Un'istituzione scolastica sicura, inclusiva e in grado di affrontare e prevenire efficacemente violenze e discriminazioni. Sono i punti chiave della campagna "Scuola si-cura" lanciata dalla Rete degli Studenti Medi del Lazio

«Non troviamo risposte concrete nelle istituzioni». Bianca Piergentili, coordinatrice della Rete degli Studenti Medi del Lazio, non usa mezzi termini durante la presentazione della campagna “Scuola si-cura” alla Città dell’altra economia di Roma a Testaccio. «Lo abbiamo ripetuto anche oggi: non ci sono misure concrete, ci sono dichiarazioni spot fatte per rispondere a problemi che si leggono sui giornali ma che non trovano applicazione nel mondo delle scuole. Il ministro Valditara decide di punire invece di capire, invece di dialogare con noi studenti e studentesse su come costruire una scuola diversa». La denuncia è forte e chiara e rappresenta la posizione del movimento studentesco che punta il dito anche e soprattutto contro un sistema scolastico incapace di affrontare con strumenti adeguati la piaga della violenza di genere e delle discriminazioni che avvengono quotidianamente nelle aule. La campagna della Rete chiede l’adozione di un codice di condotta contro le molestie in tutte le scuole, uno strumento che definisca chiaramente i comportamenti lesivi della dignità di studenti e studentesse. Un richiamo reso ancora più urgente dal recente caso della inquietante e abominevole “lista stupri” ritrovata nel liceo Giulio Cesare di Roma, che ha scosso l’opinione pubblica e riacceso i riflettori su un fenomeno troppo spesso sottovalutato o ignorato. Il progetto della Rete degli Studenti Medi nasce da un’indagine condotta direttamente tra i banchi attraverso questionari distribuiti agli studenti e alle studentesse. «Abbiamo voluto partire dall’ascolto dei nostri compagni e delle nostre compagne», ha spiegato Chiara della Rete, studentessa, durante il suo intervento. I risultati sono allarmanti e fotografano una realtà che non può più essere negata: una ragazza su quattro ha dichiarato di aver subito molestie da coetanei o adulti, e la maggior parte non ha ricevuto alcun aiuto nel momento in cui ne aveva più bisogno. Il codice proposto elenca in modo dettagliato diverse forme di violenza: molestie sessuali e morali, atti vessatori, delegittimazioni, emarginazione, discriminazioni e mobbing.

Un elenco preciso e puntuale che non lascia spazio a interpretazioni ambigue né a sottovalutazioni di comportamenti che ledono la serenità e la dignità delle studentesse e degli studenti. Accanto al codice di condotta, la Rete degli Studenti chiede con forza l’introduzione obbligatoria dell’educazione sessuo-affettiva in tutte le scuole, una battaglia che da anni viene portata avanti con determinazione. L’educazione all’affettività e alla sessualità consapevole è infatti fondamentale per prevenire la violenza di genere, per costruire relazioni basate sul rispetto reciproco e sul consenso, per abbattere stereotipi e ruoli di genere che alimentano dinamiche tossiche e pericolose. «La nostra società è basata su un sistema patriarcale tossico e la scuola rispecchia le storture del paese», ha dichiarato Ethan illustrando i dettagli della campagna. «Vogliamo una scuola che curi la società, che educhi le nuove generazioni per interrompere il ciclo di violenza che va avanti da troppo tempo».

«Cerchiamo di costruire consapevolezza con gli studenti e le studentesse», spiega Piergentili, «perché per cambiare le cose servono studenti e studentesse consapevoli, solo così si può avere un vero cambiamento. Partiamo da questo, provando a portare quella concretezza che oggi manca nelle istituzioni all’interno delle scuole». Non è infatti la prima volta che la Rete porta le proprie vertenze direttamente negli istituti, come il congedo mestruale o i regolamenti Alias. «Ci arrivano esperienze e racconti di come queste misure cambino la vita degli studenti e delle studentesse, ci fanno sentire che c’è un vero cambiamento e per la prima volta lo portiamo direttamente noi. Per questo abbiamo deciso di fare una conferenza stampa in cui parliamo solo noi, gli studenti e le studentesse, perché sentivamo il bisogno di riprenderci lo spazio mediatico che molto spesso ci viene tolto». È una rivendicazione di protagonismo quella che emerge dalle parole della coordinatrice della Rete, la richiesta legittima di essere ascoltati e ascoltate da chi ogni giorno prende decisioni che riguardano il loro futuro e la loro quotidianità scolastica. Durante l’iniziativa hanno portato la loro testimonianza anche due rappresentanti dei senati accademici di RomaTre e Sapienza, atenei dove i codici contro le molestie sono già stati approvati o sono in via di approvazione. «Il nostro lavoro è iniziato un anno fa con un’indagine che ha raccolto 700 segnalazioni», ha raccontato Camilla Marconi dal senato accademico di RomaTre. I dati emersi sono preoccupanti: il 22% degli intervistati e delle intervistate ha subito molestie o discriminazioni, in oltre la metà dei casi da parte di tutor, professori o assistenti. Il 70% delle vittime non ha mai denunciato quanto subito, un silenzio che racconta la paura, la vergogna, ma anche la sfiducia verso istituzioni percepite come incapaci di offrire protezione e giustizia. «Abbiamo lavorato con avvocati e giuriste su un codice che prevenga le discriminazioni, protegga le vittime attraverso procedure specifiche e promuova relazioni rispettose», ha spiegato Marconi.

Anche alla Sapienza il codice è stato rinnovato il 25 novembre scorso. «Oggi, anche con le riforme, il ruolo del dirigente è andato verso quello di un dirigente d’azienda invece che verso un ruolo appropriato per un luogo di formazione e conoscenza come dovrebbe essere la scuola», denuncia Piergentili. «Questo si riflette anche nelle decisioni che vengono portate avanti da molti dirigenti dentro le scuole». Tra le altre richieste figura l’approvazione del congedo mestruale e la creazione di un fondo per distributori di assorbenti gratuiti. L’appello è rivolto al ministro Valditara, che non si è presentato all’iniziativa, e alla Regione Lazio. Tra le battaglie della Rete c’è anche l’approvazione dei regolamenti Alias senza obbligo di diagnosi di disforia di genere. «Abbiamo invitato la ministra Roccella e chiunque mette bocca sulla scuola», conclude Piergentili. «Vogliamo rendere queste proposte nazionali e lo faremo».

Foto RSM