Non si può più chiamare emergenza ciò che dura da mesi, né tragedia ciò che viene pianificato, replicato, giustificato. Un milione di bambini nella Striscia di Gaza è oggi senza cibo, acqua potabile, medicine. L’Unicef parla di “aiuti salvavita fermi in magazzino”. E aggiunge: “Non si tratta di una scelta o di carità, ma di un obbligo previsto dal diritto internazionale”. Come se il diritto internazionale non fosse ormai solo un fondale sbiadito in questo massacro a rate.
Dal 2 marzo non è entrato più nulla. Nessun camion, nessun latte per i neonati. Nel centro e sud della Striscia, i cibi complementari sono finiti. Per i 10mila bambini sotto i sei mesi restano solo alternative impastate con acqua non sicura. Anche l’acqua è diventata arma di guerra. I litri disponibili per persona sono scesi da sedici a sei, e presto saranno meno di quattro.
Intanto, Israele continua a colpire ambulanze e tende per sfollati, come documentato dal New York Times. A Khan Younis i raid del 5 e 6 aprile hanno ucciso almeno 19 persone, tra cui diversi bambini.
Se un milione di bambini muore lentamente e nessuno fa niente, la notizia non è la morte. È il silenzio. E il silenzio non è mai neutrale.
Buon lunedì.
Foto: Una ambulanza della Luna rossa colpita dall’esercito israeliano a Khan Yunis: