Che la Street Art abbia ormai iniziato a cambiare nel mondo parti di città e piccoli centri urbani a volte con opere di alto valore artistico è noto. In Italia è ormai un fenomeno radicato, a Roma in particolare esistono da tempo interventi senz’altro apprezzabili e interessanti ai quartieri S. Basilio, Quadraro, Trastevere, S. Lorenzo e diverse altre aree come le undici palazzine trasformate da artisti internazionali a viale di Tor Marancia o il murale ecologico più grande del mondo a via del Porto Fluviale. Garbatella non è certo da meno con i tanti interventi che raccontano la storia, l’identità e l’anima popolare del quartiere. Se provate a passare a via Anton da Noli in un orario in cui le serrande dei locali commerciali sono abbassate, potrete vedere su quindici di esse disposte in successione, immagini di operai intenti alla pittura o grandi mani che impugnano corde intervallate da scritte con gli articoli della Costituzione dedicati al lavoro. Se vi addentrate nella parte storica del quartiere a piazza Bartolomeo Romano dove è situato il Teatro Palladium, ora proprietà dell’Università degli studi Roma tre e fervido centro di attività culturali, sul lato opposto è presente un murale calpestabile dove su uno sfondo rosso compaiono grandi fiori dall’aspetto insolito e intrigante. Sono tra gli ultimi lavori di Street Art realizzati a Garbatella, opera del collettivo artistico Phzero, composto da Simona Gaffi e Daniele Signore. Li abbiamo incontrati per farci raccontare del loro lavoro e di questi interventi in particolare.
Quando è nato il vostro collettivo?
Nell’estate della pandemia, in un tempo sospeso in cui è emersa l’urgenza di immaginare nuovi modi per stare insieme e agire. Tutto è cominciato grazie a un amico fotoreporter che ci ha coinvolti in un progetto di sensibilizzazione ambientale a Focene, nel Comune di Fiumicino: un tratto di costa segnato dall’inquinamento, ma ancora pieno di potenziale. L’idea era semplice e potente: prendersi cura del territorio attraverso l’arte. Così sono nati dei murales dedicati al mare, alla sua bellezza, alle sue creature. Lavori affiancati da laboratori partecipati con le nuove generazioni, in collaborazione con il Comitato cittadino di Focene e il Comune di Fiumicino. È stato un inizio spontaneo, collettivo, necessario.
L’ideazione del vostro collettivo si è legata da subito all’intenzione di intervenire sulla città?
L’intenzione iniziale non era tanto intervenire sulla città, quanto stimolare un pensiero, un cambiamento di sguardo attraverso l’arte. Ma è stato subito chiaro che lo spazio urbano è il luogo più diretto ed efficace per farlo: lì dove le persone passano, si incontrano, si fermano o magari vengono colpite anche solo per un istante. Il contesto urbano è diventato così non solo il nostro campo d’azione, ma anche il nostro linguaggio. Parlare a tutti, è sempre stato centrale nel nostro approccio e l’arte pubblica, in questo senso, è uno strumento potente di accesso e relazione.
A piazza Bartolomeo Romano c’è il vostro murale calpestabile, colpisce indubbiamente l’attenzione, forse anche per i colori scelti, tra quello dello sfondo e quello dei grandi fiori disseminati su di esso, come è nata l’idea e qual è la natura di questo lavoro?
