Incompatible with Life è un documentario diretto dalla regista brasiliana Eliza Capai. Il film racconta l’esperienza di gravidanza della regista. È il maggio 2020, e durante il lockdown le proteste contro il presidente Jair Bolsonaro si fanno sempre più accese. Capai cerca di combattere le ansie e le paure causate dalla pandemia documentando la sua maternità, ma durante un’ecografia di controllo si trova a ricevere una diagnosi di malformazione fetale “incompatibile con la vita”. Il documentario parte dall’esperienza personale dell’autrice per poi dispiegarsi in un coro che invita a riflettere.
Nel documentario di Capai la voce della regista va a intersecarsi con quella di altre donne brasiliane che hanno vissuto esperienze simili, mettendo in luce le difficoltà affrontate dalle gestanti in queste circostanze a causa della natura restrittiva delle politiche riproduttive brasiliane.
In Brasile, l’aborto è consentito solo in tre casi specifici: in caso di gravidanza conseguente a stupro, se la vita della donna è in pericolo o in presenza di gravi malformazioni fetali. Ma anche in queste circostanze è difficile che l’interruzione di gravidanza venga approvata, come viene sottolineato nel documentario. Al di fuori di queste casistiche inoltre, la legge lo vieta categoricamente. Questo contesto normativo fa sì che molte donne ricorrano ad aborti clandestini, trovandosi a dover affrontare ripercussioni legali nel caso in cui vengano scoperte o a dover rischiare la propria vita in strutture non autorizzate.
Secondo l’articolo 124 del codice penale brasiliano, una donna che abortisce può essere condannata da uno a tre anni di carcere, mentre chi esegue l’aborto rischia fino a quattro anni di reclusione.
I dati del sistema sanitario brasiliano (DataSus) rivelano che le città di Rio de Janeiro e San Paolo sono tra le aree con il maggior numero di processi per aborto. Secondo un’indagine della Difensoria Pubblica di Rio de Janeiro spesso lo status socioeconomico influisce sulla possibilità di accedere a un aborto sicuro in Brasile. Se le donne appartenenti a classi sociali privilegiate possono permettersi procedure mediche clandestine in condizioni relativamente sicure, coloro che vivono in condizioni di povertà, spesso di origine afro-discendente o indigena, sono costrette a ricorrere a metodi ancora più rischiosi, come l’uso di infusi o farmaci abortivi non regolamentati, mettendo a rischio la propria vita. Secondo la ricerca a Rio il 60% delle donne perseguite legalmente per aver abortito appartiene a categorie socialmente svantaggiate.
Un’indagine condotta dall’Istituto di Bioetica e dall’Università di Brasilia nel 2016 evidenzia inoltre che il 20% delle donne ha ricorso almeno a un aborto illegale nel corso della propria vita. Nel 2015, si stima che circa 500mila donne abbiano abortito in clandestinità.
Secondo i dati del sistema sanitario, tra il 2009 e il 2018, 721 donne sono morte a causa di aborti non sicuri. La maggior parte delle vittime apparteneva a gruppi socialmente emarginati.
Ad oggi con il presidente Luiz Inàcio Lula da Silva al governo, la situazione in Brasile dal punto di vista dei diritti riproduttivi purtroppo non è sostanzialmente cambiata.
Il tema dell’interruzione di gravidanza suscita forti discussioni anche nel panorama politico italiano. La legge 194 del 1978 è stata introdotta per garantire un accesso sicuro e libero all’aborto, sia chirurgico che farmacologico, tuttavia, diversi fattori ne ostacolano l’effettiva applicazione, tra cui la sempre altissima percentuale di ginecologi obiettori di coscienza, che in media raggiunge il 63% e in alcune regioni arriva fino all’80%.
Oltre a “Incompatible with Life” la regista ha diretto altri documentari socialmente e politicamente impegnati, come “Your Turn” (2019), che ha ricevuto premi internazionali tra cui l’Amnesty International Film Prize e il Peace Prize al Berlinale.
“Incompatible with Life” informa e sensibilizza sull’impossibilità di accedere a un diritto fondamentale, ed è disponibile per la visione su diverse piattaforme di streaming, tra cui MUBI e Amazon Prime Video.
L’autrice: Linda Capecci è giornalista freelance
In apertura un ritratto di Eliza Capai




