Serve una riflessione seria sulle retribuzioni dei lavoratori italiani

Entro il 31 di marzo si svolgeranno le assemblee sindacali per l’approvazione della piattaforma presentata dai sindacati confederali del settore chimico e farmaceutico, Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil, per il rinnovo del contratto che scade il 30 giugno.
Tra i punti fondamentali della piattaforma, la richiesta di aumento del salario: 305 euro lordi mensili a livello medio. Argomento, quello delle retribuzioni, divenuto critico per le grandi categorie industriali. Va ricordato, infatti, che la trattativa per il rinnovo contrattuale dell’altro principale comparto industriale, quello metalmeccanico, è rimasta inchiodata, fin dal suo inizio, il 30 maggio dello scorso anno, proprio sulla richiesta sindacale di aumento salariale di 280 euro lordi mensili, sempre a livello medio.
Va detto che la tradizione di relazioni industriali del comparto chimico-farmaceutico è diversa dalle altre. Il confronto tra Federchimica – la Confederazione datoriale del settore – e le Organizzazioni confederali è caratterizzato da decenni da una forte propensione alla consultazione continua e da un livello di conflittualità molto basso. Tanto che, in passato, gli accordi di rinnovo contrattuale sono stati chiusi anche nel giro di uno o due incontri formali.
Vedremo, dunque, se le condizioni di estrema criticità dell’economia e, nel suo complesso, del nostro tessuto industriale che perde colpi da 24 mesi di fila, renderanno difficile mantenere questo trend positivo o se la tradizione di bassa conflittualità resterà salda.
C’è da interrogarsi anche su quale potrà essere il peso della situazione estremamente critica che ha investito la Versalis, azienda controllata dall’Eni, che opera negli impianti di Ragusa e di Brindisi. Situazione che può sfociare nell’abbandono della chimica di base nel nostro Paese.
Intanto, quali sono gli altri elementi che caratterizzano la piattaforma confederale? Dicevamo sopra delle retribuzioni, in merito alle quali le Organizzazioni confederali dichiarano: “dopo gli interventi di modifica delle tranche nell’attuale decorrenza contrattuale, anticipandole di 6 mesi nel 2024, dovuti alla necessità di recuperare il delta inflattivo degli scorsi anni, insieme al previsionale e ai costi determinati dalle nostre richieste, la cifra indicata è di 305 euro complessivi al livello di riferimento D1”.
Altro argomento centrale, la formazione continua. Sullo sviluppo delle competenze i sindacati affermano che “l’analisi della transizione digitale ed ecologica ha l’obiettivo di identificare le nuove competenze necessarie e i cambiamenti nei ruoli organizzativi”. Come in ogni altro settore lavorativo, viene sentita con forza la sfida rappresentata dall’avvento dell’intelligenza artificiale che, se porta con sé opportunità per lo sviluppo della qualità del lavoro, presenta anche i rischi di violazioni della privacy e di possibili discriminazioni algoritmiche.
Forte anche il tema della salute e della sicurezza con la precisa rivendicazione di una partecipazione dei lavoratori allo sviluppo dei relativi processi di organizzazione del lavoro nelle aziende.
Sul piano della qualità dei rapporti di lavoro, essa è di fatto già alta in questo comparto: il 96% degli impieghi sono a tempo indeterminato. Non di meno, i sindacati insistono sull’implementazione di misure specifiche per lo sviluppo e il miglioramento del welfare contrattuale, con l’obiettivo principale di un miglioramento dell’integrazione con i servizi pubblici.
Dunque, in una stagione tanto difficile, i tavoli contrattuali dei due principali comparti industriali sono aperti. Abbiamo visto con quali difficoltà quello dei metalmeccanici. Vedremo con quali sviluppi quello della chimica-farmaceutica. Una stagione da seguire con la consapevolezza che, così come tanti altri processi fondamentali, anche la contrattazione collettiva è di fronte a un bivio di grandissima importanza per il futuro industriale del Paese. Questo discorso è tanto più importante dopo la pubblicazione del Rapporto Mondiale sui salari dell’OIL, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, che ha certificato che le retribuzioni dei lavoratori italiani hanno perso l’8,7% del loro potere d’acquisto negli ultimi 16 anni, dal 2008 al 2024. Nessun Paese, appartenente al G 20, ha fatto peggio di noi. Per questo, rinnovare i contratti presto e bene è indispensabile per ridare fiato al potere d’acquisto dei salari. Il Governo, se vuole contribuire con fatti concreti, dovrebbe mettere in cantiere un provvedimento di detassazione degli aumenti retributivi, come richiesto dai sindacati.

L’autore: Cesare Damiano, già sindacalista e parlamentare in tre legislature, è stato ministro del Lavoro ed è presidente dell’associazione Lavoro & Welfare