È il trucco antico del potere: negare i riti per negare i fatti

Chiamano pietà ciò che è strategia: all’alba, in un’area interdetta del porto di Porto Empedocle, le prime undici bare del naufragio del 13 agosto sono state sbarcate e benedette in fretta, lontano dai familiari e dallo sguardo civile. Il cordoglio ridotto a pratica amministrativa, per togliere voce alle domande.

La Prefettura ha smembrato il congedo: feretri dispersi tra Canicattì, Palma di Montechiaro, Grotte, Castrofilippo, Joppolo Giancaxio. Sull’isola restano 23 salme. Una madre somala chiede di riposare accanto alla figlia e al marito annegati a pochi metri dalla salvezza.

Sul traghetto Las Palmas viaggiavano anche 259 persone classificate “vulnerabili”: gravidanze, menomazioni, mutilazioni, i segni dei lager libici. Un ammiraglio ricorda che atti e direttive trattano le barche in rotta come affari di polizia: il soccorso ha cambiato asse. Ecco l’empietà: osservare, delegare, occultare.

L’invisibilità è una tecnica. Niente file di bare, nessun rito collettivo che apra crepe nella narrazione sui “trafficanti”. È già successo: Roccella Jonica 2024, salme distribuite su più porti; Cutro 2023, trasferimenti fermati dalle famiglie.

Le domande restano: chi ha avvistato e quando? chi ha valutato il rischio? quali mezzi erano disponibili? Sottrarre il funerale allo spazio pubblico non disinnesca la responsabilità, la espone. Silenzio: prova di paura e distanza dallo Stato che pretende di rappresentare. È il trucco antico del potere: negare i riti per negare i fatti. I morti restano e con loro la domanda: chi ha deciso, chi ha visto, chi risponde? Ora. Risposte, adesso. Subito.

Buon lunedì.

Immagine dal video delle operazioni di ricerca e soccorso a sud di Lampedusa a cura della Guardia Costiera