Ben Gvir minaccia la Global Sumud Flotilla, Meloni fa finta di niente e anzi attacca gli attivisti, i portuali di Genova lanciano il blocco dei porti, l’USB lo sciopero generale, gli studenti il blocco di scuole e università

Almeno 800 persone di 44 nazionalità diverse. 70 imbarcazioni. Centinaia di tonnellate di aiuti umanitari. Più di 300 quelle arrivate nella sola Genova negli ultimi giorni di agosto.
Sono alcuni dei numeri della Global Sumud Flotilla, la più grande missione civile internazionale della storia.
L’obiettivo è portare cibo, medicine e beni di prima necessità alla popolazione palestinese di Gaza, sottoposta da due anni al genocidio israeliano, alle bombe e alla fame.
Per raggiungere lo scopo, la Global Sumud Flotilla dovrà rompere il blocco navale imposto da Israele alla Striscia di Gaza dal 2007, cioè da quasi vent’anni.

Un blocco illegale che però mai è stato sfidato dai Governi occidentali. Gli stessi che un giorno sì e l’altro pure, quando si parla di altri fronti, si dicono impegnati a tutelare o ripristinare la legalità internazionale.
La Global Sumud Flotilla, quindi, osa tentare ciò che il potere politico mai ha osato.

Gli ultimi tentativi non sono andati a buon fine. Il 31 maggio 2010 Israele addirittura sparò contro la Mavi Marmara, l’imbarcazione della Freedom Flotilla che cercava di raggiungere le coste palestinesi. In quell’occasione Tel Aviv uccise dieci attivisti, ne ferì decine e ne arrestò centinaia.

Negli anni si sono susseguiti altri tentativi. Gli ultimi sono del giugno e luglio 2025.
Il 1 giugno la Madleen salpa dal porto di Catania, con un carico di latte in polvere per bambini, 100kg di farina, riso, assorbenti, farmaci. All’alba del 9 giugno viene attaccata in acque internazionali – dunque in violazione del diritto internazionale – dalle forze armate israeliane, sequestrata e portata in Israele. Gli attivisti, tra cui Greta Thurnberg e l’europarlamentare franco-palestinese de La France Insoumise Rima Hassan, sono arrestati, tratti in ostaggio e poi espulsi.
Stessa sorte per la Handala e il suo equipaggio, partiti da Siracusa il 13 luglio.

A poche ore dalla partenza della Global Sumud Flotilla, il ministro della Sicurezza Nazionale del governo Netanyahu, Itamar Ben Gvir, esponente dell’ala più estremista dell’ultradestra israeliana, ha minacciato gli attivisti: “saranno trattati come terroristi”. Materialmente significherà una detenzione prolungata nelle stesse condizioni sofferte dai prigionieri palestinesi, ovvero in condizioni disumane.

Di fronte a queste esplicite minacce il Governo Meloni non ha protestato. Né ha garantito ad esempio l’immunità diplomatica per gli attivisti e le attiviste italiane a bordo della Flotilla. Solo in una lettera del 4 settembre ha genericamente affermato che “saranno adottate tutte le misure di tutela e di sicurezza dei connazionali all’estero in situazioni analoghe”.

Nella stessa lettera, Giorgia Meloni non risparmia invece un attacco alla Global Sumud Flotilla. Prima “suggerisce la possibilità di avvalersi di canali alternativi e più efficaci di consegna”, poi di “avvalersi dei canali umanitari già attivi”, così da evitare “di esporre i partecipanti all’iniziativa “Global Sumud Flotilla” ai rischi derivanti dal recarsi in una zona di crisi e al conseguente onere a carico delle diverse Autorità statuali coinvolte di garantire tutela e sicurezza”.
Insomma, Meloni è pure un po’ infastidita dell’onere che ricadrà sulle istituzioni italiane per garantire la sicurezza degli attivisti.

Ciò che Meloni non dice nella sua lettera è che anche per l’iniziativa “Food for Gaza”, citata per vantarsi di 200 tonnellate di aiuti inviati (tra i quali quelli lanciati via aerea e che hanno causato la morte di alcuni civili palestinesi), è Israele a decidere se, cosa, quanto, come e dove può entrare a Gaza.
È la dimostrazione plastica che Gaza è una prigione a cielo aperto – e non da oggi, dove è il carceriere israeliano ad

reparare lo sciopero generale e generalizzato per ribadire “giù le mani dalla missione umanitaria a sostegno del popolo palestinese”.

Nella base dei lavoratori della CGIL aumentano e si fanno via via più rumorose le voci di lavoratori e lavoratrici che premono per uno sciopero generale contro il genocidio, come è stato evidente nelle piazze convocate sabato 6 settembre dal principale sindacato italiano.

I Collettivi Autorganizzati Universitari (Cau) di Napoli, Padova e Torino, il collettivo Cau di Bologna, l’organizzazione giovanile Cambiare Rotta e altri ancora, hanno lanciato appelli al blocco di scuole e università se Israele dovesse attaccare la Flotilla. Intanto i “docenti per Gaza”, che hanno già lanciato un minuto di silenzio per il giorno di inizio delle lezioni, stanno ragionando sulla possibilità di scioperi di solidarietà con la missione.

Alcune organizzazioni politiche, in particolare Potere al Popolo!, hanno invitato a organizzarsi per scendere in piazza, bloccare le città e rivendicare la rottura da parte del governo italiano di ogni complicità – militare, politica ed economica – con lo Stato di Israele.

L’appello al blocco, insomma, si va allargando di giorno in giorno e già coinvolge pezzi significativi del mondo del lavoro, della scuola, dell’università, dell’associazionismo, dei partiti politici.

La Global Sumud Flotilla si sta configurando come ben più di una missione umanitaria. È una sfida politica ai governi complici prima ancora che a Israele. È più degli attivisti presenti a bordo delle imbarcazioni; è l’unità tra chi è in mare e chi rimane a terra, con l’obiettivo di sostenere la resistenza del popolo palestinese e contribuire alla fine del genocidio in corso in diretta mondiale.

L’autore: Giuliano Granato è portavoce nazionale di Potere al popolo

Articolo pubblicato in collaborazione con Canal Red

Foto Gov