Nell’Alleanza l’Italia è stata e sarà sempre uno stato di serie B. Con questo governo ancor di più

Il governo sta da qualche mese sostenendo una campagna di aumento di spesa militare a caso più che di razionalizzazione e riarmo. Il ministro della Difesa indirettamente conferma che non esiste una strategia politico-militare né vi sono idee chiare. La recente dichiarazione di Crosetto all’Università di Padova sulla Nato – fino ad oggi osannata e dopo il vertice appena chiuso, venerata – è un esempio di atteggiamento contraddittorio con quanto è avvenuto a l’Aja: prima si propongono radicali riforme (“la Nato non ha più ragione di esistere”) e poi si acconsente alle richieste senza ribattere. Laddove le idee del governo Meloni sono molto chiare è sulla sottrazione di quanti più fondi possibili al bilancio dello Stato per finanziare l’acquisto di armamenti.

Nella confusione generale dell’esecutivo però, come vediamo, il mondo va avanti per conto proprio. Quindi i nostri vertici hanno raggiunto l’Aia a testa bassa, nonostante il Ministro della difesa avesse dichiarato l’inutilità della Nato pochi giorni prima, e hanno obbedito e riaffermato il ruolo ancillare di questo paese in seno all’Alleanza. Il summit Nato infatti si è aperto col gustoso siparietto di Rutte e Trump che si fregavano le mani per aver imposto l’obbedienza ai paesi europei e osannavano il caos creato da Usa e Israele in Medio Oriente e si è chiuso con l’accordo per un innalzamento senza precedenti della spesa militare.

Nell’Alleanza l’Italia è stata e sarà sempre uno Stato di serie B. Un fatto fra gli altri conferma questa visione “pessimista” ma reale: l’esistenza, a latere della Nato, dell’alleanza dei Five eyes. Questo è un consorzio formato da Usa, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda e quindi raggruppa tre paesi che sono interni alla stessa Nato e due esterni. Questi paesi, per il concetto dell’alleanza stessa, hanno diritto di primazia ad esempio sulle informazioni condivise. Ovvero ci sono paesi esterni alla Nato che, per essere anglofoni e tradizionalmente vicini alla politica Usa contano più di tutti gli altri stati Nato. Si tratta quindi di continuare ad investire in una squadra che ci considera un partner panchinaro. E fin qua non ci si deve stupire più di tanto dato che molta politica estera del governo Meloni si basa sul ruolo subordinato, subalterno e inchinato dell’Italia nei confronti degli Usa, ma il nodo più grande arriva con la clausola/concetto della non necessaria duplicazione. Per questa clausola l’Unione Europea non può dotarsi di strutture ridondanti rispetto a quelle della Nato. Questo da una parte porta a un risparmio dei fondi, ma dall’altra, come tronfiamente dichiarava Stoltenberg un anno fa, porta l’Unione a dover dipendere da un’Alleanza sempre più atlantica e sempre meno europea. Essenzialmente siamo tenuti a pagare e impegnarci a non affrancarci da una difesa etero diretta. La responsabilità della Nato sull’Europa [che deve pagare] non può essere messa in dubbio. 

Adesso, all’Aia, si è raggiunto un nuovo apice: gli alleati sborseranno il 5% del PIL per la difesa e tutto avverrà nel contesto Nato e in tempi abbastanza ridotti.

Il vertice appena concluso rappresenta uno spartiacque storico: la Spagna ha cercato di rappresentare la razionalità contro l’intemperanza di Trump, altri paesi europei hanno subito in silenzio. L’Italia si è prostrata. 

Come verranno investiti questi soldi non è certo ma è chiaro che una strategia non esiste: nelle settimane precedenti si sono rincorse esclusivamente voci che parlavano di provvedimenti per rimpinguare l’organico e che comunque erano del tutto fuori contesto.

Quindi le intenzioni del governo, ove ve ne siano di autonome, non sono delle migliori e i tanti soldi che stanno per essere sottratti al bilancio saranno quasi sicuramente spesi male. In particolare dovremmo aspettarci che vadano a riempire le casse di produttori di armi e tecnologie cyber soprattutto da Gran Bretagna e Stati uniti, che rappresentano fra i principali venditori rivolti verso l’Italia. Le stesse tecnologie militari sulle quali il governo vuole investire saranno un veicolo per aumentare la dipendenza strategica militare dagli Usa e dalla Gran Bretagna, come avvenuto per la questione degli F-35, per i quali è stato prodigato un investimento molto generoso per ottenere una tecnologia problematica e difficile da mantenere rispetto a quella Usa e britannica. Quindi, grazie a chi ha eletto questo governo, non ci resta che prepararsi a pagare per le armi e cercarsi una serie di alternative private (a pagamento) a tutti i servizi che verranno severamente tagliati sotto l’ombrello della Nato.