La scuola ha il compito di «creare il sangue che rinnova giornalmente tutti gli altri organi» della società e mantiene viva la democrazia (Zagrebelsky, La lezione, Einaudi). Fra continuità e mutamento, il sangue rinnova l’organismo, ne accompagna l’incessante evoluzione, non la statica conservazione.
Con ogni avvio d’anno scolastico le riflessioni sono di routine, ma oggi gli interrogativi sulle scelte del governo per la formazione dei cittadini si fanno più pressanti, davanti a interventi normativi e prese di posizione che sembrano solo voler atrofizzare la scuola. Le linee guida dovrebbero dare una direzione di massima, lasciando spazio all’autonomia di istituti e docenti. E dovrebbero avere un carattere flessibile, per consentire di adattare l’insegnamento alle sfide sempre nuove poste dal mondo. Il Consiglio superiore della pubblica istruzione ha criticato invece il ministero dell’Istruzione (Mim) per un ritorno alla logica prescrittiva dei programmi chiusi. La flessibilità escluderebbe poi impianti ideologici, ma il governo sembra tracciare un percorso verso l’indottrinamento scolastico. La Premessa culturale generale marca il terreno nella difesa oltranzista dell’Occidente, semplicisticamente ricondotto alla triade conservatrice Atene-Roma-Gerusalemme: non falsa, è però insufficiente a dar conto della reale complessità culturale, specie nella versione edulcorata della destra, refrattaria a ogni autocritica. Siamo davanti ad un appiattimento infondato e scorretto, che rivela il desiderio di riaffermare una qualche presunta superiorità, proprio nel momento in cui la scena geopolitica è sempre più esasperata dal ritorno di blocchi contrapposti nello scontro di civiltà. La politica meloniana ha un suo mantra: ricomporre l’unità dell’Occidente, come fortezza chiusa, nell’incuranza sostanziale per il resto del mondo. Ma serve un altro pensiero - attento alla coesistenza attuale e storica delle civiltà - e una scuola in grado di dargli forma, per preparare i futuri cittadini ad agire in uno spazio geopolitico e socio-culturale plurale, non con logiche di potenza ma con capacità di interazione.
Invece il ministro Valditara e i suoi collaboratori vanno imperterriti nella direzione opposta. Sminuendo il lavoro di precedenti commissioni - come quella in cui lavorò Tullio de Mauro (si vedano alcuni passaggi dell’ultimo libro di Valditara, La rivoluzione del buon senso. Per un Paese normale, Guerini e associati ed.) - rifiutano l’idea di grammatica descrittiva (attenta a principi quali osservazione e consapevolezza di lingua e cultura come sistemi in evoluzione). Puntano sulla «correttezza» meccanica, viatico a «un positivo autocontrollo» comportamentale (un allenamento a ordine e disciplina, manca solo la bacchetta sulle dita). Le ore di letteratura potrebbero Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivistaQuesto articolo è riservato agli abbonati
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