Strenuo sostenitore di un intervento militare statunitense in Brasile, per liberarlo “dalla dittatura delle toghe rosse” che ha condannato Jair Bolsonaro a 27 anni di carcere per tentato golpe, il figlio dell’ex presidente Eduardo Bolsonaro auspica l’arrivo di navi da guerra e aerei statunitensi sulle coste brasiliane. Mentre l’altro figlio, Flavio, non esclude il lancio di una bomba atomica sul proprio Paese, nel caso che gli USA non riescano ad ottenere “ciò che vogliono”, ovvero, l’amnistia agli estremisti di destra, condannati dalla magistratura e, di conseguenza, l’annullamento delle condanne al padre per, successivamente, lanciarlo come candidato di Trump alle presidenziali del 2026. Sabato 20 settembre i due figli di Bolsonaro, entrambi parlamentari (Flavio senatore ed Eduardo deputato), hanno promosso a Roma all’hotel dei Congressi un evento dal titolo ambiguo “Brasile: democrazia o dittatura?”. Con tanto di locandina, circolata tra gli attivisti dell’estrema destra di tutta Italia, gli organizzatori avevano annunciato la presenza del vice primo ministro Matteo Salvini, nonché dell’ex deputato per la Lega Nord Luis Roberto Lorenzato. Lo staff di Salvini dopo aver annunciato l’annullamento degli impegni del leader leghista per motivi di salute, ha invitato a Pontida Flavio Bolsonaro.
All’evento romano, organizzato dalla rete di estrema destra intitolata “Patriotas do Brasil”, con ramificazioni negli USA, e in diversi Paesi europei, erano presenti Pieremilio e Angelo Alessandro Sammarco, gli avvocati della deputata italo-brasiliana arrestata per aver violato (in accordo con l’hacker Walter Delgatti) il sistema informatico del Consiglio nazionale di Giustizia, alterando dati di documenti, certificati, mandati di arresto e scarcerazione, e persino la firma dei magistrati della Corte suprema. Di recente uno dei due legali ha duramtne criticato quanto avvenuto in Brasile: “Ci sono molti episodi di oppositori dell’attuale governo che sono stati condannati con processi che vengono definiti ‘processi sommari‘, in cui non si sarebbero riscontrate prove oggettive. E sono stati condannati a pene detentive altissime. Ci sono stati anche casi di oppositori che sono stati costretti a scappare dal Brasile e a rifugiarsi negli Usa, soprattutto giornalisti e blogger”. Quest’ultimo è un chiaro riferimento alla vicenda del blogger Allan dos Santos, condannato dalla Corte Suprema per riciclaggio di denaro sporco e associazione a delinquere, oltre a calunnia e diffamazione contro gli oppositori politici di Bolsonaro.
Scappato negli Usa nel 2020, Allan dos Santos si sarebbe associato a persone legate all’invasione di Capitol Hill, prendendo parte all’assalto. Secondo gli indagini della Polícia Federal, utilizzando il canale di Jonathon Owen Shroyer (condannato per aver partecipato a tale invasione) dos Santos avrebbe continuato a ribadire e diffondere, questa volta sul suolo americano, teorie complottistiche volte a screditare il sistema elettorale brasiliano, le istituzioni e singoli cittadini contrari alle politiche dell’estrema destra.
Alla kermesse, dal provocatorio titolo Brasile: dittatura o democrazia?, altri due giornalisti e influencer, molto amati dall’estrema destra, Paulo Renato de Oliveira Figueiredo Filho, nipote dell’ultimo dittatore del Brasile, João Baptista Figueiredo, e Karina Michelin, modella brasiliana di origini veneta, già Miss Italia nel mondo ed ex valletta di Piero Chiambretti, accorsa ad acquistare la sua maglietta “Siamo tutti Charlie Kirk”, subito dopo l’uccisione dell’estremista MAGA da un altro estremista, cresciuto nel brodo della sua stessa ideologia.
Per quanto riguarda Figueiredo, se il nonno, alla guida del paese, tra il 1979 e il 1985, ha ottenuto l’amnistia per i torturatori e assassini del regime, il nipote oggi spera di ottenerla per Bolsonaro e i suoi complici, grazie alle pressioni che esercita dagli Stati Uniti dove, in associazione con Eduardo Bolsonaro, ha messo in piedi un’apposita lobby.
Oltre ad essere indagato dalla magistratura brasiliana, Figueiredo lo è anche dalla statunitense. In Brasile, è accusato di aver divulgato notizie false su militari che non volevano aderire al golpe e, negli Stati Uniti, la sua azienda, la Figueiredo International Treasure Group è oggetto di indagine sulla base del Codice fallimentare e della Legge sui debiti e crediti di New York.
L’azione è relativa a un caso di fallimento che cerca di recuperare trasferimenti che sarebbero stati parte di una frode miliardaria guidata da un sostenitore di Trump, il magnate cinese e dissidente Miles Guo, già condannato per nove reati negli USA, tra cui riciclaggio di denaro e associazione a delinquere.
Alves, Malta e Girão: la triade degli orrori benedice Salvini
Hanno completato il quadro della kermesse dell’odio politico due senatori e pastori fondamentalisti evangelici, Damares Alves, già Ministra di Bolsonaro, Magno Malta, incrollabile sostenitore di Israele, e il deputato Eliéser Girão Monteiro Filho, il generale autore della cosiddetta “borsa stupro”, un progetto di legge che vorrebbe costringere donne e bambine stuprate, rimaste incinte dai loro aguzzini, non solo a portare avanti la gravidanza, ma anche a rendere “partecipi all’educazione dei figli” gli stupratori, in quanto “padri”.
