Nel Mediterraneo è in corso un’ondata di calore marino senza precedenti: le temperature superficiali hanno superato di oltre 5 °C la media stagionale

Anno 2014. La meteorologa francese Evelyne Dhéliat presenta un’edizione molto particolare delle previsioni del tempo su TF1. Mostra una mappa della Francia infuocata e annuncia le temperature previste per il 18 agosto 2050: 40 gradi a Parigi, 43 nel Sud, 38 nel Nord. Un futuro distopico, una provocazione visiva per rendere tangibile, con anni di anticipo, l’effetto della crisi climatica. Alla fine del servizio, Dhéliat rassicura: fortunatamente si tratta solo di simulazioni.
Oggi siamo nel 2025. E quella previsione che allora pareva esagerata è già diventata realtà. A luglio, Parigi ha toccato i 41 gradi. In Spagna si sono registrati 46 gradi, nel Sud del Portogallo 43, in Italia i 40 sono ormai una soglia superata in molte città. L’Europa è soffocata da ondate di calore estreme, incendi e siccità si moltiplicano, le infrastrutture cedono. A Parigi, perfino la Torre Eiffel è stata temporaneamente chiusa per motivi di sicurezza: le alte temperature hanno provocato dilatazioni anomale del metallo.
Nel Mediterraneo è in corso un’ondata di calore marino senza precedenti: le temperature superficiali hanno superato di oltre 5 °C la media stagionale, distruggendo gli ecosistemi e amplificando gli effetti del caldo anche sulla terraferma. Questa non è una parentesi, è la nuova normalità. È la crisi climatica che avanza, non per mancanza di conoscenza, ma per l’inazione e il dilazionismo della politica, incapace di affrontare con coraggio e visione l’emergenza per eccellenza.
A Bruxelles, la Commissione europea ha annacquato parti chiave del Green Deal, cedendo alle pressioni dei gruppi di ultradestra. Al di là dell’Atlantico, il ritorno del negazionismo climatico di Trump ha riportato il Paese fuori dall’Accordo di Parigi e riaperto la strada ai combustibili fossili.
Ma se il clima cambia, l’informazione italiana resta ferma. Nei telegiornali si continua a parlare del caldo come di un fastidio balneare, al massimo come un evento da archiviare con il solito servizio che avverte i cittadini di non uscire nelle ore più calde e di bere tanta acqua. Manca una narrazione chiara fondata su basi scientifiche. Il cambiamento climatico viene spesso trattato come una notizia tra le altre, anziché come la più grave emergenza del nostro tempo. Disinformazione e negazionismo, più o meno espliciti, impediscono alle persone di capire e reagire.
Per questo nasce una petizione pubblica, promossa da cittadine e cittadini preoccupati per il futuro.

Una petizione che chiede tre misure urgenti:
1. Linee guida nazionali per l’informazione climatica
Come per la salute o la violenza di genere, servono regole vincolanti. Le redazioni devono usare fonti scientifiche autorevoli (IPCC, ISPRA, Copernicus), evitare false equivalenze con i negazionisti e adottare un linguaggio chiaro e accurato.
2. Un Osservatorio nazionale sulla disinformazione climatica
Serve un organismo indipendente con scienziati, giornalisti, esperti e società civile. Dovrà monitorare l’informazione, segnalare casi di distorsione o silenziamento, pubblicare report e fornire raccomandazioni.
3. Uno spazio settimanale nei TG RAI
La RAI, come servizio pubblico, ha il dovere di informare in modo strutturato e continuativo. Chiediamo almeno un appuntamento settimanale nei principali TG (TG1, TG2, TG3), in orario accessibile, dedicato a dati scientifici, impatti reali e soluzioni.
Perché senza una corretta informazione non esiste una vera democrazia. Il cambiamento climatico ci riguarda tutte e tutti, ma per affrontarlo dobbiamo prima riconoscerlo e comprenderlo.
La previsione “immaginaria” del 2014 è diventata, purtroppo, la nostra quotidianità. Tocca a noi evitare che diventi anche il nostro futuro peggiore.

Firma la petizione

Gli autori: Giacomo Pellini è attivista climatico, autore di “Contro i mercanti del clima” (Left Edizioni); Maria Santarossa è attivista climatica

Foto di Zoltan Tasi su Unsplash