Il suo nome è Fiori Ribelli, è inserito all’interno del progetto culturale diffuso Mind the Gap – Festival della Resistenza, nato su iniziativa del Municipio VIII a cui appartiene Garbatella, sorto con lo scopo di valorizzare la memoria attiva della Resistenza. Durerà per tutto il corso dell’anno. Il murale nasce proprio come un atto artistico, che vuole essere politico. L’opera è posta davanti all’Archivio Flamigni, custode di storie e tracce della Resistenza: un grande murale orizzontale calpestabile, realizzato in uno spazio urbano trasformato per l’occasione in piazza viva, luogo di passaggio e condivisione. A guidarci è stata una frase che aveva accompagnato, nei giorni precedenti, il corteo per la commemorazione dell’eccidio delle Fosse Ardeatine: “Ci hanno seppellito, ma eravamo semi.” Un’immagine che ci è sembrata ideale per raccontare la Resistenza non solo come memoria, ma come forza generativa, capace di germogliare ancora. Su un fondo rosso, colore simbolo della Resistenza, si rivelano papaveri realizzati in stencil art, una tecnica che costruisce le immagini a partire dalle sfumature più scure. L’ispirazione è nata osservando la parte più intima del fiore: quel centro dalle sfumature viola scuro che custodisce i semi. Un dettaglio spesso invisibile, ma carico di significato. È lì che si concentra il potenziale della fioritura. Abbiamo immaginato quei semi ribelli lanciati sul suolo urbano, per far rifiorire spazi urbani segnati dall’indifferenza. Semi capaci di generare consapevolezza, trasformazione, memoria condivisa. Fiori Ribelli è un invito a camminare sopra la storia e fare di ogni passo un atto di libertà.
Anche il vostro intervento, indubbiamente originale, sulle serrande di Via Anton da Noli e parte del progetto Mind the Gap?
No, è Serrande d’Arte, un lavoro precedente terminato a fine 2024, al contrario di Fiori ribelli completato quest’anno. È un progetto di riqualificazione urbana ideato, sviluppato e realizzato da noi per restituire dignità e visibilità a questa via posta nella parte periferica di Garbatella. Periferica solo in apparenza, ma attraversata ogni giorno dal lavoro appassionato delle attività commerciali che la abitano. Abbiamo trasformato quindici serrande in opere murali ispirate agli articoli della Costituzione dedicati al lavoro. Un percorso nato dall’ascolto: abbiamo incontrato le attività, raccolto storie e consensi, e reso ogni serranda una superficie espressiva, carica di significato che racconta un diritto fondamentale. I murales, legati da una coerenza cromatica studiata, costruiscono un racconto visivo unitario. Anche a saracinesche abbassate, la via oggi continua a parlare. Serrande d’Arte non è solo un intervento estetico: è un atto di “cura”, un progetto nato dal basso e pensato per essere replicabile, capace di attivare cultura e trasformazione urbana a partire dalle persone e dai luoghi reali.
Avete in programma altri interventi da realizzare all’interno Il progetto Mind the G.A.P. – Festival della Resistenza?
In programma con Mind the Gap abbiamo sicuramente due progetti legati alla memoria e alla Resistenza. Il primo è un’esposizione urbana diffusa: una serie di manifesti in città con le opere selezionate nella V Mostra artistica dedicata alla Resistenza, realizzata in occasione dell’80° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, insieme ad altri artisti e collettivi esposti presso Villetta Social Lab il 25 Aprile 2025. Il secondo è un murales: un’opera dedicata alla Resistenza romana, pensata come messaggio visivo e civile, per continuare a raccontare, anche oggi, il valore della libertà e della lotta contro ogni forma di oppressione.
È possibile dire che i vostri lavori hanno un’intenzione provocatoria?
Più che provocatoria, come dicevamo, la nostra arte vuole essere una sollecitazione: un invito a fermarsi, guardare, pensare. Se provocare significa scuotere uno sguardo assuefatto o innescare una riflessione fuori dall’ordinario, allora sì, esiste una componente provocatoria. Ma il nostro intento è prima di tutto attivare un pensiero, rompere l’indifferenza, portare nello spazio pubblico temi urgenti e dimenticati. Questo molto spesso diventa per noi una pratica di studio: alcuni progetti nascono da ricerche approfondite, dal confronto con storici, esperti in scienze politiche, comunicazione, altri artisti. Ma anche da momenti di apertura al dialogo, all’ascolto, alla contaminazione. L’arte urbana ha proprio questa forza: parlare a tutti, nel presente, e allo stesso tempo generare conoscenza condivisa, aprire spazio al pensiero.
L’autore: Roberto Chimenti è architetto, poeta e video maker