Nel corso della sua lunga carriera politica, le dichiarazioni della pastora Damares Alves, così come le sue azioni, sono spesso state oggetto di indagini della magistratura, con accuse molto pesanti: incitamento all’odio razziale nei confronti degli indigeni, veicolazione di informazioni false sulla loro cultura, sfruttamento sessuale, sequestro e traffico di bambini indigeni.
Dopo aver sottratto, nel 1998, una bambina di sei anni all’etnia kamayurá, da un remoto villaggio del Mato Grosso, Damares Alves, allora presidente di una ONG, la tenne illegalmente con sé, crescendola senza alcun tipo di riconoscimento legale. Non avendola mai riconsegnata, i parenti diedero la piccola per scomparsa. Educata secondo i precetti evangelici, una volta diventata donna, la bambina sequestrata divenne missionaria di un’organizzazione evangelica fondamentalista. Nella docufiction Hakani, prodotta dall’Youth With A Mission worldwide, ampiamente sponsorizzata da Damares Alves per ricavare fondi per la sua ONG, la vita di una bambina di etnia suruwahá venne salvata da missionari evangelici, subito dopo essere stata sepolta viva dal fratello maggiore in una buca poco profonda. La storia fasulla, raccontata come veritiera, venne divulgata a livello mondiale per giustificare l’agire religioso e missionario di queste organizzazioni nelle comunità indigene, facendo passare l’infanticidio come pratica diffusa. Di fronte alle notizie false, la magistratura intervenne, condannando l’ONG ad indennizzare la comunità.
In una netta violazione delle norme di protezione dell’infanzia e dei diritti umani, da ministra di Bolsonaro, Damares Alves divulgò alla militante di estrema destra, Sara Winter, i dati personali di una bambina di dieci anni stuprata e rimasta incinta dallo zio, in attesa del procedimento di interruzione volontaria della gravidanza.
Appena la giustizia autorizzò l’IVG, Alves fece partire una task force di pastori evangelici e psicologi per convincere la piccola – orfana di madre e con il padre in carcere – e la nonna, responsabile legale, ad abbandonare il processo abortivo. Nonostante i suoi tentativi, i medici del Centro Integrado de Saúde Amaury de Medeiros, agirono nel rispetto dell’ordine della magistratura di salvaguardare la vita della bambina, gravemente a rischio a causa delle dimensioni dell’utero, effettuando l’aborto.
Orde di parlamentari evangelici, gruppi “pro vita”, associazioni cattoliche ed estremisti di destra, aizzati dall’ex ministra, ora senatrice, assalirono la struttura che aveva accolto la piccola e presero d’assalto l’ospedale, costringendola ad entrare ed uscire nascosta nel porta bagagli di una macchina, pur di evitare il linciaggio, assieme alla nonna.
Allora a capo di un Ministero creato ad hoc per occuparsi di tre delle categorie più bersagliate dalla violenza verbale dell’ex presidente Bolsonaro, ossia, le donne, gli indigeni e le famiglie dei desaparecidos politici, Damares Alves estinse buona parte dei programmi sociali lasciati in eredità dai governi Lula e Dilma Rousseff.
Da senatrice, difende il ripristino del cosiddetto Estatuto do Nascituro, un progetto di legge che condanna le donne che abortiscono, e chi pratica l’aborto, anche in caso di stupro, con pene variabili da quattro a dieci anni di reclusione.
A detta sua, le bambine povere, vittime dei pedofili, vengono scelte dai loro aguzzini perché le famiglie sono “troppo povere per vestirle adeguatamente”. Un’affermazione che destò scalpore nella società civile quando, nel 2019, Damares Alves lanciò un personale appello agli imprenditori, invitandoli a instaurare fabbriche di mutandine nell’Isola di Marajó, al fine di evitare che le piccole girassero per strada “sprovviste di indumenti intimi” e quindi inducendo in tentazione i maschi.
Magno Malta, alla sua volta, appartiene alla lunga schiera di pastori fondamentalisti che, all’apice della pandemia di Covid-19, invitarono i brasiliani a diffidare dai vaccini e ad aggrapparsi a medicinali inefficaci, come la clorochina, pur di recarsi in piazza per sostenere Bolsonaro nel suo scontro con la magistratura.
Il 07 settembre 2022, Festa dell’Indipendenza brasiliana, davanti a circa 120mila persone, Magno Malta fece eco alle minacce dell’ex presidente di chiudere la Corte Suprema e auto assegnarsi “pieni potere” in caso di sconfitta alle elezioni del 2022.
Per il pastore, quotato più volte come vicepresidente della Repubblica, nelle candidature di Bolsonaro, gli elettori della sinistra sono dei “ratti” e i giudici della Corte Suprema “corvi” comandati da uno “psicopatico”, ovvero, il giudice Alexandre de Moraes. Un tempo sostenitore di Lula, a detta sua, è stato “Dio ad aver sollevato il coperchio del tombino” affinché “vedessi i ratti, li conoscessi e sapessi i loro nomignoli.”
Nei suoi culti, sulle reti sociali e programmi radiotelevisivi, Malta paragona gli omosessuali a necrofili e pedofili, sostiene il progetto di legge Escola Sem Partido – che difende forti restrizioni alla libertà di cattedra dei professori – attacca gli oppositori con accuse infamanti e chiama “assassine” donne e bambine che abortiscono, anche quando vittime di stupro.
Un palcoscenico che sembra fatto su misura per il viceministro Matteo Salvini, abituato ad offendere pesantemente politiche, intellettuali e attiviste, oltre a definire l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), un diritto sancito dalla Legge 194/78, e garantito a tutte le donne, una pratica di cui si avvalgono donne dedite a “stili di vita incivili”.




