Al presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi «abbiamo portato un messaggio estremamente chiaro», e anche «molto unitario, della delegazione: L’Italia avverte fortemente il bisogno di verità» sul caso di Giulio Regeni, sull’ «omicidio di un nostro figlio», ha detto il senatore Nicola Latorre al Cairo aggiungendo che «questa verità ha bisogno di un impulso significativo nell’attività di cooperazione giudiziaria». Lunedì la delegazione del Parlamento italiano (guidata proprio dal senatore Latorre) ha raggiunto l’Egitto (anche) per capire a che punto stiamo con la verità su Giulio Regeni. Indietro. Molto indietro.
Per darvi un’idea: da una parte noi italiani abbiamo chiesto che si rafforzassero (o forse, si “attivino” sarebbe più giusto visti i risultati scarsi fin qui) le linee di cooperazione fra magistratura italiana e Egitto mentre Al Sisi rispondeva augurandosi di «proseguire la cooperazione stretta e continua fra gli inquirenti nei due Paesi». In pratica noi gli abbiamo detto «bisogna cambiare passo!» e quelli ci hanno risposto «avete ragione, allora continuiamo così!».
E qui sta il punto: la verità su Giulio Regeni passa per forza dal coraggio di dismettere i panni falsi cortesi di chi continua a trattare Al Sisi come il sincero democratico che non è. Lo spettacolo dell’Egitto avvenuto con la delegazione italiana (con il leader egiziano principalmente preoccupato di “rilanciare le relazioni internazionali” tra i due Paesi) è umiliante. Ancora. Per l’ennesima volta.
Anche se ogni volta sembra che se ne parli sempre un po’ meno.
E intanto Giulio Regeni appassisce.
Buon venerdì.