Nelle ultime ore abbiamo assistito all’ennesima recita di ipocrisia interna al Partito Democratico. Quando Piero Fassino, in collegamento dalla Knesset, ha dichiarato che “Israele è una democrazia, società aperta, libera, con una dialettica democratica anche negli ultimi due anni” – il riferimento neppure troppo sottinteso alle atrocità commesse in Gaza e Cisgiordania – molti nel suo partito si sono affrettati a prendere le distanze. E tra questi Giuseppe Provenzano ha tuonato: “Non era lì per il Pd”.
Si tratta però di una dicotomia fittizia. Perché nel frattempo un gruppo di “riformisti dem”, molto attivo come guastatore interno, ha depositato un ddl contro l’antisemitismo – a prima firma Graziano Delrio – che rischia di diventare uno strumento per censurare ogni critica radicale al governo di Benjamin Netanyahu e alle politiche di Israele. Per molti se la legge passasse “chi contesta radicalmente i comportamenti dello Stato di Israele verrebbe definito antisemita e quindi sanzionato”.
Fassino e i riformisti dem si presentano come sostenitori della “democrazia” e dell’“antirazzismo” ma la contraddizione è evidente. Come si può chiamare democrazia un regime che bombarda un intero popolo, pratica un’occupazione militare, e su questa base pretende un silenzio assoluto? Come si può presentare una legge come antidoto all’odio mentre serve a coprire crimini di guerra e impedire ogni critica?
Nel Pd le molte anime non sono una ricchezza quando convivono nell’ambiguità e nella latitanza morale. Certo, la pluralità è stata spesso rivendicata come elemento di apertura, un modo per offrire più motivi per essere votati. Eppure – ed è una differenza sostanziale – non tutte le anime sono uguali: alcune sonoinfarcite di conflitti di interesse con la verità e con la giustizia.
Oggi – oltre la cronaca, oltre la tattica parlamentare – è il momento di chiedere una cosa semplice: che la segreteria del Pd e i suoi deputati prendano una posizione netta, chiara, inequivocabile. Non una mediazione timorosa, non una sfumatura diplomatica: una condanna aperta del governo criminale di Israele, una denuncia del genocidio in corso, e il ritiro di ogni norma che possa trasformare la critica in reato. Perché non basta dichiararsi “partito largo”: se quelle anime rappresentano in realtà la legittimazione politica di un massacro, diventano un’emorragia morale.
Buon venerdì.




