Frutto della collaborazione tra lo Spi Cgil, la Rete degli studenti medi e l’Unione degli universitari, questo vocabolario militante è più di un repertorio terminologico: è un atlante politico ed etico, dove ogni parola scelta nasce da un’esperienza di lotta e di memori

Ci sono libri che non si limitano a raccontare una realtà, ma si pongono come strumenti per trasformarla. L’antimafia parola per parola - Conoscere per resistere (Liberaetà edizioni, con illustrazioni di Miriam Balli) è uno di questi. Frutto della collaborazione tra lo Spi Cgil, la Rete degli studenti medi e l’Unione degli universitari, questo vocabolario militante è più di un repertorio terminologico: è un atlante politico ed etico, dove ogni parola scelta nasce da un’esperienza di lotta e di memoria. Fin dalle prime pagine, emerge con forza la consapevolezza che la lotta alla mafia non riguarda solo i magistrati e forze dell’ordine, ma è impresa collettiva, fondata sulla cultura, sul lavoro e sulla giustizia sociale La segretaria generale Spi Cgil Tania Scacchetti lo afferma chiaramente: «Il nostro obiettivo è fare cultura antimafia in maniera trasversale, con l’ambizione di parlare alle giovani generazioni e a chi ha contribuito in prima persona a conquistare importanti diritti civili e sociali». L’antimafia, in questa visione, non è una pratica quotidiana e collettiva, fatta di alleanze generazionali, presidi territoriali, campi di formazione sui beni confiscati, assemblee, scuole.

È la stessa idea che muove l’impegno di Luisa Impastato nelle belle pagine dedicate a Peppino: «La sua voce- che la mafia nel 1978 ha tentato di zittire con cinque chili di tritolo - non si è spenta con lui». Radio Aut, la sua radio libera, ridicolizzava i boss, dava spazio ai collettivi femministi, scardinava il linguaggio del potere con l’arma dell’ironia: «Tano Seduto» al posto di Badalamenti, «Mafiopoli» per Cinisi. Non era “solo” dissenso: era rottura simbolica e culturale, e per questo tanto pericolosa da costargli la vita.

Una lezione, la sua, che continua a vivere nel presente, nelle parole degli studenti, che scelgono di «ripartire dall’antimafia dei territori», portando l’impegno nelle periferie, nei quartieri dove la marginalità sociale diventa terreno fertile per le infiltrazioni mafiose. Riconvertire un bene confiscato in una biblioteca o in uno spazio di aggregazione

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