L’8 aprile è la giornata internazionale dei rom e dei sinti, una popolazione purtroppo ancora vittima di pregiudizi e discriminazioni, anche nel nostro Paese. Per l’occasione abbiamo deciso di intervistare Gennaro Spinelli, presidente nazionale di Ucri- Unione comunità Romanès Italia. Gennaro è un violinista italiano di etnia rom, con oltre 1.500 concerti all’attivo in più di trenta nazioni, inoltre, nel 2018, l’International Romaní Union lo ha nominato ambasciatore per l’arte e la cultura romaní nel mondo. Gennaro ha anche scritto un libro, uscito per People nel 2022, intitolato Rom e sinti. Dieci cose che dovreste sapere.
Gennaro Spinelli, chi sono i Rom e i Sinti e come vengono percepiti in Italia?
I Rom sono un gruppo etnico presente in tutto il mondo, chiamati in tanti modi, da sempre giudicati e perseguitati ma mai conosciuti davvero. I Rom e Sinti in Italia sono uno dei gruppi storico-linguistici più numerosi ma non sono riconosciuti dallo stato italiano. I Rom sono una ricchezza culturale che troppo spesso viene scambiata per problema sociale.
Nel maggio 2024, a seguito di una denuncia presentata da Amnesty International nel marzo 2019, all’unanimità il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa ha condannato l’Italia per aver gravemente e sistematicamente violato la Carta sociale europea riguardo alla situazione abitativa dei rom e sinti, invitando inoltre a promuovere un cambiamento nelle politiche discriminatorie italiane in materia di alloggio. Com’era la situazione allora? C’è stato un cambiamento sostanziale dopo questa condanna?
L’Italia è l’unico Paese in Europa ad avere legalizzato e finanziato i Campi “Nomadi” che di nomade non hanno nulla. Ormai sono 50 anni che le persone che scappavano dalla guerra dei Balcani si sono recate in Italia e lo stato le ha chiuse in campi e da allora non se ne sono più andate, li definiresti nomadi? In Italia i Rom e Sinti storicamente abitano nelle case e i numeri affermano che solo circa il 5% vive nei campi, e sono quegli esseri umani scappati dalla guerra.
Recentemente è stata presentata una proposta di legge per fa riconoscere all’Italia il Samudaripen, il genocidio dei rom e dei sinti nel corso della seconda guerra mondiale. Una proposta nata su invito dell’Unione Europea, che lo aveva riconosciuto nel 2015 invitando tutti i paesi membri a fare altrettanto. Quanto sarebbe importante che l’Italia riconoscesse il Samudaripen, e successivamente lo status di minoranza linguistica ai rom e sinti?
Vuol dire rispettare, una memoria comune sempre troppo spesso dimentica come quella del Samudaripen. Riconoscere il genocidio dei rom vuol dire studiarlo nelle scuole, cosa che ad oggi non avviene come con altri genocidi invece, anche se i Rom sono passati per gli stessi forni crematori. Conoscere il Samudaripen è una forma di civiltà verso la quale la nostra società dovrebbe ambire ad andare.
Che cos’è l’Ucri e di cosa si occupa?
L’Ucri unione delle comunità romanès in Italia, di cui sono presidente, è la più grande organizzazione Rom e Sinti italiana a favore della cultura romanì. Ci occupiamo di diffusione e valorizzazione culturale in diversi aspetti, dalla letteratura al cinema alla musica, alle scuole alle questioni sociali. Forniamo supporto allo stato, agli enti e alle organizzazioni su ogni ambito della questione Rom.
Venerdì 4 aprile, alle ore 15 il Salone degli Specchi, Teatro San Carlo di Napoli, ospita un concerto per celebrare la Giornata Internazionale dei Rom e Sinti, può parlarcene?
Si tratta di un evento storico, infatti per la prima volta nella storia due solisti di etnia rom suoneranno nel teatro più antico del mondo in occasione della Romanì Week. Io e Santino Spinelli, saremo accompagnati da alcuni musicisti del Teatro di San Carlo guidati dal violinista Salvatore Lombardo e dell’Orchestra Sinfonica G. Rossini di Pesaro guidati dal violinista Marco Bartolini, e daremo vita a un viaggio musicale che spazia dal repertorio classico rivisitato in chiave etnica a composizioni originali ispirate dalla tradizione romanì. Il concerto vedrà l’esecuzione di composizioni come la “Czarda” di V. Monti e le “Danze Ungheresi” di J. Brahms, insieme a brani originali di Santino Spinelli, che attraverso la sua musica innalza la tradizione romanì a un livello artistico elevato, distillando la sua essenza più autentica, lontana dai tratti folklorici regionalisti. La musica parla a tutti ed è il linguaggio più immediato per l’integrazione e lo scambio culturale. Si tratta di un traguardo significativo, che non solo celebra l’arte e la cultura romanì, ma segna anche un passo importante verso una maggiore inclusione sociale e culturale delle comunità Rom e Sinti. Il concerto si inserisce all’interno di una serie di eventi che si svolgeranno su tutto il territorio nazionale in occasione della Giornata dell’8 aprile, un’iniziativa che quest’anno coincide con la seconda Settimana della Cultura Rom e Sinta lanciata dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), con il supporto dell’Unione delle Comunità Romanès in Italia (UCRI), e dell’Associazione Them Romano. Inoltre il concerto ha l’obbiettivo di contrastare le discriminazioni etniche, infatti l’iniziativa si arricchisce della partecipazione di partner prestigiosi come TIM/Timvision, che lancerà in anteprima un cartone animato ispirato alla cultura romanì e curato da UCRI.
Lei è ambasciatore mondiale della cultura romanì, può dirci brevemente le sue caratteristiche più importanti?
Perseveranza, giustizia e uguaglianza sono i concetti che mi guidano, utilizzo la musica come metodo di divulgazione e valorizzazione culturale per cambiare la visione su un popolo che è a tutti gli effetti sconosciuto. Credo fortemente nei valori che la cultura romaní mi ha trasmesso come quello dell’Unione familiare e la forza identitaria. Vi saluto con un augurio nella nostra lingua, But Baxt Ta Sastipè, che voi possiate essere sani e fortunati.
L’autore: Andrea Vitello collabora con Pressenza, ha scritto “Il nazista che salvò gli ebrei” (Le Lettere)