Il sovranismo che aveva promesso scudi per il made in Italy presenta un conto. L’alleanza celebrata come friend-shoring diventa dipendenza: energia, armamenti, tariffe

Palazzo Chigi celebra il «bicchiere mezzo pieno»: «non è l’ideale ma abbiamo evitato una guerra commerciale». Nel conto, però, c’è un mezzo bicchiere di vino costosissimo. L’accordo Usa-Ue sui dazi fissa una tariffa orizzontale del 15% e, soprattutto, non concede l’esenzione ai simboli del made in Italy agroalimentare: vini, olio, pasta, formaggi. Proprio i vini sono la voce più colpita: 317 milioni di euro solo qui; per l’agroalimentare l’ammanco vale circa 1 miliardo. Sul totale dell’export italiano, Unimpresa stima un danno tra 7 e 8 miliardi, su una base di 66-70 miliardi: oltre il 10%. 

Mentre a Palazzo Chigi si brinda, a pagare saranno imprese e famiglie. Se i margini si assottigliano, i listini salgono: un’inflazione +0,3–0,5 punti costerebbe 2,5–4,2 miliardi alle famiglie. La narrazione del «male minore» regge fino a quando? La task force dazi riunita alla Farnesina prova a raddrizzare la rotta, ma intanto l’intesa impegna l’Europa ad acquistare più energia statunitense e a «incrementare in modo sostanziale le commesse di attrezzature militari» americane. Bruxelles alleggerisce i vincoli su emissioni e deforestazione per le produzioni Usa e «riconosce gli Stati uniti come destinazione più sicura per gli investimenti», dirottando capitali e commesse oltreoceano.

Il sovranismo che aveva promesso scudi per il made in Italy presenta un conto. L’alleanza celebrata come friend-shoring diventa dipendenza: energia, armamenti, tariffe. E quel bicchiere che il governo descrive mezzo pieno, per chi produce e per chi compra è già mezzo vuoto. Anzi: lo paghiamo tutto.

Buon venerdì. 

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.