Quali le previsioni per il Pil? L’analisi del terzo trimestre indica, come detto, una situazione stagnante

L’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha pubblicato l’edizione di ottobre della propria “Nota sulla congiuntura”. Il panorama complessivo è quello di una pervasiva incertezza globale. E, per quel che riguarda l’Italia, il momento è segnato da un calo del Prodotto interno lordo e da un’ulteriore contrazione dell’industria non attenuata dall’andamento del terziario. A livello globale il clima è segnato da una forte instabilità. L’incertezza deriva dal deterioramento delle relazioni internazionali, dal rafforzamento del protezionismo e dal persistere delle tensioni geopolitiche. Nella complicazione del quadro che emerge dalla nota pubblicata il 24 ottobre incide, naturalmente, l’imposizione di dazi da parte degli Stati Uniti e, sul piano monetario, il sensibile apprezzamento dell’euro sul dollaro: intorno al 13% dall’inizio dell’anno. Dal che è risultata una perdita di competitività per gli esportatori europei, in particolare per Paesi a forte vocazione internazionale come Italia e Germania. Nel campo degli scambi internazionali, dunque, le imprese italiane subiscono forti ostacoli alle esportazioni, segnati dal clima di incertezza cha abbiamo già descritto.

Le barriere fiscali poste dagli Usa colpiscono soprattutto il Nord-Est e i comparti tradizionali del Made in Italy come, ad esempio, abbigliamento, bevande e strumenti medici. Inevitabile, perciò, un pesante effetto sul Prodotto Interno Lordo del nostro Paese. Scrive l’Upb che “in Italia il Pil, dopo una accelerazione in inverno, nel secondo trimestre ha registrato una flessione (-0,1) per la prima volta da quasi tre anni. La dinamica produttiva si conferma inferiore a quella dell’area dell’euro. La volatilità della fase congiunturale in Italia dipende dall’export, in marcata flessione nel secondo trimestre (-1,9 per cento) contro il precedente dato positivo nei primi mesi dell’anno (2,2 per cento); secondo le informazioni più recenti, le esportazioni sarebbero sensibilmente diminuite in agosto, soprattutto verso gli Stati Uniti.” E, continua: “Nel secondo trimestre si è arrestata la crescita dei consumi, frenati dall’elevata propensione al risparmio, mentre gli investimenti fissi lordi sono sostenuti anche dalle condizioni creditizie favorevoli e si sono rafforzati soprattutto sui beni strumentali.”

“Le nostre stime dei modelli di breve termine indicano per il terzo trimestre una congiuntura debole, pressoché stagnante, con un Pil sostanzialmente invariato rispetto al trimestre precedente. Nello scorcio finale dell’anno la dinamica produttiva si dovrebbe gradualmente rafforzare. La previsione di crescita del Pil per l’intero 2025 si conferma intorno allo 0,5 per cento, come indicato dall’UPB in occasione della validazione dello scenario macroeconomico del Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp) 2025, ma le prospettive sono caratterizzate da rischi significativi, soprattutto a causa del frammentato contesto internazionale.” Come scrivevamo sopra, il quadro dei settori produttivi ci avverte che siamo in una situazione di stagnazione: l’industria, dopo una leggera crescita nel primo trimestre, registra una battuta d’arresto ad agosto (-2,4%) e il settore terziario rimane debole, con il valore aggiunto pressoché stabile rispetto al 2024.

Non è ovviamente immune a questa congiuntura il mercato del lavoro. Già in primavera è venuto il segnale di una lieve riduzione degli occupati (-0,1%), dovuta soprattutto al calo dei dipendenti a termine, bilanciato dalla crescita del lavoro autonomo. Interrotta la crescita, l’occupazione si è fatta stazionaria, segnata dal rafforzamento della quota di lavoratori anziani che testimonia l’effetto della transizione demografica e dei forti limiti posti ai pensionamenti. Sul piano salariale, nota l’Upb, che “nel periodo estivo le retribuzioni contrattuali hanno ulteriormente rallentato, principalmente nel settore privato, mentre è proseguita la tendenza crescente nel pubblico. Nel complesso dei primi otto mesi dell’anno l’incremento delle retribuzioni orarie (3,3 per cento) si attesterebbe poco sopra la variazione media dei due anni precedenti. La quota di dipendenti in attesa di rinnovo si è ridotta rispetto all’inizio dell’anno, risultando in agosto al 27,3 per cento nel settore privato (43,0 per cento nel complesso dell’economia)”.

Quali le previsioni per il Pil? L’analisi del terzo trimestre indica, come detto, una situazione stagnante. In parole povere, in estate l’attività economica sembra essersi fermata. La previsione di crescita per il 2025 si attesta, come detto in precedenza, intorno allo 0,5%, come delineato nella validazione del quadro macroeconomico del Dpfp. Ma ci sono insidie impellenti. I rischi in direzione di un ulteriore ribasso si intensificano, alimentati dalla frammentazione del contesto internazionale, dall’andamento debole dell’industria e dalla pressione competitiva sui settori tradizionali. In tutto questo, nella legge di Bilancio progettata dal Governo Meloni, non c’è in pratica nessuna forma di stimolo all’economia, in particolare nessuna misura di politica industriale. Questo, mentre settori fondamentali come l’automotive e la siderurgia si trovano in grande difficoltà. Di questa congiuntura il Governo sembra essere solo un muto testimone. Abbiamo davvero molto, come Paese, di cui preoccuparci. Ma, nell’impostazione della legge di Bilancio non si vede, da parte governativa, nessuna scelta capace di affrontare le difficoltà e la complessità della situazione. L’autore: Cesare Damianogià sindacalista e parlamentare in tre legislature, è stato ministro del Lavoro ed è presidente dell’associazione Lavoro & Welfare

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