Al Teatro Argentina di Roma, fino al 9 novembre, la regista palermitana conclude la trilogia ispirata a Basile con una farsa grottesca sul corpo del re e la violenza del potere, liberamente tratto da "Lo cunto de li cunti"

Il nuovo spettacolo di Emma Dante, fino al 9 novembre al teatro Argentina di Roma,  segna la chiusura di una trilogia ispirata a Giambattista Basile. Preceduto da La Scortecata (2017) e Pupo di Zucchero (2022), Re Chicchinella si avvale di un meccanismo scenico rodato, frutto di un lungo apprendistato e di una ricerca personale avviata dalla regista palermitana con la fondazione, nel 1999, della sua compagnia Sud Costa Occidentale e che l’ha vista passare con disinvoltura dal teatro, lirico e di prosa, alla macchina da presa (Emma Dante ha diretto tre lungometraggi).

Re Chicchinella, che ha aperto la stagione dell’Argentina è l’espressione di una poetica dai tratti marcati e riconoscibili, che nel panorama del teatro italiano contemporaneo si è affermata come una delle proposte più interessanti. La favola macabra di Basile offre a Emma Dante il telaio ideale per dispiegare la sua peculiare “grammatica teatrale”. Il fulcro del dramma è la storia di un re malato e disperato, al quale una gallina si è annidata nell’intestino e che, ogni volta che egli si ciba e va di corpo, produce uova d’oro fatate.

Uno dei topoi ricorrenti del teatro della Dante è la famiglia, non rappresentata come un nido, ma come un “apparato che produce violenza”, tema  esemplificato perfettamente in Re Chicchinella, dove il monarca, circondato da una corte familiare anaffettiva e glaciale, egoista e avida, è condannato a una profonda solitudine (questa orchestrazione della miseria umana in chiave grottesca e corale rappresenta un tratto distintivo della regia della Dante). Il corpo del Re è l’elemento drammaturgico centrale, trasformato in un paradosso vivente. Egli rappresenta il potere e al contempo la sua fonte di malattia e abiezione (la gallina che lo consuma). Il suo corpo biologico diventa un incrocio tra sacro (l’uovo fatato) e profano (l’atto fisico della sua produzione). Tale rappresentazione intensifica il “realismo caricaturale” delle aberrazioni del potere.

La peculiarità del metodo della regista palermitana risiede nel ruolo assegnato all’attore: il corpo è l’elemento essenziale e fondante della costruzione drammaturgica e, al tempo stesso, reale soggetto dello spettacolo. L’attore, incoraggiato a liberare il proprio “estro”, è chiamato a lavorare in una “zona interstiziale” tra creazione performativa e creazione autoriale. Questa dialettica tra libertà espressiva e disciplina formale è un nodo cruciale del teatro della Dante. La necessità di esprimere temi di violenza, morte, e caos emotivo con un crudo iper-realismo  impone un controllo tecnico rigoroso. Tale disciplina agisce come un substrato metodologico indispensabile per sostenere la ferocia dell’ironia che penetra il dramma. L’estetica del lavoro è spesso improntata a un teatro povero. La scenografia, minimalista, a volte utilizza oggetti recuperati “dalla spazzatura” , richiamando la dimensione dello scarto e della marginalità che abitano i personaggi. L’attenzione si concentra interamente sul corpo e sulla sua capacità di esprimere, attraverso il movimento e la postura, la condanna ineluttabile dei personaggi. La drammaturgia della Dante è letteralmente “scritta su corpi”.

Sebbene Emma Dante non rivendichi esplicitamente l’adesione alla scuola di Mejerchol’d, l’analisi del suo metodo rivela una profonda convergenza funzionale con i principi della biomeccanica mejerchol’diana: Il lavoro della Dante esige infatti un altissimo livello di esecuzione e di coerenza fisica, culminante nella creazione di un “meccanismo teatrale perfetto”. In Re Chicchinella, il movimento corale dei tredici attori e la descrizione dei personaggi che “muoiono danzando”  necessitano di un disegno scenico geometrico e misurato, dove le relazioni spaziali sono definite con rigore. Questo controllo razionale sul movimento è ciò che permette alla regia di orchestrare la mescolanza di grottesco e lirismo con dirompente potenza.

Vi è, inoltre, un’importante risonanza con il Tanztheater di Pina Bausch: l’uso della ripetizione estenuante del gesto. Nello stile di Bausch, così come in quello della regista palermitana, la ripetizione non è ridondanza, ma un meccanismo che rivela le nevrosi sociali e l’implacabilità delle strutture relazionali.

La scelta di adottare il dialetto napoletano rafforza questa estetica cruda. L’uso del dialetto non è una ricerca folcloristica, ma un elemento di “materia viva e pulsante”. La musicalità sincopata e talvolta rude del dialetto  consente alla parola di fluire nel corpo degli attori senza essere ingabbiata, ancorando il racconto a un realismo viscerale che riattualizza la lingua di Basile. Del resto il legame con la tradizione teatrale meridionale affonda le sue radici direttamente nel testo di Basile, scritto in dialetto napoletano.

La farsa napoletana, storicamente connessa alla Commedia dell’Arte e all’improvvisazione dei lazzi, offre alla Dante un registro di fisicità popolare e volgarità scenica che è utilizzato non per un mero recupero storico, ma per una riattualizzazione critica. La regista infatti attinge alla libertà della farsa, che include umorismo crudo e espressioni fisiche dirette (come l’atto del Re di pulirsi il culo con la gallina), per demistificare il potere. La farsa, con la sua enfasi sull’immediatezza corporea e la sua natura non psicologica, è lo strumento perfetto per realizzare un teatro basato sull’azione fisica e focalizzato sulla rappresentazione della violenza dei rapporti umani.

La durata dello spettacolo, contenuta in circa 60 minuti, riflette la necessità di una tensione drammatica non diluita, tipica di un rito o di un coup de théâtre. Questa brevità è compensata da un linguaggio scenico “spiazzante” in cui gli attori, attraverso movimenti coreografici, rendono l’ironia tagliente e il dramma “ancora più feroce”.

Lo spettatore di Re Chicchinella è chiamato ad assistere a un’intensa esperienza estetica, che, per coerenza registica e potenza d’impatto, si afferma come la degna e fulminante chiusura di una trilogia già fondamentale per il teatro italiano contemporaneo.

Re Chicchinella, in scena al Teatro Argentina dal 28 ottobre al 9 novembre, (adattamento da Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile), scritto e diretto da Emma Dante (che cura anche elementi scenici e costumi),  produzione del Teatro Biondo di Palermo e Emilia Romagna Teatro ERT / Fondazione, in collaborazione con Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale

L’autore: Lorenzo Pompeo è slavista, traduttore, saggista e docente universitario. Per i tipi di Left ha pubblicato il libro Carlo Levi, vita di un antifascista, medico e artista