A Roma, fino al 31 agosto, una grande mostra retrospettiva dedicata a Franco Fontana, un progetto espositivo che ripercorre per la prima volta l’intera carriera artistica del fotografo modenese, con opere selezionate dal suo vasto archivio

Negli anni Settanta dello scorso secolo chi scrive era studente di architettura e allo stesso tempo un giovane dedito al lavoro della pittura. Scoprì a quel tempo le fotografie di Franco Fontana (classe 1933) a cui oggi Roma dedica una importante retrospettiva nel museo dell’Ara Pacis (sino al 31 agosto). La scoperta fu folgorante forse perché Fontana rappresentava l’esatto opposto di quanto il fotografo francese Henri Cartier-Bresson aveva delineato quale destino della fotografia. Per Cartier-Bresson la fotografia era l’arte dell’attimo. Lo chiama l’instant decisif. Era solo la fotografia che poteva consegnare al tempo futuro, il fumo che usciva in quel secondo dai tombini, le chiacchiere di due ragazze col cappellino in un bar di Parigi, la morte improvvisa di un legionario nella guerra spagnola. Sembrava una tesi convincente, ma le fotografie di Fontana erano l’esatto contrario della ricerca dell’attimo, era una ricerca di assoluto. Colpiva delle sue foto un respiro profondamente astratto. Le fotografie di Fontana appiattiscono, riportano al piano, ogni tipo di profondità. E’ una fotografia in chiave anti-prospettica e astratta. L’ambiente naturale nelle sue foto si trasforma in un collage di campi di colore che fanno pensare a Paul Klee: una vista marina si concentra solo sulla linea chiara che corre sull’orizzonte a separare il campo del cielo da quello del mare. Se erano raffigurate forme del costruito mai nessun elemento accessorio era aggiunto. Come Carlo Belli in KN aveva illustrato alla cultura italiana degli anni Trenta, l’astrazione ha sempre (e certamente in Fontana) una forte vocazione spirituale. Sembrava respirare profondo con quelle foto. Al giovane pittore di allora, molto influenzato dal critico Pierre Francastel che spiegava il cambio del concetto di spazio dal Rinascimento al cubismo, queste fotografie diedero una chiave per portare avanti quello stava anche lui cercando. In architettura perseguire questa via era impervio perché si era negli anni della Tendenza e di Aldo Rossi che ricercava al contrario valori figurativi in architettura: una fortezza, un casolare sul mare, un cimitero-città una nave-teatro. Ma in pittura sì che il pensiero di Franco Fontana poteva affilare lo sguardo. “Non si tratta di conservare il passato – scrisse Theodore Adorno – ma di realizzare le sue speranze”. Così le foto di Fontana aiutano a scoprire quello che la realtà che ci circonda non riesce ancora a essere.

L’autore: Antonino Saggio è architetto, docente universitario, saggista e editore
Foto di Franco Fontana Courtesy Museo Ara Pacis 03. Mare del Nord, 1976 © Franco Fontana