Centinaia di migliaia di persone hanno manifestato nel mondo contro il paradigma della “ragione fredda”, calcolatrice e distante, che giustifica secoli dominio, esclusione e sopraffazione. In primis dell’uomo sulla donna

La donna è resa oggetto di definizione e non soggetto di significazione. Dal punto di vista culturale e filosofico, il “concetto donna” non è solo un dato biologico, ma una costruzione simbolica e sociale, modellata storicamente in modi diversi a seconda dei contesti.   

Fin dalle origini, la filosofia ha contribuito a definire e spesso a limitare il significato dell’essere donna. Nei secoli, la figura femminile è stata frequentemente interpretata come alterità rispetto al maschile, identificata con la mancanza, la passività o la sola materia in opposizione alla possibilità propria del genere maschile di avere accesso con il suo intelletto al pensiero e linguaggio razionale e all’astrazione. In questa lunga genealogia (costruzione del pensiero umano), le donne non appaiono come un soggetto autonomo, ma come una proiezione culturale del maschile: simbolo di tutto ciò che la ragione occidentale ha relegato all’alterità: il corpo, la natura, l’irrazionale. Dall’antichità alla modernità, la filosofia ha spesso contribuito a consolidare una visione gerarchica tra i sessi: Platone, nel Timeo, associa il femminile alla materia, alla riproduzione e al mondo sensibile, contrapponendolo al mondo ideale della perfezione e alla ragione rappresentate dall’uomo; Aristotele definisce la donna un “maschio mancato” (De generatione animalium), attribuendole un ruolo passivo anche nella procreazione.                   

Il pensiero cristiano è forse quello più discriminante nei confronti delle donne. Già nell’Antico testamento, la figura di Eva è presentata come origine del peccato e responsabile della caduta dell’uomo. All’origine del cristianesimo con la progressiva istituzionalizzazione della Chiesa, prevalse una visione gerarchica ispirata ai modelli culturali del mondo greco, romano e giudaico, che relegò la donna a una posizione subordinata. Infatti, Agostino e Tommaso d’Aquino affermano: la donna è creata “per l’uomo” ed essa è incapace, da sola, di riflettere l’immagine divina. Agostino e altri autorevoli dottori della Chiesa contribuirono a consolidare un’immagine della donna come essere debole, volubile e moralmente pericoloso. La dottrina cattolica tradizionale ha sostenuto esplicitamente che, pur essendo uomo e donna uguali davanti a Dio, «l’uomo è superiore alla donna sul piano naturale», legittimando così un assetto sociale in cui la subordinazione femminile non solo risultava accettabile, ma teologicamente fondata.            

Questa visione ha influenzato profondamente, per secoli, sia le norme giuridiche sia i costumi delle società europee, attribuendo al padre e al marito un’autorità quasi assoluta sulla vita e sulle scelte della donna. Si può affermare, in questo senso, che la cultura occidentale si sia costruita anche attraverso un atto originario di cancellazione simbolica e ontologica del femminile. Il pensiero patriarcale si è fondato proprio sull’esclusione della donna come soggetto autonomo, identificando il femminile con la natura, il corpo e la materia: elementi su cui l’uomo, concepito come soggetto razionale e universale, ha esercitato potere e controllo.                  

Nella modernità,

Questo articolo è riservato agli abbonati

Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivista
Se sei già abbonato effettua il login