autore: Simone Careddu è giornalista e ricercatore
Foto Abuelas di Plaza de Mayo