La nostra inerzia evoca quell’uomo che cade dalla cima di un grattacielo e a ogni piano si conforta dicendo: “fin qui tutto bene” (Kassovitz). Il mondo in cui siamo cresciuti sta bruciando. Gli Stati Uniti sono nelle mani di un presidente nazionalista e xenofobo, determinato a smantellare le istituzioni pubbliche con foga seconda soltanto a quella del leader argentino Milei. Quel che resta del ciclo progressista in Sudamerica è sotto assedio. Se in Brasile difficilmente si farà argine agli eredi di Bolsonaro, Trump minaccia di attaccare il Venezuela pronunciando parole di fuoco anche nei confronti della Colombia di Petro. In Giappone è iniziato il nuovo corso di una leader di estrema destra, che ha già innalzato la tensione con il Red Mirror cinese. L’India è da tempo saldamente in mano ai nazionalisti Indù, come la Turchia in quelle dell’autocrate (Draghi) Erdogan.
Israele è uno Stato genocida, ma anche nel mondo arabo non son più i tempi di Arafat. In Europa dell’Est campeggia una Russia autoritaria ma operano con attivismo anche altri paesi solo formalmente democratici, costituiti dal mercato e dal culto della Nazione (Ungheria, Polonia, Ucraina etc..). Se guardiamo allo spazio UE la situazione non è più allegra: in Italia governa il postfascismo neoliberista (Enzo Traverso), in Francia e in Germania l’estrema destra è forte e già condiziona i governi moderati, come del resto in Olanda e Svezia e cresce nei paesi iberici. Nessuna iniziativa per difendere i Palestinesi e sanzionare i crimini dei suoi massacratori (negli Usa Kamala Harris non ha perso le elezioni anche per l’astensione di arabi e sinistra antisionista?). Ma a contrastare la marea nera oggi, a differenza degli anni trenta, non c’è l’America roosveltiana del New Deal, né l’unione Sovietica, né il movimento operaio.
Il neoliberismo ha generato involontariamente il suo Frankstein (Wendy Brown): un neopopulismo di destra senza i tratti specifici del fascismo solo perché è assente l’antagonista sociale. Morto definitivamente il liberal-progressismo, è tramontata l’idea di poter conciliare globalizzazione neoliberale e diritti umani. Il ritorno del neoliberalismo alle sue origini conservatrici e populiste, reaganiane e thatcheriane, è anche un contraccolpo nei confronti di un establishment solo a parole progressista ma nei fatti corresponsabile dell’impoverimento dei ceti medi in Occidente e dello sfruttamento di vaste aree del mondo.
Per questo motivo chi aspiri a sconfiggere Meloni deve accantonare qualsiasi tipo di ipotesi centrista, agitando invece quello che Etienne Balibar definisce un “contropopulismo”. Non basta dire no alla diseguaglianza: va spiegato chiaramente che le risorse da redistribuire e investire in beni comuni vanno reperite incrementando progressivamente il contributo fiscale di chi ha di più. Non si può esser vicini contemporaneamente alle lotte della GKN e a Confindustria. I media mainstream e i poteri forti si metteranno di traverso, ma la perdita del loro appoggio sarà compensata con il sostegno di una base popolare ingrossata dal recupero dell’astensionismo e persino di un elettorato passato a destra in cerca di protezione. Non basta dire: più sostenibilità ambientale. Bisogna entrare in conflitto con gli interessi che impediscono di porre un freno al riscaldamento climatico. Non basta dire: stop al genocidio, bisogna proporre concrete politiche di contrasto allo Stato israeliano e la rottura di ogni tipo di alleanza.
Non basta dire: pace. Bisogna dichiarare, per quanto le valutazioni sulle responsabilità della Russia siano varie, che non esiste alcun pericolo di invasione putiniana e che il piano di riarmo risponde all’esigenza di creare un regime di guerra volto, a livello geopolitico e (come ricorda Emiliano Brancaccio) economico, a sconfiggere la Cina e, su quello interno, a farla definitivamente finita con la democrazia sociale. Come un secolo fa, l’interventismo democratico rischia di essere l’utile idiota della reazione. Ma il contropopulismo di cui parliamo non è l’estremismo attribuito alla sinistra da Galli della Loggia: è la Costituzione repubblicana, quella che egli stesso e i suoi sodali dell’attuale governo, stanno, con ben poca moderazione, violando ogni giorno di più.




